Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8176 del 11/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/04/2011, (ud. 11/01/2011, dep. 11/04/2011), n.8176

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rapp.te pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che lo rappresenta e difende per legge;

– ricorrente –

contro

C.G.B., elett.te dom.to in Roma, alla via Po

n. 9, presso lo studio dell’avv. Napolitano Francesco, dal quale è

rapp.to e difeso, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Campania n. 178/47/2005 depositata il 28/12/2005;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’11/1/2011 dal Consigliere Relatore Dott. Marcello Iacobellis;

Udito l’avv. Napolitano per il controricorrente;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott.

APICE Umberto che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia promossa da C.G.B. contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dalla Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP di Napoli n. 692/22/2002 che aveva accolto il ricorso della contribuente avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) per Irpef ed Ilor relativi all’anno 1995, emesso dall’Ufficio II.DD. di Napoli, nei confronti della ditta individuale C.G.B., esercente attività di raccolta e trasporto rifiuti, con sede in (OMISSIS). Sulla base di un P.V.C., redatto dalla G.d.F. di Giugliano, con l’atto di avviso in questione, l’Ufficio aveva rettificato il reddito d’impresa sul rilievo che la posta di bilancio “capitale netto” risultava incrementata da fonti di finanziamento personali del titolare, di cui il medesimo non aveva dichiarato la provenienza, così da ritenersi derivanti da reddito d’impresa non dichiarato.

La CTR rigettava l’appello sul rilievo che l’Ufficio non aveva “dato prova del suo assunto nè è stato dimostrato che l’accertamento impugnato era conforme al dettato di legge; infatti dall’esame dell’atto effettivamente manca la motivazione e, quindi, non si può desumere l’iter logico che ha indotto l’ufficio ad emettere l’atto impugnato il quale è elemento essenziale per la validità dello stesso; nè a tale carenza può sopperire il p. v. c. della Guardia di Finanza, i cui rilievi sono a base dell’avviso di accertamento notificato in data 13/12/1999.” Il ricorso proposto si articola in quattro motivi. Resiste con controricorso il C. che ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con primo motivo l’Agenzia delle Entrate assume la parziale nullità per difetto di motivazione. Il decisum della CTR si fonderebbe esclusivamente su una serie di affermazioni di stile assolutamente acritiche.

La censura è infondata non ravvisandosi nel caso in esame la radicale carenza di motivazione nè un suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi”.

Con secondo motivo la ricorrente assume la illogica motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonchè la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e della L. n. 212 del 2000, art. 7. La CTR avrebbe erroneamente affermato la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento, nonostante il rinvio al P.V.C., della G.d.F..

La censura è fondata. La giurisprudenza di questa Corte è univoca nel ritenere che l’avviso di accertamento può essere motivato “per relationem”, anche con il rinvio pedissequo alle conclusioni contenute in un atto istruttorio, realizzandosi una sorta di economia di motivazione (Sentenza n. 2907 del 10/02/2010; Sentenza n. 15842 del 12/07/2006). Ciò è tanto più vero nella specie, in quanto il processo verbale richiamato è redatto a carico del contribuente e quindi dallo stesso conosciuto.

Con terzo motivo la ricorrente assume la nullità della decisione per omessa pronuncia sulla circostanza – dedotta con l’atto di appello – che il contribuente non avesse prodotto alcuna nuova documentazione probatoria rispetto a quanto esaminato dalla GdF. La censura è inammissibile in quanto irrilevante. La statuizione della CTR secondo cui l’avviso di accertamento sarebbe nullo per carenza di motivazione prescinde infatti dalla valutazione della documentazione prodotta dal C..

Con quarto motivo la ricorrente assume la violazione dell’art. 2698 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La CTR, nell’affermare che l’Ufficio non ha dato prova del suo assunto nè è stato dimostrato che l’accertamento impugnato era conforme al dettato di legge, avrebbe omesso di considerare l’onere probatorio incombente sulla parte circa la natura non reddituale dell’incremento del “capitale netto”.

La censura è fondata. In tema di accertamenti in rettifica ai fini IRPEF, gli uffici competenti sono autorizzati, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37 e segg. ad avvalersi della “prova per presunzione”, la quale presuppone la possibilità logica di inferire da un fatto noto (e cioè da un fatto noto e non controverso) il fatto da accertare, con conseguente onere della prova contraria a carico del contribuente. Quest’ultimo onere non va confuso con quello, stabilito dall’art. 2697 c.c., comma 2 a carico di chi intenda far valere fatti estintivi, impeditivi o modificativi del diritto fatto valere dall’altra parte, ma è da ricondurre a quel meccanismo di verificazione – falsificazione che è implicito nel contraddittorio sulla prova, in virtù del quale, a fronte di una prova critica del fatto (ad esempio del fatto costitutivo del diritto), l’altra parte ha l’onere o di negare la verità dei fatti indizianti, oppure di negare la loro efficacia indiziante sul terreno logico-argomentativo oppure fornendo la prova di indizi contrari, idonei a far venir meno il requisito della concordanza di cui all’art. 2729 c.c., comma 2.

Non conforme al principio suesposto è la decisione impugnata laddove afferma che l’Ufficio non ha dato prova del suo assunto. A fronte della presunzione dell’esistenza di ricavi non contabilizzati, conseguente al fatto – provato e neppur contestato – degli incrementi del cd. “capitale netto”, privi di specificazione circa la loro provenienza, spettava al contribuente provare la natura non reddituale degli importi medesimi.

Il ricorso deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice della CTR della Campania che provvederà a decidere la controversia valutando il materiale probatorio acquisito in atti onde accertare se il contribuente abbia dato una sufficiente prova avverso la presunzione che gli importi iscritti in bilancio come incrementi alla posta “capitale netto” corrispondano a ricavi, liquidando anche le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Accoglie il secondo e quarto motivo di ricorso,rigetta il primo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, a diversa sezione della C.T.R. della Campania.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2011

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