Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8171 del 11/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/04/2011, (ud. 05/01/2011, dep. 11/04/2011), n.8171

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16293-2006 proposto da:

PILKINGTON ITALIA SPA (già Soc. ITALIANA VETRO S.I.V. Spa), in

persona dell’Amministratore Delegato pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA CIRCONVALLAZIONE CLODIA 5 presso lo studio

dell’avvocato BOCCIA LORETA, rappresentato e difeso dall’avvocato DE

MUTIIS RICCARDO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

AGENZIA DELLE ENTRATE DI VASTO, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 24/2005 della COMM. TRIB. REG. di L’AQUILA,

depositata il 04/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/01/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito per il resistente l’Avvocato ZERMAN PAOLA MARIA, che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

il rigetto.

Fatto

1. Con sentenza n. 819/97, la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo rigettava l’appello proposto dall’Ufficio Distrettuale Imposte Dirette di Vasto, e confermava, pertanto, la pronuncia di primo grado n. 80/95, che aveva annullato l’avviso di accertamento notificato alla Società Italiana Vetro SIV s.p.a. (ora Pilkington s.p.a.) in data 22.11.94. La Commissione Tributaria Regionale affermava che: a) ai fini IRPEG, i costi affrontati dalla SIV per l’acquisizione dei servizi pubblicitari e promozionali forniti dalla Efimservizi s.p.a., per L.. 1.819.000.000, erano inerenti all’attività di impresa; b) che le doglianze prospettate dall’Ufficio in ordine al recupero ILOR, indicato in dichiarazione quale “ILOR richiesta a rimborso” per L. 2.141.191.000, e considerato dall’amministrazione come indeducibile, in assenza di un riscontro legislativo al riguardo, erano inammissibili per la loro genericità.

2. Tale sentenza veniva cassata da questa Corte, con decisione n. 17765/02, con rinvio, anche per le spese processuali, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo.

3. Nel giudizio di rinvio, la Commissione Tributaria Regionale, con sentenza n. 24/05, depositata il 4.4.05, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate Ufficio di Vasto, ritenendo che non fosse ammissibile, nel giudizio de quo, la declaratoria di cessazione della materia del contendere, richiesta dalla Pilkington Italia s.p.a., e reputando non dimostrata l’inerenza dei costi all’attività di impresa svolta da detta società.

4. Per la cassazione della sentenza n. 24/05 ha proposto ricorso, notificato il 17-22.5.06, la Pilkington Italia s.p.a., articolando due motivi, ai quali la resistente Agenzia delle Entrate ha replicato con controricorso.

Diritto

1. Osserva, in via pregiudiziale, la Corte che il ricorso per cassazione proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze deve essere dichiarato inammissibile.

1.1. Invero, in tutti i casi in cui l’appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale sia stato proposto – come nel caso di specie – soltanto dall’ufficio periferico dell’Agenzia delle Entrate (succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle Finanze, nel corso del giudizio di primo grado) e il contribuente abbia accettato il contradditto-rio nei confronti del solo nuovo soggetto processuale, deve ritenersi verificata, sia pure per implicito, l’estromissione del dante causa Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Ne consegue che l’unico soggetto legittimato a resistere al ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è l’Agenzia delle Entrate; per cui il ricorso proposto nei confronti del Ministero deve essere dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione (in tal senso, v. pure Cass. 27452/08, 9004/07, 3557/05).

2. Premesso quanto precede, si passa, quindi, all’esame dei motivi di ricorso proposti dalla Pilkington Italia s.p.a..

2.1. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2029 c.c., art. 324 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Assume, invero, la ricorrente che l’amministrazione delle finanze, avendo impugnato per cassazione la sentenza n. 819/97 solo in relazione al capo concernente la deducibilità, ai fini IRPEG, dei costi per l’acquisizione dei servizi pubblicitari, aveva determinato il passaggio in giudicato di detta decisione, quanto al capo relativo alla ripresa a tassazione, da parte dell’Ufficio, della maggior somma di L. 2.141.191.000, avendo la predetta sentenza n. 819/97 dichiarato inammissibile il relativo motivo di appello.

Di conseguenza, il giudice di rinvio non avrebbe dovuto pronunciarsi nuovamente su tale questione, dovendo limitarsi ad accogliere l’appello limitatamente alla censura dedotta in sede di legittimità, ossia alla pretesa indeducibilità dei costi per l’acquisizione dei servizi pubblicitari.

Il motivo è infondato e va disatteso.

Osserva, invero, la Corte che il giudizio di rinvio, quale prefigurato dall’art. 394 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63 è un procedimento a struttura “chiusa”, nel quale, non soltanto è inibito alle parti di ampliare il “thema decidendum”, formulando nuove domande o nuove eccezioni, ma sono, altresì, da ritenersi operanti le preclusioni che derivano dal giudicato implicito formatosi con la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione (cfr., in termini, Cass. 10046/02, 1437/00).

