Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8175 del 22/03/2019

Cassazione civile sez. trib., 22/03/2019, (ud. 20/02/2019, dep. 22/03/2019), n.8175

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15389/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia;

– ricorrente –

contro

EXERGIA ENERGIA E GAS s.p.a., in concordato preventivo, (C.F.:

(OMISSIS)) in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dagli Avv. Gianleo Occhionero, del Foro di

Asti e Longo Lucio Laurita, del Foro di Roma, con domicilio eletto

presso l’Avv. Longo Lucio Laurita;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto

n. 85/26/2013, pronunciata l’11 novembre 2013 e depositata il 9

dicembre 2013;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 febbraio

2019 dal Consigliere Dott. Antezza Fabio.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Dogane ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza (indicata in epigrafe) di accoglimento dell’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza n. 172/13/2011 emessa dalla CTP di Venezia. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione proposta avverso l’atto di contestazione di sanzioni per mancato pagamento delle accise relativamente all’anno 2009 (atto prot. n. (OMISSIS) del 12 aprile 2010).

2. Per quanto emerge dalla sentenza impugnata e dagli atti di parte, a carico del contribuente, operante nel settore della distribuzione di energia elettrica fornendo anche “servizio di salvaguardia” ed erogando energia elettrica anche ad enti pubblici, l’A.D. emise avviso di pagamento per il recupero di accise non pagate relativamente al 2009. Ed esso seguì il relativo atto di contestazione di sanzioni per Euro 179.668,91, impugnato innanzi al Giudice tributario.

3. La CTP rigettò il ricorso e la CTR riformò la decisione con la sentenza oggetto di attuale impugnazione.

Quest’ultima, in particolare, accolse l’appello del contribuente ritenendolo non punibile per aver commesso il fatto per forza maggiore ravvisata in una eccezionale situazione di illiquidità, in applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 5.

4. Contro la sentenza d’appello l’A.D. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, ed il contribuente si difende con controricorso, sostenuto da memorie (con le quali prospetta anche ipotesi di inammissibilità dei motivi di ricorso).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il solo motivo II del ricorso merita accoglimento.

2. Con il motivo I di ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si deduce “error in procedendo/nullità della sentenza… per violazione dell’art. 112 c.p.c. in combinato disposto con al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2, e art. 57”.

In sostanza, si prospetta l’errore della CTR nel non aver rilevato l’assenza di domanda in primo grado inerente l’applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8 (in tema di errore sulla norma tributaria), invece prospettato nel motivo di appello.

2.1. Il motivo è inammissibile (come correttamente prospettato dal controricorrente), sotto diversi profili.

In primo luogo esso è inammissibile in quanto difetta di specificità (in termini di autosufficienza), in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, per mancata trasposizione nel ricorso in primo grado oltre che dei motivi d’appello, nelle loro parti essenziali in modo da poter apprezzare la doglianza prospettata (per l’inammissibilità dovuta a difetto di specificità del motivo di ricorso, in termini di autosufficienza, per mancata riproduzione del documento, si vedano, ex plurimis: Cass. sez. 6-1, 27/07/2017, n. 18679, Rv. 645334-01; Cass. sez. 5, 12/04/2017, n. 9499, Rv, 643920-01, in motivazione; Cass. sez. 5, 15/07/2015, n. 14784, Rv. 636120-01; Cass. sez. 3, 09/04/2013, n. 8569, Rv. 625839-01, oltre che Cass. sez. 3, 03/07/2009, n. 15628, Rv. 609583-01).

La doglianza, altresì, non coglie la ratio decidendi, incentrata solo sull’art. 6, comma 5, del D.Lgs. n. 472 del 1997, con conseguente inammissibilità ex art. 366, n. 4 c.p.c. (per il detto profilo di inammissibilità si vedano, ex plurimis, tra le più recenti: Cass. sez. 3, 11/12/2018, n. 31946, in motivazione; Cass. sez. 5, 07/11/2018, nn. 28398 e 28391; Cass. sez. 1, 10/04/2018, n. 8755; Cass. sez. 6-5, 07/09/2017, n. 20910, Rv. 645744-01, per la quale la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio; Cass. sez. 4, 22/11/2010, n. 23635, Rv. 615017-01).

Consegue infine a quanto da ultimo argomentato l’inammissibilità del motivo anche in quanto prospettante un error in procedendo privo di nesso con la dedotta nullità della sentenza.

3. Con il motivo II di ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deducono violazione e/o falsa applicazione al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5, in combinato disposto con la L. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 8 e 10 (c.d. “statuto dei diritti del contribuente”.

