Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8174 del 23/03/2021

Cassazione civile sez. III, 23/03/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 23/03/2021), n.8174

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33688-2019 proposto da:

D.D., domiciliato ex lege in Roma, presso la

cancelleria della Corte di Cassazione rappresentato e difeso

dall’avvocato FABRIZIO CEPPI;

– ricorrenti –

nonchè contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE FIRENZE SEZ PERUGIA;

– intimati –

nonchè contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 186/2019 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 28/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. D.D., cittadino del (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. Il richiedente dedusse a fondamento della sua istanza di esser fuggito dal proprio paese di origine per la paura di essere ucciso perchè si era opposto al rito della infibulazione della figlia di due anni. Per questo fatto fu violentemente picchiato dagli zii e si inimicò l’intero villaggio. Decise dunque di fuggire prima in Burkina Faso, poi in Niger, in Libia per giungere infine in Italia.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento D.D. propose ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 dinanzi il Tribunale di Perugia, che, con ordinanza del 20 aprile 2018, rigettò il reclamo.

Il Tribunale ritenne:

a) poco credibile il racconto;

b) infondata la domanda di riconoscimento dello statu di rifugiato, mancandone i presupposti;

c) infondata la domanda di protezione sussidiaria, mancando un rischio di minaccia grave e individuale alla vita del ricorrente nel proprio paese;

d) infondata la domanda di protezione umanitaria, essendosi il richiedente reso autore di reati come furto aggravato e violenza sessuale.

3. Tale decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Perugia con sentenza n. 556/2019, pubblicata il 28/03/2019.

4. La sentenza è stata impugnata per cassazione da D.D. con ricorso fondato su tre motivi.

Il Ministero dell’Interno si costituisce per resistere al ricorso senza spiegare alcuna difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3”. La Corte d’appello non avrebbe compiuto un giudizio complessivo in merito alla non credibilità del richiedente, ma si sarebbe basata semplicemente sulla maggiore o minore specificità del racconto.

5.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, 3 e art. 14, lett. b) e c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8”. Si duole del mancato accertamento, da parte dei giudici di merito, della dedotta instabilità sociopolitica presente in (OMISSIS), provata da fonti come Amnesty International 2019 secondo cui continui sarebbero gli attacchi nei villaggi.

5.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6”. Secondo il ricorrente i giudici di merito avrebbero omesso il giudizio di comparazione per accertare se, in caso di rientro nel paese di origine, il richiedente si troverebbe in una condizione di vulnerabilità. Inoltre, rileva che erroneamente il giudice di merito avrebbe ritenuto il richiedente responsabile dei reati di furto aggravato e violenza sessuale, essendo solo indagato per tali reati ma risultando poi il procedimento a suo carico archiviato.

I motivi, trattati congiuntamente per la loro connessione, sono fondati.

In primo luogo, si rileva che la motivazione della Corte d’appello in merito al giudizio di non credibilità del richiedente è apodittica in quanto non chiarisce per quale motivo la narrazione del richiedente è “poco circostanziata e priva di coerenza interna necessaria”. Secondo i principi enunciati da questa Corte, la valutazione circa la credibilità o meno del richiedente asilo deve essere improntata a una complessiva disamina della vicenda e non su contraddizioni interne relative a fatti secondari.

In secondo luogo, del tutto assente è un approfondimento istruttorio in merito alla situazione sociopolitica presente in (OMISSIS).

Se è vero che il dovere di cooperazione istruttoria, nelle due forme di protezione cd. “maggiori”, non sorge ipso facto sol perchè il giudice di merito sia stato investito da una domanda di protezione internazionale, ma si colloca in un rapporto di stretta connessione logica (anche se non in una relazione di stretta e indefettibile subordinazione) rispetto alla circostanza che il richiedente sia stato in grado di fornire una versione dei fatti quanto meno coerente e plausibile, è altrettanto vero che il giudizio di non credibilità non può esonerare il giudice di merito dal compiere un approfondimento istruttorio sempre e comunque ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) (Cass. 8820/2020). Per questo motivo il giudice non può ex ante negare la protezione, senza aver adempiuto al dovere di cooperazione istruttoria: la valutazione della condizione oggettiva del paese di provenienza deve precedere, e non seguire, qualsiasi valutazione sulla credibilità del ricorrente.

Nel caso di specie manca qualsiasi riferimento a COI aggiornate, affidabili e attuali. La Corte d’appello non ha dunque rispettato i principi enunciati da questa Corte.

In merito alla protezione umanitaria, questa Corte (Cass. 4455/2018, per come confermata anche da Cass., ss.uu., sent. 29459/2019, cit. supra), ha avuto modo di affermare che il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza.

Di nuovo, manca anche in tal caso qualsiasi riferimento alle condizioni sociopolitiche presenti in (OMISSIS), approfondimento necessario ai fini del giudizio comparativo tra la condizione raggiunta dal richiedente in Italia e quella in cui si troverebbe nel caso di rientro in patria, bilanciamento completamente assente nella sentenza impugnata.

6. Pertanto la Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Perugia in diversa composizione.

PQM

la Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Perugia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2021

 

 

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