In altri termini, poichè il giudizio in questione tende ad una nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata, nei limiti rigorosamente segnati dalla sentenza di cassazione, intangibile da parte del giudice di rinvio, la materia del contendere di tale giudizio non può che essere quella di cui al procedimento nel quale è stata pronunciata la sentenza cassata, sebbene con gli adeguamenti e le limitazioni imposti dalla sentenza di cassazione (v. D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, comma 4).

Nel caso concreto, la decisione di questa Corte n. 17765/02 ha statuito sul solo motivo concernente la deducibilità dei costi ai fini IRPEG, sancendo implicitamente il passaggio in giudicato del capo della sentenza di appello relativo all’ILOR, dichiarato inammissibile dalla decisione cassata, e non gravato da ricorso per cassazione da parte dell’amministrazione delle finanze. Ne deriva che l’accoglimento dell’appello da parte della sentenza n. 24/05 – oggetto di esame in questa sede di legittimità – deve ritenersi, giocoforza, riferito al solo motivo di appello disatteso, invece, dalla cassata sentenza n. 819/97, ossia quello concernente la deducibilità, per inerenza all’attività di impresa, dei costi relativi all’attività di propaganda e pubblicitaria. L’impugnata pronuncia, per contro, – contrariamente a quanto assume la ricorrente – non può avere riguardato in alcun modo la diversa questione relativo alla ripresa a tassazione, da parte dell’Ufficio, della maggior somma di L. 2.141.191.000, preclusa dal giudicato formatosi a seguito della suddetta sentenza emessa da questa Corte. Basti rilevare, infatti, che la decisione impugnata non contiene riferimento alcuno alla questione relativa al recupero a tassazione dell’ILOR richiesto a rimborso.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso, la Pilkington Italia s.p.a.

deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 394 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Si duole, invero, la ricorrente del fatto che l’impugnata sentenza abbia ritenuto inammissibile la domanda della società diretta ad ottenere la cessazione della materia del contendere, per effetto dell’avanzata richiesta di scomputo, dall’eventuale maggiore imponibile deciso ai fini IRPEG, delle perdite pregresse ed inutilizzate, prodottesi con rilevanza fiscale nel quinquennio anteriore all’annualità oggetto di rettifica, e non considerate dall’Ufficio in sede di accertamento.

Ad avviso della Corte, anche tale motivo di ricorso è da ritenersi infondato e deve, pertanto, essere disatteso. Ed invero, in conseguenza della menzionata struttura “chiusa” del giudizio di rinvio, la posizione delle parti viene ad essere, in tale sede, cristallizzata nei termini in cui era rimasta definita nelle precedenti fasi processuali fino al giudizio di cassazione, e segnatamente fino all’ultimo momento utile in cui (v. art. 372 c.p.c.) detta posizione poteva subire eventuali specificazioni, nei limiti e nelle forme previste per il giudizio di legittimità.

Ne discende che il giudice di rinvio, dovendo procedere nei termini rimessigli dalla Suprema Corte, può prendere in considerazione fatti nuovi incidenti sulla posizione delle parti, senza intaccare il decisum della pronuncia di cassazione, solo a condizione che si tratti di fatti dei quali non era stata possibile l’allegazione fino a quell’ultimo momento utile nel giudizio di cassazione (art. 372 c.p.c.), per essersi i fatti medesimi verifica dopo quel momento (cfr., in tal senso, Cass. 1917/01, 16294/03, 11962/05).

Con specifico riferimento, pertanto, al fatto – in discussione in questa sede – che si assume, da una delle parti, integrare una pretesa cessazione della materia del contendere, è evidente che il giudice di rinvio avrebbe potuto prenderlo in esame solo qualora si fosse verificato successivamente all’udienza di discussione in cassazione, atteso che, laddove si fosse verificato prima, l’udienza stessa sarebbe stata il momento ultimo entro il quale sarebbe dovuta avvenire tale allegazione (v., in termini, Cass. 11962/05).

Orbene nel caso di specie, è del tutto evidente che le perdite pregresse scomputabili dal maggiore imponibile IRPEG si sono prodotte in epoca ampiamente precedente (nei cinque anni anteriori all’annualità di imposta 1989) l’udienza in cassazione (9.5.02) del procedimento conclusosi con la sentenza n. 17765/02. Per il che, in forza delle considerazioni che precedono, tale fatto non poteva essere, in alcun modo, preso in considerazione dal giudice di rinvio.

3. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso proposto dalla Pilkington Italia s.p.a., nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso delle spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione;

rigetta il ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate;

dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze e compensa le relative spese;

condanna parte ricorrente al rimborso delle spese nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in Euro 7.200,00, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 5 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2011

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