Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8182 del 22/04/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 8182 Anno 2016
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: SPENA FRANCESCA

SENTENZA

sul ricorso 12953-2014 proposto da:

VINCIGUERRA

MARCELLO

C.F.

VNCMCL56H07G273E,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MICHELE
MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO
BRIGUGLIO, rappresentato e difeso dall’avvocato
GIROLAMO MONTELEONE, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015

contro

5138

GROUPAMA ASSICURAZIONI

S.P.A.(già NUOVA TIRRENA

S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.DELLA

Data pubblicazione: 22/04/2016

CROCE 44, presso lo studio dell’avvocato ERNESTO
GRANDINETTI, che la rappresenta e difende giusta
delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2515/2013 della CORTE

349/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/12/2015 dal Consigliere Dott.
FRANCESCA SPENA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

D’APPELLO di PALERMO, depositata il 18/11/2013 r.g.n.

Proc. nr. 12953/2014 RG

FATTO
Con ricorso depositato in data 3.5.2001 VINCIGUERRA MARCELLO, agente della società
assicuratrice NUOVA TIRRENA spa (incorporata in corso di causa dalla società
pROUPAMA ASSICURAZIONI spa ), agiva davanti al Tribunale di Palermo, all’esito del
recesso della mandante – in data 6 giugno 2000- per la condanna della parte convenuta
MI pagamento di compensi ed indennità, per il complessivo ammontare di £
276.845.629, tra le quali, per quanto rileva in questa sede, la somma aggiuntiva di cui
all’art. 12 bis Accordo nazionale Agenti dell’1.8.1994 (in prosieguo: A.N.A.), nella misura
massima, in ragione del recesso ad nutum della compagnia di assicurazione.

Si costituiva la sog; Nuova Tirrena spa, deducendo la inammissibilità della domanda
per non avere il ricorrente impugnato il recesso per farne dichiarare la illegittimità e, nel
merito, contestandone il fondamento.
Il Tribunale di Palermo, acquisita la prova orale e disposta ctu, con sentenza del 16.7/
30.12.2010, condannava la società NUOVA TIRRENA spa al pagamento della somma
complessiva di C 107.978,22 oltre accessori .

Proponeva appello la Compagnia di assicurazione; resisteva il Vinciguerra.
Con sentenza del 31.10- 18.11/ 2013 la Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma
della sentenza di primo grado, condannava la società GROUPAMA ASSICURAZIONI spa (già NUOVA TIRRENA spa)- al pagamento della somma complessiva di C 58.284,56.
La Corte riteneva in particolare che il pagamento della indennità di cui all’art.12 bis
A.N.A. nella misura massima fosse possibile solo nel caso di ricorso al collegio arbitrale
previsto dalla norma contrattuale e non anche in caso di azione giudiziaria; per il resto
confermava la decisione del Tribunale.

Avverso la sentenza propone ricorso in Cassazione Vinciguerra Marcello, articolato in
due motivi.
Resiste con controricorso la società GROUPAMA ASSICURAZIONI spa.

Vinciguerra Marcello ha depositato memorie.

DIRITTO

Con il primo motivo il ricorrente deduce- ai sensi degli artt. 360 co. 1 nr 3 e nr. 4violazione degli articoli 112 cpc (in relazione all’art. 324 cpc) 324 cpc , 2909 cc.
Espone che la Corte d’Appello nella sentenza gravata dopo avere correttamente
affermato di respingere il primo motivo di appello della compagnia assicuratrice- con cui
si deduceva la inammissibilità della domanda fondata sull’art. 12 bis A.N.A- osservando
che il ricorso all’arbitrato previsto dalla norma contrattuale non poteva pregiudicare la
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Proc. nr. 12953/2014 RG

facoltà dell’agente di adire il giudice ordinario, contraddittoriamente statuiva che
; l’agente avrebbe potuto ottenere la misura massima della indennità solo rivolgendosi
) agli arbitri.
Rileva che la sentenza di primo grado aveva ritenuto che il giudice ordinario potesse
liquidare, come il collegio arbitrale, la indennità nella misura massima e che tale punto
della decisone era coperto dal giudicato implicito.
Deduce la violazione della regola di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato (e del

assicurazione non aveva sollevato la questione della impossibilità di ottenere la misura
massima della indennità attraverso il giudice ordinario- né nel primo grado né in appellolimitandosi ad affermare che la domanda del Vinciguerra doveva considerarsi
inammissibile, perché costui non aveva impugnato il recesso davanti al collegio arbitrale
né comunque aveva proposto tale necessaria impugnazione davanti al giudice
ordinario.

