Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8174 del 11/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/04/2011, (ud. 11/01/2011, dep. 11/04/2011), n.8174

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 331-2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

S.B.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 127/2004 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 11/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/01/2011 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate ricorrono per cassazione nei confronti di S.B. (che non ha resistito) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento Irpef per l’anno 1987 emesso ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4 la C.T.R. Campania confermava la sentenza di primo grado, che aveva parzialmente accolto il ricorso del contribuente, riducendo del 50% il maggior reddito accertato. In particolare, i giudici d’appello affermavano: che tra gli indici di maggior reddito era stato preso in considerazione un contratto preliminare successivo al 1987, il quale pertanto non avrebbe potuto incidere su quel periodo di imposta; che appariva arbitraria la ripartizione in sei annualità del cd.

risparmio ripreso a tassazione in quanto, anche a voler seguire lo stesso (opinabile) criterio utilizzato dall’Ufficio, si sarebbe dovuto considerare un risparmio riferibile ad 1/12; infine che l’art. 38 citato, comma 4 non esime l’Ufficio dal valutare con logica coerenza gli elementi indicativi di maggiore capacità contributiva, ma che, essendosi in presenza di un processo di quantificazione induttivo, non era possibile “stravolgere” le indicazioni emergenti dagli elementi assunti come indicatori di redditività.

2. Deve preliminarmente essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, posto che dalla sentenza impugnata risulta che l’appello, depositato il 22.11.2002, fu proposto dalla sola Agenzia delle Entrate e che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, quando la successione ex lege dell’Agenzia delle Entrate al Ministero delle Finanze si sia realizzata, in ragione della riforma dell’A.F. ai sensi del D.Lgs. n. 300 del 1999, dopo la conclusione del giudizio di primo grado e l’appello sia stato proposto esclusivamente dall’Agenzia (ovvero dalla relativa articolazione periferica di essa), si verifica l’estromissione implicita del Ministero sicchè quest’ultimo non può più essere considerato parte in causa (v. tra numerose altre cass. n. 3557 del 2005). In assenza di attività difensiva nessuna decisione va assunta in ordine alle relative spese.

3. Con un unico motivo di ricorso, deducendo violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 in relazione all’art. 2727 c.c. l’Agenzia ricorrente rileva: che l’art. 38, comma 4, D.P.R. citato consente la rettifica dei redditi dei contribuente ogni volta che sia dato desumere l’esistenza di maggior reddito da altri elementi i quali, pur non provandolo direttamente, ne danno una coerente dimostrazione sul piano probabilistico; che nella specie l’Ufficio aveva preso in considerazione un compromesso del 29-12-89 per l’acquisto di un immobile commerciale con modalità di pagamento dilazionate in 12 anni, nonchè l’immobile ad uso abitazione principale acquistato nell’aprile 1987 e l’autovettura diesel CV 21 acquistata nel 1988;

infine che l’accertamento era stato determinato proprio per la presenza nel patrimonio del contribuente di beni indice di maggior reddito, con la conseguenza che, avendo l’amministrazione contestato il maggior reddito sulla base di dati in proprio possesso comprovanti presuntivamente l’avvenuta evasione, l’onere della prova contraria gravava sul contribuente. La censura è fondata. Degli elementi valutati nella specie dall’amministrazione quali indici di maggior reddito, i giudici d’appello hanno preso in considerazione esclusivamente il preliminare di compravendita, in proposito limitandosi ad osservare che tale contratto, essendo successivo al 1987, non avrebbe potuto incidere su quel periodo di imposta e che appariva arbitraria la ripartizione in sei annualità del cd.

risparmio ripreso a tassazione. In proposito è sufficiente osservare che, a norma del citato art. 38, qualora l’Ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo in ragione della spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei cinque precedenti. Nè, peraltro, i predetti giudici hanno in alcun modo accennato ad alcuna prova contraria dedotta nella specie dal contribuente.

3. Il ricorso dell’Agenzia deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’Economa e delle Finanze. Accoglie il ricorso dell’Agenzia, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della C.T.R. Campania.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2011

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