Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 818 del 16/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 818 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: CARRATO ALDO

SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 43381’08) proposto da:
SPIZZIRRI SILVANA (C.F.: SPZ SVL 59T69 Z401G) e LUPINACCI EMILIO (C.F.: LPN
MLE 59R15 E773I), rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale a margine del
ricorso, dall’Avv. Giovanbattista Agosto ed elettivamente domiciliati presso il suo studio,
in Roma, Via L. Mancinelli, n. 100; – ricorrenti contro
NICOLETTI GIUSEPPE, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale a margine del
controricorso, dall’Avv. Salvatore Perugini ed elettivamente domiciliato presso lo studio
degli Avv.ti Gregorio ed Antonella lannotta, in Roma, Viale Bruno Buozzi, n. 82;
– controricorrente –

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6.U7 9•/ f3

Data pubblicazione: 16/01/2014

Avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro n. 867/2006, depositata il 22
dicembre 2006 (e non notificata);
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 26 novembre 2013 dal
Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito l’Avv. Alessandra lannotta (per delega) nell’interesse del controricorrente;

Salvato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, notificato il 10 maggio 1999, il sig. Nicoletti Giuseppe conveniva in
giudizio, dinanzi al Tribunale di Cosenza, i sigg. Lupinacci Emilio e Spizzirri Silvana
affinché fossero condannati al pagamento della somma di £ 9.750.000, a titolo di residuo
del prezzo pattuito per la vendita di un appezzamento di terreno sito in località
“Santoianni”, in agro di Dipingano. Nella costituzione dei convenuti, i quali, in via
riconvenzionale, instavano per la declaratoria di nullità parziale dell’atto di vendita (con
relativa riduzione del prezzo), il Tribunale adito, con sentenza n. 744 del 2002,
accoglieva integralmente la domanda attorea e rigettava quella riconvenzionale dei
convenuti, che condannava alla rifusione delle spese giudiziali.
Interposto appello da parte del Lupinacci e della Spizzirri, nella resistenza dell’appellato,
la Corte di appello di Catanzaro, con sentenza n. 867 del 2006 (depositata il 22 dicembre
2006), dichiarava l’inammissibilità del gravame, condannando gli appellanti al
pagamento, in solido, delle spese del grado.
A sostegno dell’adottata decisione, la Corte catanzarese rilevava l’inammissibilità — in
quanto attinenti a temi nuovi non dedotti in primo grado – delle doglianze riguardanti sia
l’eccezione di avvenuto adempimento mediante pagamento del prezzo fondata sulle
emergenze dell’atto notarile sia di quella relativa all’eventuale inefficacia della vendita per
aver lo stesso Nicoletti Giuseppe promesso in vendita il bene anche quale
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udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Luigi

rappresentante degli eredi di Nicoletti Francesco, pur essendo sfornito degli inerenti
poteri di rappresentanza. Il giudice di appello, inoltre, ravvisava l’infondatezza
dell’ulteriore censura attinente alla titolarità del diritto ad esigere la prestazione
dell’adempimento, sul presupposto che la vendita o la promessa di vendita posta in
essere da uno solo dei comproprietari non avrebbe potuto comportare l’invalidità del

concessione ad edificare nel contratto preliminare, poiché l’art. 40 della legge n. 47 del
1985 avrebbe potuto trovare applicazione soltanto con riferimento ai contratti ad effetti
reali e non con riguardo a quelli ad effetti obbligatori.
Avverso la suddetta sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso per cassazione i
sigg. Spizzirri Silvana e Lupinacci Emilio, articolato in tre motivi, in ordine al quale
l’intimato Nicoletti Giuseppe ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata — ai sensi dell’art.
360 n. 3 c.p.c. – per violazione e falsa applicazione degli artt. 77 e 100 c.p.c., formulando
al riguardo, in virtù dell’art. 366 bis c.p.c. (“ratione temporis” applicabile, risultando la
sentenza impugnata pubblicata il 22 dicembre 2006), il seguente quesito di diritto: “dica
la S. C. se, mente degli artt. 100 e 77 c.p.c., possa o meno agire in giudizio nell’interesse
di terzi colui che non sia fornito di potere rappresentativo processuale non avendo
ottenuto una procura generale o speciale ad negotia risultante espressamente da atto
scritto”.
1.1. Rileva il collegio che il motivo è inammissibile perché con esso viene riproposta la
censura dell’affermazione che il Nicoletti era legittimato ad agire in giudizio per ottenere il
pagamento di somme dovute anche agli altri comproprietari, malgrado non fosse munito
del relativo potere rappresentativo, senza, però, che i ricorrenti abbiano confutato — come
sarebbe stato necessario – specificamente la sentenza di appello che, sul punto, aveva
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contratto, nonché di quella riguardante l’invalidità dell’atto per omessa indicazione della

dichiarato l’inammissibilità della relativa questione per ritenuta novità della stessa (in
violazione dell’art. 345 c.p.c.). In sintesi, la doglianza non può ritenersi ammissibile
perché non risulta idoneamente ed appositamente censurata la statuizione di
inammissibilità adottata in merito dalla Corte territoriale.
Ad ogni modo occorre sottolineare (cfr. Cass. n. 1063 del 1972 e, da ultimo, Cass. n.