3.1. Il motivo è fondato, nei termini che seguono, nella parte in cui è ammissibile in quanto non volto a sostituire proprie valutazioni in fatto a quelle del Giudice di merito.

Nella specie operano difatti i principi sanciti da questa Corte, dai quali non vi è motivo di discostarsi, in materia di applicabilità della causa di non punibilità costituita dalla forza maggiore, di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5, con riferimento alle sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie (anche in materia di accise).

Cass. sez. 6-5, 29/03/2018, n. 7850, Rv. 647720-01, ha chiarito che in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, la sussistenza di una crisi aziendale non costituisce forza maggiore, ai fini dell’operatività del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5. In particolare, in tema di sanzioni IVA, la citata ordinanza ha argomentato dall’orientamento assunto da questa Corte, in sede penale, con riferimento a fattispecie costituenti reati in materia tributaria ex D.Lgs. n. 74 del 2000 (in senso conforme anche la successiva Cass. sez. 6-5, 02/11/2018, n. 28063, Rv. 651116-01, in motivazione).

Questa Corte, ancora più nel dettaglio, ha di recente ritenuto, con riguardo alla materia dell’IVA (Cass. sez. 5, 22/09/2017, n. 22153, Rv. 645636-01) e con affermazione estesa anche alla materia, pure comunitarizzata, delle accise (Cass. sez. 6-5, 08/02/2018, n. 3049, Rv. 647110-01, anche in motivazione), che il concetto di forza maggiore, richiamato dalla norma in esame debba interpretarsi in modo conforme a quello elaborato dalla giurisprudenza Eurounitarià.

Quest’ultima ha chiarito che la nozione di forza maggiore, in materia tributaria e fiscale, comporta la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore, e di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi (si vedano: Corte giust., C/314/06, punto 24, nonchè Corte giust., 18 gennaio 2005, causa C-325/03 P, Zuazaga Meabe/UAMI, punto 25). Rilevano dunque non necessariamente circostanze tali da porre l’operatore nell’impossibilità assoluta di rispettare la norma tributaria bensì quelle anomale ed imprevedibili, le cui conseguenze, però, non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso (Corte giust., 15 dicembre 1994, causa C-195/91 P, Bayer/Commissione, punto 31, nonchè Corte giust., 17 ottobre 2002, causa C-208/01, Parras Medina, punto 19).

Sotto il profilo naturalistico, infine, la forza maggiore si atteggia come una causa esterna che obbliga la persona a comportarsi in modo difforme da quanto voluto, di talchè essa va configurata, relativamente alla sua natura giuridica, come una esimente poichè il soggetto passivo è costretto a commettere la violazione a causa di un evento imprevisto, imprevedibile ed irresistibile, non imputabile ad esso contribuente, nonostante tutte le cautele adottate (Cass. sez. 5, 22/09/2017, n. 22153, cit., e Cass. sez. 6-5, 08/02/2018, n. 3049, cit).

Orbene, premesso quanto innanzi in diritto, la CTR, nel procedimento di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta di forza maggiore, ha omesso di applicare alla vicenda esaminata i superiori principi, facendo riferimento, quanto all’elemento oggettivo, sostanzialmente, ad una situazione di illiquidità, prospettata come causa di una futura crisi aziendale) fondante nel tardivo adempimento di obbligazioni pecuniarie da parte di debitori (anche enti pubblici) e tralasciando ogni considerazione in merito all’elemento soggettivo, con particolare riferimento al correlato dovere del contribuente di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi.

In particolare, sotto tale ultimo aspetto, di mero stile è l’affermazione, contenuta in sentenza, per la quale “… non è neppure possibile ignorare come, nell’economia reale, vista la crisi, le banche e le assicurazioni abbiano stretto i cordoni della borsa e come, conseguentemente, il ricorso al credito o a fidejussioni per affrontare pagamenti in scadenza sia divenuto molto difficile e, sicuramente, economicamente molto oneroso.. “.

3.2. Sicchè, in accoglimento del motivo II, la sentenza deve essere accolta, in applicazione del seguente principio di diritto, enunciato ex art. 384 c.p.c., che dovrà essere applicato in sede di rinvio.

“In tema di accise, la sussistenza di una situazione di illiquidità o di crisi aziendale non costituisce, di per sè, forza maggiore, ai fini dell’operatività della causa di non punibilità di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5, essendo invece necessaria la sussistenza dell’elemento oggettivo, costituito da circostanze anormali ed estranee all’operatore, e di un elemento soggettivo, correlato al dovere del contribuente di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi”.

4. In conclusione, in accoglimento del solo motivo II di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, nei limiti del motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il solo motivo II del ricorso, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2019

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