Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8168 del 22/03/2019

Cassazione civile sez. trib., 22/03/2019, (ud. 20/02/2019, dep. 22/03/2019), n.8168

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26493-2013 preposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

T.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CALABRIA 56,

presso lo studio dell’avvocato VINCENZO MARIA CESARO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 316/2012 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI,

depositata il 02/12/2012;

udita la relazione della causa svola nella camera di consiglio

20/02/2019 dal Consigliere Dott. FANTICINI GIOVANNI.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– la Bengas S.r.l. adiva la C.T.P. di Napoli per impugnare l’avviso di pagamento emesso dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli relativo all’accisa dovuta per l’effettiva destinazione ad uso di autotrazione di un quantitativo di G.P.L. destinato all’uso domestico; la pretesa tributaria scaturiva da un’operazione di verifica della Guardia di Finanza che, con processi verbali di constatazione del 3/3/1999 e del 14/6/1999 accertava che dall’opificio di imbombolamento della Samagas il prodotto era stato consegnato a soggetti/società “di comodo” (tra cui la Bengas) e in luoghi diversi da quelli indicati sui documenti della società, dove non esistevano strutture idonee allo stoccaggio e alla commercializzazione di G.P.L. per uso domestico;

– la C.T.P., accogliendo il ricorso, annullava l’avviso;

– l’appello dell’Agenzia delle Dogane – che lamentava l’erronea interpretazione della L. 11 marzo 1988, n. 67, art. 8, comma 36, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 212 del 2000, art. 7, e la carente motivazione della pronuncia – veniva rigettato dalla C.T.R. della Campania con la sentenza n. 316/39/12, depositata l’11 gennaio 2012; per quanto rileva in questa sede, il giudice d’appello osservava: “La motivazione della decisione dei primi giudici è condivisibile sotto il profilo giuridico, in quanto ha esaminato la materia oggetto del contendere ed argomentato in ordine ai motivi proposti nel ricorso presentato dal contribuente in tale grado di giudizio. Rileva questa Commissione che i motivi proposti dall’Ufficio nell’appello appaiono privi di pregio e non suscettibili di modificare la motivazione della decisione impugnata. Infatti, l’Ufficio non ha validamente argomentato in ordine alla decisione resa dai primi giudici la cui motivazione è condivisa da questa Commissione. Ritiene questa Commissione giudicante che il motivo d’appello eccepito dall’Ufficio (nullità della sentenza impugnata per omessa, insufficiente motivazione e manifesta contraddittorietà) non può essere accolto, avendo i primi giudici risposto esaurientemente alle doglianze del ricorrente sui motivi esposti nel ricorso introduttivo e la conclusione a cui sono pervenuti ha reso chiaro le ragioni a fondamento del dispositivo. In sostanza la decisione della CTP sotto tale profilo non merita alcuna censura. Anche gli altri motivi proposti nell’appello appaiono non suscettibili di modificare la sentenza impugnata…. la L. n. 67 del 1988, art. 8, comma 36, stabilisce che ai fini dell’applicazione dell’IVA nella misura ridotta del 9% “le cessioni effettuate dal 1 gennaio 1973 di gas petroliferi liquefatti contenuti in bombole da 10 e 15 chilogrammi sono considerate per uso domestico in qualunque fase della commercializzazione”. Giova ancora evidenziare che la società appellata, Samagas S.p.A., società che ha dato origine al presente contenzioso, svolgeva attività di vendita di gas liquido in bombole da 10 e 15 chilogrammi e, quindi, di gas ad uso domestico. Nel caso di specie, pertanto, la vendita del prodotto commercializzato non poteva che essere effettuata ad uso domestico. La presunzione a cui sono pervenuti i militari verbalizzante, per ritenere che la vendita effettuata ad altre società (fra le quali la Bengas Srl di cui il contribuente appellato era legale rappresentante) non riguardava gas ad uso domestico, ma ad uso autotrazione, non è stato per nulla provato…. si desume che l’aliquota del 9% sia applicabile a tutte le cessioni di gas contenute in bombole da 10 e 15 chilogrammi, senza che vi sia obbligo da parte della cedente di accertare, a valle, la sua effettiva utilizzazione. Quindi non può essere addebitato nè alla società venditrice, nè alla società acquirente che a sua volta cede le stesse bombole di gas di 10 15 chilogrammi ad altri soggetti che potrebbero aver utilizzato il gas ad uso diverso… Inoltre… l’avviso di pagamento… poggia la sua motivazione sulla sentenza n. 294 emessa dal Tribunale di Nola ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (patteggiamento). A tal proposito, l’Ufficio ritiene che la richiesta del patteggiamento da parte del contribuente implica il riconoscimento da parte dell’imputato del fatto reato. Tale assunto non può essere condiviso in assoluto in quanto la sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p., e quindi in assenza di dibattimento, non prova che il reato ascritto sia stato effettivamente commesso. E’ senza dubbio un elemento da tener conto, ma non vi è stata prova certa del reato eventualmente contestato. Vi è anche da aggiungere che nell’avviso di pagamento si fa riferimento ad accertamenti svolti nei confronti della Samagas ed altre società relativi all’illecita commercializzazione e circolazione del g.p.l.. Di tali avvisi di accertamento, però, non vi è traccia nel fascicolo processuale. In sostanza, l’Ufficio non ha provato quanto dedotto nell’avviso di pagamento impugnato.”;