comproprietari dà luogo a solidarietà attiva dei venditori nel credito per il prezzo,
sicché, ai sensi dell’art. 1292 c.c., ciascuno di essi ha diritto di chiedere
l’adempimento dell’intera obbligazione, con la conseguente liberazione del
debitore che ha effettuato il pagamento nei confronti di tutti gli altri creditori, e
salva la ripartizione, nei rapporti interni, della somma pagata.

2 Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto — sempre ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.
— la violazione e falsa applicazione degli artt. 1399, 1419 e 1421 c.c., prospettando, in
proposito, il seguente quesito di diritto: “dica la S.C.: – se è affetto o meno da nullità,
rilevabile d’ufficio, il preliminare stipulato anche a nome e nell’interesse degli altri
comproprietari senza specifico mandato a vendere; – se la stipula del contratto definitivo
possa acquisire valore di ratifica anche relativamente al diverso corrispettivo in
preliminare fissato e se le pattuizioni contenute nel preliminare relative al prezzo della
vendita vengano o meno travolte, in mancanza di diverso accorso tra le parti, dalla
stipula dell’atto definitivo”.

2.1. Anche questa censura si prospetta inammissibile dal momento che né la doglianza
né il relativo quesito di diritto formulato attingono la declaratoria di inammissibilità del
relativo motivo di appello e la ragione giuridica posta a fondamento di essa dalla Corte di
secondo grado, in base alla quale l’eccezione di pagamento si sarebbe dovuta qualificare
come “eccezione in senso stretto”, onde la sua formulazione in appello era da
considerarsi inammissibile, senza trascurare la circostanza che gli stessi convenuti in
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10648 del 2010) che la vendita di un bene comune stipulata congiuntamente da più

primo grado avevano ammesso l’inadempimento e dedotto, a giustificazione di esso,
soltanto la presupposizione della possibilità di edificare il suolo.
3. Con il terzo ed ultimo motivo il ricorrente ha prospettato — ai sensi dell’art. 360 n. 5
c.p.c. – il vizio di omessa motivazione sul punto decisivo della controversia riguardante
l’eccezione di carenza di legittimazione passiva del Lupinacci Emilio, chiedendo a questa

mai sottoscritto un impegno contrattuale o concordato un corrispettivo da corrispondere a
terzi.
3.1. Anche quest’ultima censura è da qualificare come inammissibile.
Infatti, anziché prospettare il profilo dell’omessa motivazione sulla dedotta carenza di
legittimazione passiva del Lupinacci, che non aveva sottoscritto il preliminare in forza del
quale il Nicoletti aveva chiesto il pagamento del relativo prezzo, i ricorrenti avrebbero
dovuto, semmai, dedurre il profilo dell’ultrapetizione della sentenza impugnata, da
ricondurre al vizio incasellabile nell’art. 360 n. 4 c.p.c. . Poiché gli stessi si sono limitati a
prospettare unicamente la mancanza di motivazione, la doglianza non può che essere
ritenuta inammissibile (v., sul punto, da ultimo, anche Cass., S.U., n. 17931 del 2013).
Peraltro, è appena il caso di aggiungere che il motivo si profila inammissibile anche per
carenza di interesse, poiché il contratto posto a fondamento dell’esperita azione si
identificava con il contratto definitivo e non con il preliminare nel quale era stato fissato il
prezzo del terreno, donde l’unica questione che avrebbe potuto essere prospettata era
quella ricollegabile alla dissimulazione nel contratto definitivo di un prezzo diverso da
quello effettivo risultante dal preliminare.
4. In definitiva, alla stregua delle esposte ragioni, il ricorso deve essere integralmente
rigettato, con la conseguente condanna dei ricorrenti (con vincolo solidale) al pagamento
delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo sulla
scorta dei nuovi parametri previsti per il giudizio di legittimità dal D.M. Giustizia 20 luglio
.

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Corte di affermare se possa essere tenuto al pagamento di una somma colui che non ha

2012, n. 140 (applicabile nel caso di specie in virtù dell’art. 41 dello stesso D.M.: cfr.
Cass., S.U., n. 17405 del 2012).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in via fra loro solidale, al pagamento
delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 2.200,00, di cui euro

Così deciso nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile in data 26 novembre 2013.

200,00 per esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci come per legge.

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