Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8174 del 04/04/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 8174 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso 11501-2008 proposto da:
ARRU CRISTINA, elettivamente domiciliatain ROMA,
PIAZZA MARCONI 15, (PALAZZO DELL’ARTE MODERNA), presso
lo studio dell’avvocato D’AMBROSIO MASSIMO,
rappresentata e difesa dall’avvocato LUCCHETTI DINO,
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2012

contro

4316

POSTE

ITALIANE S.P.A.,

in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio

Data pubblicazione: 04/04/2013

dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 505/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 04/05/2007 r.g.n. 3884/05;

udienza del 13/12/2012 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
BRONZINI;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega FIORILLO
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 4.5.2007, la Corte di Appello di Roma rigettava l’appello proposto da
– Arrù Cristina avverso la sentenza del 13.1.2005 del Tribunale di Roma che aveva rigettato
la domanda di dichiarazione di illegittimità del termine apposto al contratto stipulato tra la
detta Arrù e le Poste italiane spa dal 20.1.1997 al 31.1.1998 per” esigenze eccezionali
conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali in

della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi
ed in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse
umane”, ex art. 8 del CCNL 26.11.1994. La Corte osservava che- alla luce della
giurisprudenza della Suprema Corte- per le ipotesi di apposizione del termine elaborate
dalle parti sociali ex art. 56/1987 sussisteva una piena delega alle stesse parti sociali
nell’individuazione dei casi previsti e delle condizioni legittimanti il ricorso agli stessi e che i
contratti nel settore Poste rientravano nella previsione citata. L’accordo collettivo del
25.9.1997, integrando quanto previsto dall’art. 8 CCNL del 1994 ,aveva previsto l’ipotesi in
base alla quale era awenuta l’assunzione a termine dell’Arrù, che quindi era legittima in

corso, quale condizione per la trasformazione della natura giuridica dell’ente e in ragione

quanto prevista dalla contrattazione collettiva la cui vigenza era stata prorogata sino A
all’aprile del 1998 e quindi dopo la conclusione del contratto.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la Arrù con due motivi; resistono le
Poste Italiane spa che hanno proposto ricorso incidentale affidato ad un motivo.
Il Collegio ha autorizzato al motivazione semplificata della presente sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si allega l’omessa motivazione della sentenza impugnata: si era

dedotto che il CCNL del 26.11.1994 era scaduto alla data del 31.12.1997.

1

Con il secondo motivo si allega la violazione degli artt. 1 e 2 delle legge n. 230A962 e degli
artt. 1362 e 2697 c.c., nonché l’omessa motivazione in ordine ad un punto decisivo della
controversia. Non era stata offerta la prova che la ricorrente avesse lavorato per quelle
finalità che erano state indicate nella lettera di assunzione.
Le censure non possono essere accolte.

al sistema vigente anteriormente al d.lgs. n. 368 del 2001), sulla scia di Cass. S.U. 2-32006 n. 4588, è stato precisato che “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23
della legge n. 56 del 1987, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine
rispetto a quelli previsti dalla legge n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di
considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro
idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite
della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a
quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di
individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di
riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare
contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad
assunzioni a tempo determinato” (v. Cass. 4-8-2008 n. 21063,v. anche Cass. 20-4-2006 n.
9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n. 14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di
“delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari,
non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quei
previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in
materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato.” (v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n.
21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).
In tale quadro, ove, però, un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive, la sua
inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre
Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866).
In particolare, quindi, come questa Corte ha più volte affermato, “in materia di assunzioni a
termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo
dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto
2

In base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da questa Corte (con riferimento

in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della
situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente
ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di
attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la
legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del
presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione
degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza dell’art. 1 della legge 18 aprile 1962 n.

18378/2006 cit.). La giurisprudenza di questa Corte ha accertato con giurisprudenza ormai
consolidata che le ipotesi di cui all’art. 8 operavano sino all’aprile del 1998; nel caso in
esame l’assunzione è avvenuta prima dell’Aprile del 1998 e pertanto il contratto ricade
nella previsione di una norma contrattuale perfettamente operante.
Circa la seconda censura la Corte di appello ha già osservato che la prova offerta dalla
lavoratrice per avvalorare la tesi per cui non avrebbe in concreto lavorato per le ragioni
indicate nella lettera di assunzione era del tutto generica: non solo in ricorso la prova
richiesta di cui si lamenta la mancata ammissione non è riportata, ma in base alla stessa
generica prospettazione del motivo non vi sono elementi di sorta per ritenere che l’attività
che si deduce la Arrù abbia in concreto svolta non debba rientrare nell’ ipotesi contrattuale
già vagliata dalle parti in sede collettiva che hanno valutato la sussistenza di esigenze
eccezionali in vista dei complessi processi di ristrutturazione in corso. L’aver fronteggiato
attraverso un contratto a termine una temporanea carenza di personale non è certamente
condotta datoriale non sussumibile nell’ipotesi più generale formulata nel contratto tra le
parti ed ancor prima negli accordi di settore.
Il ricorso incidentale con il quale si allega l’omessa motivazione e la violazione di legge (
artt. 1372, 1175, 1375, 2697, 1431 c.c. e dell’art.100 c.p.c.) per non avere la Corte di
appello esaminato la dedotta risoluzione del contratto per mutuo consenso va dichiarato
assorbito in quanto l’eccezione di scioglimento per mutuo consenso presuppone
logicamente che l’apposizione del termine sia ritenuta illegittima, il che non ricorre nel
caso di specie.
Si deve quindi riunire i proposti ricorsi, rigettare il ricorso principale e dichiarare assorbito
.. quello incidentale. Le spese di lite-liquidate come al dispositivo- seguono la soccombenza.
3

230” (v., fra le altre, Cass. 1-10-2007 n. 20608, Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass.

P.Q.M.
La Corte: riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello
incidentale. Condanna parte ricorrente in via principale al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità che si liquidano in euro 50,00, nonché in euro 3.000,00 per compensi

Così deciso in ROMA, il 13.12.2012

oltre accessori.

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