– avverso tale decisione l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;

– resiste con controricorso la Bengas S.r.l.;

– entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Col primo motivo l’Agenzia lamenta violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) della L. n. 67 del 1988, art. 8, comma 36, D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, artt. 1,2,3,14,18,21,40, per avere la C.T.R. ritenuto che il beneficio della ridotta tassazione sia applicabile a tutte le cessioni di gas petroliferi liquefatti se confezionati in bombole da 10-15 kg. senza considerare che l’agevolazione fiscale è correlata alla destinazione ad uso domestico e non al confezionamento.

2. Il motivo è fondato.

La L. n. 67 del 1988, art. 8, comma 36, recita: “Le cessioni e importazioni effettuate dal 1 gennaio 1973 di gas petroliferi liquefatti contenuti in bombole da 10 e 15 chilogrammi sono considerate per uso domestico in qualunque fase della commercializzazione”.

Con la L. n. 202 del 1989, art. 1, comma 3, il legislatore ha fornito un’interpretazione autentica della succitata disposizione, stabilendo “che uso domestico in qualunque fase della commercializzazione si ha ogni qualvolta vi sia cessione ed importazione di gas petroliferi liquefatti destinati ad essere commercializzati in bombole da dieci e da quindici chilogrammi”.

Tuttavia, proprio in una fattispecie in cui un rivenditore di G.P.L. avvalendosi della possibilità riconosciutagli dalla L. n. 67 del 1988 di commercializzare ad IVA agevolata modeste quantità di prodotto e allo scopo di lucrare la differenza di imposta – aveva simulato la vendita di bombole da 10 o 15 kg. a numerosi soggetti risultati estranei al commercio del gas liquido, questa stessa Sezione ha espresso il seguente principio di diritto: “In materia tributaria, alla stregua dell’elaborazione giurisprudenziale comunitaria e nazionale, sussiste l’abuso del diritto quando le operazioni poste in essere, nonostante siano formalmente lecite e rispettose della legislazione nazionale e comunitaria, procurino alla parte un vantaggio fiscale contrario all’obiettivo perseguito dalle disposizioni di legge formalmente rispettate; in tal caso il giudice nazionale può prendere in considerazione il carattere totalmente o parzialmente elusivo delle operazioni per escludere l’opponibilità dei negozi giuridici all’Amministrazione finanziaria.” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 4503 del 25/02/2009, Rv. 606844-01).

Il precedente – al quale il Collegio intende dare continuità afferma, in altri termini, che una conformità al disposto normativo soltanto apparente non può determinare un vantaggio fiscale, la cui concessione sarebbe contraria alla ratio di quelle stesse disposizioni in presenza di elementi tali da dimostrare il coinvolgimento in una frode fiscale (e proprio la citata pronuncia individuava nel “gran numero dei soggetti risultati estranei al commercio del gas liquido” la circostanza da cui desumere “la orchestrazione – e quindi la consapevolezza – del (contribuente) nella frode perpetrata per lucrare la differenza d’imposta per importi rilevanti… su GPL destinato ad uso diverso da quello domestico indicato nei documenti societari”.