Il motivo è infondato.
L’ appello proposto dalla Compagnia Assicuratrice riguardava non solo la azionabilità del
diritto alla indennità contrattuale in via giudiziaria- (piuttosto che in via arbitrale)ma anche l’an del diritto stesso, che l’appellante assumeva sussistere soltanto per
effetto del giudizio arbitrale sulla fondatezza dei motivi del recesso e previa
impugnazione dei motivi da parte dell’agente ( si veda la trascrizione del motivo di
appello, alle pagine 6-8 del controricorso).
Per effetto della domanda di appello veniva dunque devoluta al giudice del grado la
verifica non solo della azionabilità ma anche dell’an del diritto alla indennità, domanda
quest’ultima comprendente la sua quantificazione.
Il giudice non era invece vincolato alla qualificazione data dall’appellante alle sue difese,
in termini di “inammissibilità” piuttosto che di “infondatezza” della pretesa di parte
avversa .

Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360 co. 1 nn. 3-4 e 5
cpc, violazione e falsa applicazione dell’art. 12 bis ANA 1.8.1994, degli artt. 1362-1371
cc nonché degli artt. 132, co. 2 nr 4, 806 e 808 co. 2 , 412 ter e 412 quater co 1 cpc, 5
L. 533/1973 .
Richiamate per esteso le motivazioni delle sentenze rese nei due gradi di giudizio, il
ricorrente assume violati dalla Corte territoriale :
– Gli artt. 806-809 co. 2, 412 ter cpc e 5 L. 533/1973, nel testo vigente alla data di
introduzione della lite, norme che garantivano alle parti la piena libertà di agire davanti
al giudice ordinario anche in presenza di una clausola compromissoria per arbitrato, a
pena di nullità della clausola

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connesso principio tantum devolutum quantum appellatum) giacchè la compagnia di

Proc. nr. 12953/2014 RG

L’ articolo 12 bis A.N.A. 1.8.1994 nonché i criteri legali di interpretazione dei

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ontratti, in quanto lo scopo della clausola collettiva non era affatto quello di incentivare

l ricorso all’arbitrato- ivi previsto- ma quello di porre una remora al recesso ad nutum

dal contratto di agenzia, prevedendo indennità aggiuntive ove il recesso non fosse
fondato su validi motivi. La Corte aveva altresì errato nel limitare il diritto alla indennità
aggiuntiva – in ipotesi di azione giudiziaria- alle sole fattispecie di accettazione del
recesso: egli non aveva mai accettato il recesso e laddove lo avesse fatto sarebbe
venuta meno la ragione del contenzioso.
Per le stesse ragioni la Corte territoriale era incorsa in un vizio di motivazione i per
contraddittorietà tra la premessa della azionabilità del diritto alla indennità davanti al
giudice ordinario e la affermazione della riduzione degli importi spettanti.
La pienezza della tutela giudiziaria risultava anche dalla sentenza dì questa Corte nr.
16145/2004.

Il motivo è infondato.
Si premette che l’arbitrato previsto dall’art. 12 bis dell’accordo nazionale agenti è di
natura irrituale ( “Entro 20 giorni dal ricevimento della comunicazione del recesso o della
successiva specificazione dei motivi è ammesso il ricorso ad un arbitrato irrituale con le
modalità previste dalle lettere 8 e seguenti”) ; pertanto non è conferente il richiamo in
ricorso alle previsioni degli articoli 806-808 cpc. ( nel testo vigente ratione temporis),
relative all’arbitrato rituale.
La disciplina dell’ arbitrato irrituale applicabile al rapporto in lite è quella degli artt. 412
ter e quater cpc – nel testo vigente anteriormente alla legge 183/2010- a tenore della
quale l’arbitrato richiedeva:
– la previsione e regolamentazione da parte dei contratti collettivi nazionali
– il consenso delle parti interessate
– l’esito negativo del tentativo di conciliazione ex art. 410 c.p.c. o il decorso del termine
per il suo espletamento.
La volontarietà del ricorso alla procedura arbitrale ne rendeva evidente la facoltatività
sicchè non è in questione la libertà delle parti di fere ricorso al giudice ordinario.
Sostiene il ricorrente che tale facoltà comporta come corollario la possibilità per la parte
agente di ottenere dal giudice tutte le utilità liquidabili dagli arbitri (nella specie la
misura massima della indennità).
Tale conseguenza non si ricava tuttavia dalle disposizioni di rito invocate né discende da
principi di rango costituzionale.
Una questione di parità di tutele rispetto alla sede giudiziaria può infatti porsi soltanto
riguardo all’arbitrato rituale, caratterizzato dalla attitudine a concludersi, a seguito del
deposito del lodo, con un atto assimilabile ad una sentenza e non già rispetto
all’arbitrato irrituale, strumento di risoluzione delle controversie di natura egqziale

