Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8168 del 24/04/2020

Cassazione civile sez. lav., 24/04/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 24/04/2020), n.8168

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – rel. Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14510/2015 proposto da:

L.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX

SETTEMBRE, 98/G, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO TRILLO’, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI PALERMO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 269/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 19/03/2015 R.G.N. 650/2013.

Fatto

RILEVATO

1. la Corte di Appello di Palermo, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la sentenza del Tribunale di Palermo che aveva accolto l’opposizione proposta dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo avverso i decreti con i quali l’Avvocato L.F., avvocato di Ruolo della Azienda, aveva ingiunto il pagamento degli onorari professionali maturati in relazione alla difesa dell’Ente in giudizi che si erano conclusi con la vittoria dell’Ente stesso e con la dichiarazione di compensazione delle spese del giudizio;

2. la Corte territoriale, per quanto rileva nel presente giudizio, ha rigettato l’eccezione di nullità del ricorso in opposizione per difetto di procura al difensore costituito e, richiamati i principi affermati da questa Corte (Cass. n. 10454/2002, Cass. nn. 10454, 13963 del 2006 e n. 18454/2014) sulla differenza tra procura alle liti e contratto di patrocinio, ha rilevato che la procura era stata conferita in forma scritta dal Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria all’Avvocato G.N.;

3. nel merito, la Corte territoriale: ha ritenuto che la fattispecie dedotta in giudizio è regolata dall’art. 64 del CCNL Contratto Dell’area Della Dirigenza Sanitaria, Professionale, Tecnica Ed Amministrativa Del Comparto Sanità del 5.12.1996 (Normativo 1994/1997 Economico 1994/1995), che prevede che le risorse finanziarie derivanti dalla condanna alle spese della parte soccombente sono le uniche destinate ad incentivare le prestazioni dei dirigenti Avvocati; ha rilevato che l’art. 61 del medesimo CCNL ha ad oggetto la disciplina del finanziamento della retribuzione di risultato e che l’art. 62 si limita a indicare la “ratio” della retribuzione di risultato e non contiene alcun elemento idoneo a supportare la pretesa di pagamento del premio per la prestazione individuale; ha osservato che la Delib. Amministrazione n. 63 del 2000, che aveva riconosciuto la spettanza di ulteriori compensi in caso di definizione dei giudizi conclusi con compensazione delle spese del giudizio, era illegittima perchè, in contrasto con il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, aveva introdotto compensi non previsti dalla contrattazione collettiva; ha affermato l’infondatezza dell’assunto secondo cui tale Delib., aveva recepito un accordo collettivo stipulato in sede decentrata e tanto sul rilievo che la contrattazione collettiva decentrata non può attribuire compensi, quale quello dedotto in giudizio, non previsti da quella nazionale; ha ritenuto che l’art. 5 del CCNL si limita a riservare alla contrattazione decentrata soltanto la determinazione dei criteri generali sulle modalità di attribuzione al Dirigente della retribuzione collegata al risultato; ha ritenuto che dalla nota n. 4257 del 1999 non emergeva alcun elemento idoneo a dimostrare l’esistenza di un accordo negoziale collettivo a livello decentrato; ha rilevato che non risultava depositato l’accordo transattivo (indicato al n. 3 dell’indice) richiamato dalla opposta e che dalle parti del documento trascritte nell’atto di appello non emergeva che la dedotta transazione afferisse alle annualità oggetto del giudizio, e ha aggiunto che alla Delib. n. 63 del 2000, non poteva attribuirsi alcun rilievo probatorio in quanto nulla;

4. avverso questa sentenza L.F. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, articolati in più profili di censura, illustrati da successiva memoria; L’Azienda Sanitaria Provinciale – A.S.P. di Palermo è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

sintesi dei motivi.

la ricorrente denuncia:

1. con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 20 e art. 27, all. II B e art. 1418 c.c. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (Delib. 28 maggio 2009, n. 574 e Delib. 17 settembre 2010, n. 678); imputa alla Corte territoriale di non avere valutato adeguatamente la peculiarità e la specificità che caratterizzava il conferimento dell’incarico all’Avvocato G. (che aveva proposto le opposizioni avverso i decreti ingiuntivi azionati dagli odierni ricorrenti), desumibile dalle delibere del Direttore Generale n. 574 del 28.5.2009 e n. 678 del 17.9.2010; deduce che all’Avvocato G. era stata affidata la gestione legale di tutta la complessa controversia avente ad oggetto il contenzioso con gli Avvocati Dirigenti e non la singola opposizione a decreto ingiuntivo.

2. con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 2248 del 1965, artt. 4 e 5 (“recte” 1865); imputa alla Corte territoriale di avere disapplicato il provvedimento che aveva riconosciuto ai Dirigenti Avvocati il diritto alla corresponsione, quale premio di produttività, della metà delle competenze e onorari ai minimi tariffari nei giudizi favorevoli all’Amministrazione nei casi di disposta compensazione delle spese del giudizio;

3. con il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi e degli artt. 5, 61, 62 e 64 del CCNL personale non medico con qualifica dirigenziale quadriennio normativo 1994-1997 ed economico 1994-1995 e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (Delib. n. 63 del 2000, commi 6 e 7); sostiene che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, non vigeva alla data di adozione della Delib. n. 63 del 2000; assume che la disciplina dei compensi spettanti ai dirigenti Avvocati è contenuta non solo nell’art. 64 del CCNL ma anche nell’art. 61, comma 2 punto b); deduce che la Delib. n. 63 del 2000, era stata adottata all’esito della informativa data alle OSS le quali non avevano formulato alcuna osservazione;