E’ dunque errata l’interpretazione della L. n. 67 del 1988, art. 8, comma 36, data dalla C.T.R. della Campania, che ha fondato il proprio giudizio sul mero dato normativo (sostenendo che “l’aliquota del 9% sia applicabile a tutte le cessioni di gas contenute in bombole da 10 e 15 chilogrammi, senza che vi sia obbligo da parte della cedente di accertare, a valle, la sua effettiva utilizzazione”), mentre avrebbe dovuto considerare gli elementi prospettati dall’Agenzia e volti a provare una compartecipazione della Bengas ad una frode fiscale sulla scorta del seguente principio di diritto:

“In base ai principi della giurisprudenza comunitaria e nazionale, le cessioni di gas petroliferi liquefatti contenuti in bombole da 10 e 15 chilogrammi sono considerate per uso domestico in qualunque fase della commercializzazione (ai sensi della L. n. 67 del 1988, art. 8, comma 36, come interpretato dalla L. n. 202 del 1989, art. 1, comma 3) sempre che tali operazioni, formalmente lecite e rispettose della legislazione, non costituiscano un abuso del diritto, in quanto realizzate allo scopo di procurare un vantaggio fiscale contrario all’obiettivo perseguito dalle disposizioni di legge apparentemente rispettate; in caso di abuso del diritto il giudice nazionale deve considerare il carattere elusivo delle operazioni e, conseguentemente, escludere l’opponibilità di detti negozi all’Amministrazione finanziaria.”.

3. Col secondo motivo si deduce violazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) degli artt. 444,445 e 654 c.p.p., artt. 2697,2699,2700,2727 e 2729 c.c. e art. 24 Cost., poichè la C.T.R. avrebbe escluso, nel processo tributario, il valore probatorio della sentenza di patteggiamento pronunciata nel procedimento penale a carico del legale rappresentante della Bengas (così erroneamente distribuendo l’onere probatorio fra le parti) e degli atti pubblici redatti dai militari della Guardia di Finanza.

4. Il motivo è fondato.

La C.T.R. ritiene che la sentenza di patteggiamento, in quanto emessa in assenza di dibattimento, non costituisca prova della commissione del reato contestato (nel caso, il legale rappresentante della Bengas era stato tratto a giudizio per associazione a delinquere finalizzata al contrabbando di G.P.L. e per plurimi reati-fine di rcontrabbando del medesimo gas).

Al contrario, questa Corte ha ripetutamente affermato che “La sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. (cd. “patteggiamento”) costituisce indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito, il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità ed il giudice penale vi abbia prestato fede. Detto riconoscimento, pertanto, pur non essendo oggetto di statuizione assistita dall’efficacia del giudicato, ben può essere utilizzato come prova dal giudice tributario nel giudizio di legittimità dell’accertamento.” (così, da ultimo, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 13034 del 24/05/2017, Rv. 644241-01, la quale, in applicazione del predetto principio, ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto ininfluente, ai fini della prova a carico del contribuente, la sentenza di patteggiamento emessa in sede penale nei suoi confronti per gli stessi fatti oggetto della pretesa tributaria).

Pertanto, la C.T.R. avrebbe dovuto considerare la sentenza del Tribunale di Noia non già quale elemento di per sè privo di idoneità a dimostrare la sussistenza dei reati ascritti, ma, piuttosto, come affermazione dotata di particolare efficacia probatoria in ordine alla pretesa erariale, la cui confutazione sarebbe spettata alla contribuente.

5. Per effetto dell’accoglimento del primo e del secondo motivo restano assorbite la terza (pretesa nullità della decisione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per violazione dell’art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, nn. 2 e 3, per avere la C.T.R. mancato di fornire alla propria decisione un’adeguata motivazione, fondata sulle risultanze probatorie acquisite) e la quarta (vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omessa considerazione di fatti decisivi per il giudizio, costituiti dalla documentazione e dalle prove introdotte dall’Agenzia) doglianza della ricorrente.

6. In conclusione, il ricorso è accolto e la sentenza cassata con rinvio alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione, per l’ulteriore esame e anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso;

dichiara assorbiti gli altri;

cassa la decisione impugnata con rinvio alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, il 20 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2019

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