Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8184 del 22/03/2019

Cassazione civile sez. trib., 22/03/2019, (ud. 26/02/2019, dep. 22/03/2019), n.8184

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24226/2012 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, rappresentata e difesa dall’avv. Roberto

Maggiore, elettivamente domiciliato in Roma, via Paolo Emilio n. 57,

presso lo studio dell’avv. Marco Serra.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria centrale di Roma,

collegio n. 20, n. 4437/2011, pronunciata il 7/07/2011, depositata

il 21/07/2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 febbraio

2019 dal Consigliere Dott. Guida Riccardo.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la (OMISSIS) Srl impugnò innanzi alla Commissione tributaria di primo grado di Latina l’avviso di rettifica della dichiarazione dei redditi, relativa all’anno d’imposta 1987, recante, tra gli altri, per quanto ancora interessa, il rilievo n. 2 per omesse fatturazioni di cessioni di merce (carni lavorate fresche e conservate), per complessive Lire 2.471.113.000, con IVA non assolta per Lire 429.232.000;

la CT di primo grado, con sentenza n. 442/1992, confermò la legittimità del rilievo n. 2;

2. la società impugnò tale decisione e la CT di secondo grado di Latina, con sentenza n. 500/1996, accolse l’appello;

3. l’Ufficio ha impugnato tale decisione e la CTC di Roma, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato il gravame, affermando – quanto al rilievo n. 2 – di non condividere la tesi erariale, secondo cui le cessioni di merce, da parte della contribuente, senza l’emissione di fatture sarebbe stata desumibile dal dato documentale consistente nel rinvenimento di un “brogliaccio”, in assenza di altri elementi presuntivi di riscontro (indagini bancarie e documentali), che consentissero di dedurre, in modo incontestabile, l’omessa fatturazione;

4. l’Agenzia ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza della CTC, mentre la Curatela del fallimento della società contribuente (dichiarata fallita nelle more del giudizio) resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo del ricorso, denunciando la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, artt. 2697,2709,2729 c.c., la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere erroneamente negato la valenza probatoria della “contabilità in nero”, discostandosi dai princìpi di diritto enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, tralasciando che, la Guardia di Finanza, aveva: a) reperito due contabilità informali; b) riscontrato la corrispondenza tra tali contabilità; c) constatato che le contabilità informali erano state redatte con la stessa metodologia della contabilità ufficiale; d) puntualmente ricostruito il meccanismo di contabilità ed analiticamente spiegato le ragioni per le quali tale contabilità costituiva una prova evidente delle contestate cessioni “in nero”;

1.1. il motivo è fondato;

è il caso di richiamare il fermo indirizzo di questa Corte – recentemente espresso in materia di accertamento delle imposte dirette, ma riferibile anche alla rettifica delle dichiarazioni IVA – per il quale: “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la “contabilità in nero”, costituita da appunti personali e da informazioni dell’imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, prescritti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, perchè nella nozione di scritture contabili, disciplinate dagli artt. 2709 c.c. e s.s., devono ricomprendersi tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta, spettando poi al contribuente l’onere di fornire adeguata prova contraria.” (Cass. 30/10/2018, n. 27622);

nel caso in esame, la CTC, discostandosi da questa regola di diritto, ha negato contra legem che l’omessa fatturazione delle cessioni di merce (carni lavorate fresche e conservate), da parte della contribuente, potesse desumersi dalla “contabilità parallela” (integrativa di quella ufficiale) riprodotta nel brogliaccio reperito, come si esprime il PVC (riprodotto in parte qua nel ricorso): “nei domicili privati delle persone interessate ed in qualche modo collegate alla (OMISSIS)”, ed ha erroneamente affermato che tale elemento indiziario dovesse essere supportato da ulteriori riscontri, della cui allegazione e dimostrazione era onerata l’Amministrazione finanziaria;

2. con il secondo motivo, denunciando, in subordine, l’insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio, consistente nello stabilire se la ripresa a tassazione si fondasse o meno su valide presunzioni e, in caso affermativo, se la società avesse o meno fornito la prova contraria, la ricorrente censura il vizio di motivazione della sentenza impugnata che, nell’affermare che i “brogliacci” rinvenuti dalla GdF erano privi di valenza probatoria e che necessitavano di ulteriori elementi presuntivi: per un verso, non si sarebbe confrontata con i puntuali rilievi contenuti nel PVC (richiamati nel primo motivo di ricorso); per altro verso, avrebbe rilevato, in termini apodittici, senza spiegare le ragioni del proprio convincimento, che le presunzioni offerte dall’Ufficio erano state “demolite” dalla difesa della società che, in realtà, nel corso del giudizio di secondo grado, si era limitata a sostenere che la contabilità informale non aveva alcun rapporto: “con la realtà aziendale, essendo l’estrapolazione di conti economici di previsione e che da solo non può condurre inequivocabilmente dal fatto noto al fatto ignoto”;

2.1. il motivo è assorbito per effetto dell’accoglimento del primo mezzo;

3. ne consegue che, accolto il primo motivo del ricorso e assorbito il secondo, la sentenza è cassata, con rinvio alla CTR del Lazio, cui è demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata, rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2019

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