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‘ riconducibile al mandato collettivo o congiunto, destinato a concludersi con un atto
assimilabile ad un contratto e come tale non eseguibile se non tramite un giudizio
ordinario ulteriore.
In ragione della natura negoziale dell’arbitrato irrituale le modalità di risoluzione della
controversia restano rimesse al contratto collettivo, che legittimamente potrebbe
prevedere il pagamento di una specifica indennità in funzione di incentivazione al
ricorso alla mediazione arbitrale o- semplicemente- di determinazione anticipata dei

Sotto questo profilo vengono in esame le previsioni dell’articolo 12 bis dell’ A.N.A. cheper quanto rileva ai fini di causa- nel caso di recesso dell’impresa (e fuori dalle ipotesi di
giusta causa) prevede la liquidazione in favore dell’agente di una somma aggiuntiva così
graduata:

30% della somma aggiuntiva massima ( come determinata

dalla stessa

disposizione), qualora l’agente dichiari di accettare il recesso o lasci trascorrere il
termine previsto per la richiesta dei motivi (10 giorni dalla comunicazione di recesso);

15% della somma aggiuntiva massima, qualora l’agente dichiari di accettare il

recesso dopo la comunicazione dei motivi o lasci trascorrere il termine previsto per il
ricorso all’arbitrato (20 giorni dal recesso o dalla comunicazione dei motivi);

in caso di ricorso all’arbitrato, liquidazione da parte del collegio arbitrale di una

somma da lire O ad un importo massimo, per la ipotesi di recesso dell’impresa
assolutamente immotivato,

determinato – percentualmente e per

scaglioni-

sull’ammontare delle provvigioni dell’ultimo esercizio.
Nella intenzione manifestata delle parti contraenti la liquidazione della somma aggiuntiva
resta dunque rimessa alla definizione negoziale ed all’intervento degli arbitri.
Stante la natura dell’arbitrato irrituale- la cui funzione è di tipo conciliativo e non
dichiarativa di diritti preesistenti- deve ritenersi che la liquidazione arbitrale sia il
risultato della mediazione degli arbitri e non l’accertamento di un diritto preesistente, in
quanto tale azionabile in via giudiziaria.
Non sussiste pertanto il denunziato vizio di violazione di norme di diritto e dell’accordo
collettivo.
Non è utilmente invocabile a sostegno del ricorso il precedente di questa Corte di cui alla
sentenza nr. 16145/2004, pronunzia relativa alla specificazione della nozione di
“giustificatezza” del recesso, nella quale il tema dell’ importo della indennità liquidabile
dal giudice non risulta affrontato.
Il vizio della motivazione non è stato dedotto nei termini previsti dal testo vigente

dell’art. 360 nr. 5 cpc .- applicabile ratione temporís- ovvero come omesso esame di un
fatto storico decisivo ed oggetto di discussione tra le parti, sicchè sotto questo profilo

:

il motivo è inammissibile.
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possibili esiti della mediazione .

Proc. nr. 12953/2014 RG

Le spese di giudizio si compensano per la novità della questione trattata.

Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le
condizioni per dare atto- ai sensi dell’arti co 17 L. 228/2012 ( che ha aggiunto il
comma 1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) – della sussistenza dell’obbligo di versamento
da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per la impugnazione integralmente rigettata .

PQM
Rigetta il ricorso.
Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del
comma 1 bis dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma in data 22.12.2015

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