Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8184 del 29/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 29/03/2017, (ud. 10/05/2016, dep.29/03/2017),  n. 8184

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

G.V. e T.T., rappresentati e difesi, per

procura speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato Maria Brucale,

presso lo studio della quale in Roma, via Guido Reni n. 2, sono

elettivamente domiciliati;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto della Corte d’appello di Caltanissetta n. 1235/14,

depositato il 14 ottobre 2014.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10

maggio 2016 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per i ricorrenti, l’Avvocato Antonio Colucci, per delega

dell’Avvocato Brucale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso depositato presso la Corte d’appello di Caltanissetta in data 11 giugno 2012, G.V. e T.T. chiedevano la condanna del Ministero della giustizia al pagamento dei danni derivati dalla irragionevole durata di un procedimento per l’applicazione della misura di prevenzione, iniziato nel 2000 presso il Tribunale di Palermo e definito in appello con decreto del 6 dicembre 2010, confermato dalla Corte di cassazione con sentenza del 14 dicembre 2011;

che l’adita Corte d’appello, preso atto che il Ministero della giustizia non si era costituito, rilevava che lo stesso non aveva avuto conoscenza dell’udienza del 3 luglio 2014, fissata con provvedimento del 19 novembre 2013, comunicato ai ricorrenti il 21 novembre successivo;

che la Corte territoriale rilevava altresì che i ricorrenti non avevano provveduto a notificare al Ministero neanche il precedente decreto di fissazione dell’udienza per il giorno 16 dicembre 2013;

che, quindi, aderendo all’orientamento giurisprudenziale per cui nei procedimenti che si svolgono in camera di consiglio l’omessa notificazione del ricorso nel termine assegnato nel decreto di fissazione d’udienza, determina la decadenza dall’attività processuale, in mancanza di una istanza di proroga del termine presentata prima della scadenza del termine stesso, dichiarava inammissibile il ricorso, per mancata instaurazione del contraddittorio nei confronti dell’amministrazione intimata;

che per la cassazione di questo decreto i ricorrenti in epigrafe indicati hanno proposto ricorso sulla base di due motivi;

che l’intimato Ministero della giustizia non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza;

che con il primo motivo di ricorso i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 3 e dell’art. 415 c.p.c., commi 5 e 5, art. 435 c.p.c., commi 2 e 3, art. 154 c.p.c. e art. 350 c.p.c., comma 2, sostenendo la erroneità del decreto impugnato in quanto essi avevano provveduto a notificare il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza per il 13 maggio 2013 con ampio anticipo rispetto all’udienza fissata e il presidente della Corte d’appello aveva poi disposto il rinvio della causa all’udienza del dicembre 2013 e poi alla successiva udienza del 3 luglio 2014;

che non si era, quindi, verificata l’ipotesi in base alla quale la Corte d’appello ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, non essendo ad essi imputabile la mancata comunicazione dei rinvii delle udienze disposti d’ufficio;

che con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 415 c.p.c., commi 4 e 5, art. 435 c.p.c., commi 2 e 3, art. 436 c.p.c., commi 1 e 2, art. 82 disp. att. c.p.c., comma 4, comma 1 delle stesse disposizioni di attuazione, dolendosi che la Corte d’appello abbia ritenuto che l’onere della notifica dei provvedimenti di rinvio del 4 febbraio 2013 e del 16 novembre 2013 fosse a loro carico, sostenendo che la notifica del provvedimento di rinvio d’ufficio dell’udienza di comparizione non grava sulla parte, ove questa abbia già provveduto a notificare il primo decreto di fissazione di udienza in calce al ricorso introduttivo;

che, d’altra parte, il decreto del presidente, di rinvio d’ufficio, dell’udienza fissata per il 13 maggio 2013, prevedeva espressamente che il ricorso e il decreto di rinvio avrebbero dovuto esser notificati alla controparte ove non fosse già stato notificato il ricorso con il primo decreto di fissazione di udienza: notificazione che, nel caso di specie, era già avvenuta; e analoga prescrizione era stata impartita con il successivo provvedimento di rinvio adottato in data 19 novembre 2013;

che il ricorso è fondato, alla luce del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui “in materia di equa riparazione per durata irragionevole del processo, il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla controparte non è perentorio, non essendo previsto espressamente dalla legge. Ne consegue che il giudice, nell’ipotesi di omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, può, in difetto di spontanea costituzione del resistente, concedere al ricorrente un nuovo termine, avente carattere perentorio, entro il quale rinnovare la notifica” (Cass., S.U., n. 5700 del 2014);

che, nella specie, la Corte d’appello ha dichiarato la inammissibilità della domanda sul rilievo della mancata notificazione, a cura dei ricorrenti, sia dell’originario decreto di fissazione di udienza, sia di quello con il quale è stato disposto il differimento della udienza originariamente fissata;

che in tal modo la Corte d’appello di è discostata dall’indicato principio, atteso che la stessa, preso atto – secondo quanto si desume dal decreto impugnato – della mancata notificazione del ricorso e del decreto nonchè della mancata comparizione della controparte, avrebbe dovuto assegnare ai ricorrenti un nuovo termine per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione o di differimento dell’udienza;

che il decreto impugnato deve, dunque, essere cassato, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Caltanissetta, in diversa composizione;

che al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Caltanissetta, in diversa composizione.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 10 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2017

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