Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8168 del 11/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/04/2011, (ud. 05/01/2011, dep. 11/04/2011), n.8168

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6075-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

B.A.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA

BASSANO DEL GRAPPA 24 presso lo studio dell’avvocato COSTA MICHELE,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COLAIANNI

FRANCESCO, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 92/2007 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 22/01/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/01/2011 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;

udito per il resistente l’Avvocato COLAIANNI FRANCESCO, che ha

chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per il rigetto.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di B.A.G. (che resiste con controricorso successivamente illustrato da memoria) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di provvedimenti di diniego di definizione di lite pendente, la C.T.R. Lombardia riformava la sentenza di primo grado che aveva respinto i ricorsi introduttivi. In particolare, premesso che il B. aveva presentato istanza di definizione di lite pendente ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16 in relazione ad accertamento di maggior reddito di partecipazione a società di persone relativo agli anni 1991-1992 e che per gli anni predetti la società aveva definito il reddito ai fini Ilor con conciliazione, i giudici d’appello rilevavano che correttamente il B. aveva calcolato l’importo del 30% da versare per la definizione ex art. 16 citato assumendo come valore della lite l’imposta sul reddito di partecipazione calcolata sul reddito di impresa della società così come definito in sede di conciliazione.

2. Deve innanzitutto escludersi che nella specie sia ravvisabile una ipotesi di litisconsorzio necessario originario tra i soci e la società a base personale, posto che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità (alla quale il collegio intende dare continuità in assenza di valide ragioni per discostarsene), l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi della società di persone e di quelle dei singoli soci comporta la configurabilità di un litisconsorzio necessario esclusivamente nel caso in cui oggetto del giudizio sia il reddito sociale, il cui accertamento, sia sull'”an” che sul “quantum”, si riverbera anche sul reddito dei soci, e non anche nel caso in cui, come nella specie, il socio si limiti a contestare il rigetto dell’istanza di definizione agevolata, da lui avanzata ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16 atteso che in tal caso la questione proposta con il ricorso investe unicamente la posizione del socio, senza alcun coinvolgimento nè di quella società nè di quella degli altri soci, giuridicamente del tutto autonome rispetto all’oggetto della lite (v. in termini cass. n. 19620 del 2009).

Sempre in via preliminare occorre disattendere l’eccezione di giudicato esterno esposta dal controricorrente nella memoria illustrativa, in quanto, a norma dell’art. 2909 c.c., “l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, mentre il giudicato che si invoca nella specie si è formato nei confronti di altro soggetto, restando irrilevante che l’attuale controricorrente abbia partecipato al giudizio, posto che nei suoi confronti non c’è stata statuizione (o, meglio, si è affermato che l’appello doveva intendersi respinto) per essere state le sue ragioni accolte con altra decisione emessa in diverso giudizio.

Con un unico motivo, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, la ricorrente rileva che, a norma della disposizione citata, il valore della lite su cui calcolare l’importo da versare per la definizione va individuato nell’importo dell’imposta che ha formato oggetto di contestazione in primo grado, ossia l’imposta indicata nell’atto impositivo opposto col ricorso introduttivo, restando a tal fine irrilevante – in ipotesi in cui, come nella specie, si controverta di reddito di partecipazione a società di persone – l’eventuale conciliazione intervenuta tra la società e l’amministrazione – avente ad oggetto l’Ilor accertata in capo alla società. La censura è fondata.

In proposito, premesso che, secondo logica, ai fini della definizione agevolata di una lite, il valore della lite va determinato con riferimento alla lite da definire (ossia, nella specie, quella tra il socio e l’amministrazione), è sufficiente rilevare che la L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 3, lett. c) dispone che per valore della lite, da assumere a base di calcolo per la definizione agevolata, si intende l’importo dell’imposta che ha formato oggetto di contestazione in primo grado, e che tale norma non solo è chiarissima e non da adito a dubbi interpretativi, ma, come tutte quelle che disciplinano agevolazioni fiscali (e tra esse, indubbiamente, le diverse forme di definizione agevolata), va considerata di stretta interpretazione.

Peraltro, fermo restando che non risultano precedenti specifici con riguardo alla conciliazione, è da rilevare che (con riguardo alle ipotesi di dichiarazione integrativa o istanza di definizione della lite pendente) gran parte della giurisprudenza di questo giudice di legittimità (alla quale il collegio intende dare continuità in assenza di valide ragioni per discostarsene) ha ripetutamente avuto modo di evidenziare che i soci delle società di persone sono titolari di una soggettività tributaria autonoma rispetto a quella della società e le vicende del loro accertamento restano insensibili alle determinazioni che la società autonomamente assuma in relazione all’accertamento che la riguardi (v. in tal senso, tra le altre, cass. n. 17731 del 2006, n. 3620 del 2006 e n. 14392 del 2001, ma vedi invece, con riguardo ad accertamento con adesione da parte della società, tra le altre, cass. n. 26476 del 2008).

Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Attesa la mancanza di univoci precedenti in termini, si dispone la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 5 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2011

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