Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8180 del 24/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/03/2021, (ud. 29/09/2020, dep. 24/03/2021), n.8180

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21568/2014 R.G. proposto da:

2 C s.r.l., in persona del suo rappresentante p.t., rappresentata e

difesa dal Prof. Avv. Paolo Puri e dal Prof. Avv. Alberto Mula,

elettivamente domiciliata presso il loro studio, in Roma, via XXIV

maggio, n. 43;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto presso quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania n. 918/44/14, depositata il 3 febbraio 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 settembre

2020 dal Cons. Salvatore Leuzzi.

RILEVATO

 

Fatto

CHE:

– Con riferimento all’anno d’imposta 2006, a seguito di verifica contabile nei confronti dell’odierna contribuente, esercente l’attività di commercio al dettaglio di ferramenta, materiale idraulico e pittura, l’erario ne rideterminava il reddito imponibile in Euro 140.000,00, somma in apparenza correlata a finanziamenti infruttiferi dei soci, ma ricondotta dall’Amministrazione a ricavi extracontabili occultati.

– In data 20 dicembre 2011 veniva notificato alla società avviso di accertamento per il cui tramite l’Ufficio recuperava a tassazione importi IRES e IVA, irrogando sanzioni.

– Il ricorso della contribuente avverso l’atto impositivo veniva accolto solo in parte dalla CTP di Benevento, con rideterminazione del reddito imponibile nella minor somma di Euro 53.000,00.

– L’appello della 2 C nei confronti della sentenza di primo grado veniva rigettato.

– La contribuente ha proposto ricorso per cassazione articolato su due motivi. L’Agenzia resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia ha censurato la decisione impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, per avere il giudice a quo fatto malgoverno delle regole sulla distribuzione degli oneri probatori e sull’uso delle presunzioni, omettendo di conferire rilievo agli “elementi probatori prodotti dalla Società”.

– Con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente ha censurato la decisione impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, avendo il giudice d’appello omesso d’applicare il principio di non contestazione pur in assenza di contestazione in ordine agli elementi probatori dalla forniti contribuente.

– Con istanza del 19 settembre 2020 la ricorrente ha chiesto pronunciarsi l’estinzione del giudizio, dichiarando di avere aderito alla definizione agevolata disposta con D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, conv. con modif. dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225, e di non avere più interesse alla prosecuzione del giudizio.

– Tale dichiarazione è idonea a determinare l’inammissibilità del ricorso, rilevando il sopravvenuto difetto di interesse dellaricorrente alla prosecuzione della lite, tenuto conto che, nella specie, non può conseguire l’estinzione del processo, atteso che la rinuncia non risulta essere stata regolarmente comunicata alla controparte (cfr., da ultimo, Cass. n. 3971 del 2015; Cass. S.U. n. 7378 del 2013; Cass. n. 9857 del 2011). Questa Corte, con indirizzo condiviso, ha affermato che: “A norma dell’art. 390 c.p.c., u.c., l’atto di rinuncia al ricorso per cassazione deve essere notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto; ne consegue che, in difetto di tali requisiti, l’atto di rinuncia non è idoneo a determinare l’estinzione del processo, ma, poichè è indicativo del venire meno dell’interesse al ricorso, ne determina comunque l’inammissibilità” (Cass. S.U. n. 3876 del 2010; conf. n. 2259 del 2013; Cass. n. 14782 del 2018).

– Per quanto riguarda le spese del giudizio di legittimità, le stesse possono essere compensate tra le parti, trattandosi di una rinuncia determinata dall’adesione alla definizione agevolata di cui al D.L. n. 193 del 2016, art. 6, comma 2, e che non sussistono i presupposti per imporre alla ricorrente il pagamento del c.d. “doppio contributo”, posto che la causa di inammissibilità del ricorso è sopravvenuta (Cass. n. 23175 del 2015).

– In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile, con compensazione delle spese del giudizio.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021

 

 

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