4. con il quarto motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. “113 e 144 c.p.p., art. 169 c.p.c. – artt. 74 e 77 disp. att. c.p.c. – violazione e falsa applicazione di norme di diritto: art. 111 Cost., comma 7 e art. 132 c.p.c.” e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (transazione del 29.1.04); addebita alla Corte territoriale di non avere tenuto conto dell’accordo transattivo del 19.1.2004 ai fini della interpretazione delle norme collettive; deduce di avere depositato in sede di appello i fascicoli dei giudizi di primo grado e anche l’accordo transattivo e imputa alla Corte territoriale di non avere ordinato, in applicazione delle disposizioni contenute negli artt. 113 e 114 c.p.p. (disposizione che assume applicabili analogicamente al processo civile), la consegna degli atti a chi le detiene, e di non avere tenuto conto di atti che risultavano depositati; asserisce che la transazione afferiva anche alle annualità dedotte in giudizio;

5. con il quinto motivo la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater e della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 18 e illegittimità costituzionale della disposizione di cui del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; asserisce che la disposizione non trova applicazione nei giudizi che sono iniziati prima del 31.1.2013 e che essa ove ritenuta applicabile a giudizi che costituiscono lo sviluppo di processi iniziati anteriormente sia in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., laddove non consente al giudice di valutare se sussistano ragioni effettive meritevoli di considerazione per la sua non applicazione;

esame dei motivi.

6. Il primo motivo è inammissibile perchè la ricorrente in violazione degli oneri di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, nella lettura datane da questa Corte (Cass. SSUU 8077/2012; Cass. 5696/2018, 24883/2017, 13713/2015, 19157/2012, 6937/2010), ha trascritto nel ricorso brani parziali e insufficienti a ricostruire l’intero contenuto della Delib. Direttore Generale 28 maggio 2009, n. 574 e Delib. Direttore Generale 17 settembre 2010, n. 678, atti che non deposita unitamente al ricorso per cassazione e di cui non fornisce indicazioni utili per il loro facile rinvenimento nel presente giudizio; l’omessa allegazione di tali atti non consente lo scrutinio della dedotta violazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 20 e art. 27, all. II b, denuncia che è fondata sulle delibere innanzi richiamate;

7. il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, da trattarsi congiuntamente per l’intima connessione che correla le diverse censure, sono infondati;

8. questa Corte (Cass. n. 6553 del 2019; nn. 12332 e 12333 del 2018), in fattispecie del tutto sovrapponibili a quella in esame, ha già affermato che, in tema di retribuzione di risultato, ai dirigenti avvocati e procuratori appartenenti al ruolo professionale non spetta il premio per la prestazione individuale di cui all’art. 61 del c.c.n.l. area dirigenza sanitaria 1996, atteso il chiaro tenore letterale del successivo art. 64, che riconosce loro, quale incentivo, il compenso di cui al R.D. n. 1578 del 1933, recuperato a seguito di condanna della parte avversa soccombente;

9. il Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati nelle sentenze sopra richiamate, condividendone le ragioni esposte, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., atteso che la ricorrente nel ricorso e nella memoria non apporta argomenti decisivi che impongano la rimeditazione dell’orientamento giurisprudenziale innanzi richiamato;

10. la censura (terzo motivo) che imputa alla Corte territoriale di avere omesso di esaminare il contenuto della Delib. n. 63 del 2000, che, nella prospettazione difensiva della ricorrente, costituirebbe prova dell’esistenza di un accordo negoziale in sede decentrata, oltre a scontare il difetto della sua allegazione (l’atto non è riprodotto nel ricorso, non è a questo allegato e soltanto nella memoria ne è specificata la sede di produzione, cfr. punto n. 6 di questa sentenza) è inammissibile perchè: a) senza la specifica denuncia della violazione dei criteri di ermeneutica negoziale, sollecita il riesame della portata di tale Delib., inammissibile in sede di legittimità (Cass. 14449/2017, 17716/2016, 7671/2016, 6748/2010); b) non si confronta con la corretta (Cass. 12332/2018, 12333/2018) affermazione della Corte territoriale secondo cui la indennità rivendicata era comunque estranea alla delega conferita dall’art. 5 del CCNL alla contrattazione collettiva decentrata;

11. il quarto motivo è infondato perchè la Corte territoriale, pur rilevando l’omessa produzione dell’atto di transazione, ne ha esaminato il contenuto (alla luce della sua parziale riproduzione nell’atto di appello) e, con ampia ed esaustiva motivazione, ne ha ricostruito la portata (evidenziando che all’atto di transazione erano rimaste estranee le pretese azionate nel giudizio) con accertamento che, in mancanza della specifica deduzione della violazione dei criteri di ermeneutica negoziale, non può essere oggetto di riesame in sede di legittimità (cfr. punto 10 lett. a) di questa sentenza);deve aggiungersi che le censure sono inammissibili laddove mirano a rimettere in discussione l’esistenza in atti dell’accordo transattivo in quanto il denunciato errore di fatto avrebbe dovuto formare oggetto d’impugnazione della sentenza per revocazione, ex art. 395 c.p.c., n. 4 e non ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (Cass. n. 4893/2016, 19921/2012, 10776/2006; Cass. 1427/2005);

12. il quinto motivo è inammissibile perchè la declaratoria della sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, in ragione dell’integrale rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, non ha natura di condanna, non riguardando l’oggetto del contendere tra le parti in causa, bensì la funzione di agevolare l’accertamento amministrativo; tale dichiarazione non preclude la contestazione nelle competenti sedi da parte dell’amministrazione ovvero del privato, ma non può formare oggetto di impugnazione (Cass. 29424/2019, 15166/2018);

13. conclusivamente, il ricorso va rigettato.

14. non v’è spazio per pronunzia sulle spese in quanto la parte intimata non ha svolto attività difensiva.

15. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2020

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