Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8163 del 02/04/2010

Cassazione civile sez. I, 02/04/2010, (ud. 15/01/2010, dep. 02/04/2010), n.8163

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.E., domiciliato in ROMA, presso la cancelleria della

Corte di Cassazione con l’avvocato MARRA Alfonso Luigi del Foro di

Napoli che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri in persona del Presidente in

carica con l’Avvocatura generale dello Stato via dei Portoghesi 12

Roma che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

Avverso il decreto della Corte d’Appello di Napoli dep. il

10.10.2006; n. 1018/06 R.G.A.D.;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

15.01.2010 dal Consigliere Dott. MACIOCE Luigi;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto depositato il 10/10/2006 la Corte di Appello di Napoli, esaminando la domanda di riconoscimento di equo indennizzo proposta da C.E. contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la irragionevole durata di un processo innanzi al TAR Campania introdotto il 3.7.1997 ed ancora pendente, ebbe a ritenere eccedente il ragionevole (pari ad anni tre) la durata di anni 6 ed a liquidare all’istante indennizzo per Euro 3.000,00. La Corte ha al proposito ritenuto che potesse deogarsi al parametro CEDU di Euro 1.000,00 ad anno, pervenendo a quello di Euro 500,00, in ragione del carattere collettivo della controversia, della esiguita’ della posta in gioco e della assenza di alcuna istanza di prelievo, condannando pertanto l’Amministrazione al pagamento della somma di Euro 3.000,00 con interessi ed alla refusione, in favore del difensore antistatario, delle spese determinate, secondo la voce di cui ai punti 50 lett. C) e 75 della tariffa forense, in Euro 271,00 (dei quali Euro 70,00 per diritti ed Euro 150,00 per onorari).

Per la cassazione di tale decreto il C. ha proposto ricorso in data 12.11.2007, articolando quattordici motivi, al quale l’intimata Presidenza ha opposto difese con controricorso del 12.12.2007.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene il Collegio che il ricorso debba essere accolto limitatamente alla censura afferente la adozione di un parametro indennitario irragionevolmente inferiore al minimo indicato dalla CEDU e che, rigettate le altre censure, cassato il decreto, ed assorbiti i motivi afferenti la liquidazione delle spese, il ricorso possa essere deciso nel merito.

Con il primo motivo di ricorso si censura la pronuncia per non avere dato applicazione all’art. 6 della Conv. di Strasburgo secondo l’interpretazione fornita dalla Corte Edu. Il motivo appare del tutto inconsistente e concluso da quesito assolutamente generico, esso limitandosi a delle astratte affermazioni di principio senza muovere alcuna censura concreta a punti o capi del decreto specificatamente individuati.

Con il secondo e terzo, motivo si deduce, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale, e sotto diversi profili, l’insufficiente liquidazione del ristoro per il danno non patrimoniale. I motivi sono anch’essi privi di pertinenza, posto che la Corte di merito ha avuto ben chiaro l’obbligo di attenersi, in linea generale, al parametro minimo indicato dalla CEDU in Euro 1.000,00 ad anno si’ che non si verte in ipotesi di implicita od inconsapevole sottrazione dall’osservanza di tale parametro, ma, come fatto palese dal fondato motivo afferente la motivazione alla base della concreta decisione, si verte in tema di adozione di un motivato parametro inferiore al minimo CEDU. Con il quarto, quinto e sesto motivo, si deduce sotto diversi profili il mancato riconoscimento di un bonus di Euro 2.000,00 in ragione della natura previdenziale della controversia.

Tali censure sono manifestamente infondate.

La Corte di Strasburgo ha,infatti, affermato il principio che il bonus in questione debba essere riconosciuto nel caso in cui la controversia riveste una certa importanza ed ha poi fatto un elenco esemplicativo, comprendente le cause di lavoro e quelle previdenziali. Tutto cio’ non significa che dette cause sono necessariamente di per se’ particolarmente importanti con una conseguente liquidazione automatica del bonus in questione, ma che, data la loro natura, e’ possibile che lo siano con una certa frequenza. Tale valutazione di importanza rientra nella ponderazione del giudice di merito che,come e’ noto, dispone di una certa discrezionalita’ nel variare l’importo di indennizzo per anno di ritardo e che in tale valutazione, qualora riconosca la causa di particolare incidenza sulla situazione della parte, puo’ arrivare a riconoscere il bonus in questione. Tutto cio’ non implica uno specifico obbligo di motivazione essendo elemento compreso nella valutazione che concerne la liquidazione del danno, per cui, se il giudice non si pronuncia sul bonus, implicitamente cio’ sta a significare che non ha ritenuto la controversia di tale rilevanza da riconoscerlo. E nella specie la motivazione e’ andata di totale contrario avviso, affermando la assoluta marginalita’ del contenzioso sottoposto.

Con il settimo motivo, si denunzia la incongruita’ di motivazione in ordine alle reali ragioni poste a base della decisione di liquidare Euro 500,00 ad anno, tra tali ragioni non potendosi annoverare quelle addotte afferenti la scarsa entita’ della posta in gioco. La censura coglie nel segno, posto che appare illogico, ed in conflitto con le indicazioni date dalla CEDU, quella per la quale si giustifichi la erogazione di un indennizzo assai modesto sulla base di dati inconferenti quali il carattere collettivo del ricorso o la tenuita’ del valore del petitum, e che, di converso, abbia ecceduto i limiti consentiti al giudice del merito nel derogare in pejus ai parametri CEDU (cfr: S.U. 1338/04) la decisione di attestare la liquidazione alla meta’ del parametro stesso, ben potendosi attestare la liquidazione ad una entita’ inferiore al minimo sempre che non si ecceda dalla ragionevolezza, da questa Corte stimata in Euro 750,00 ad anno per i primi tre anni di irragionevole durata ed in Euro 1.000,00 ad anno per la durata successiva (Cass. 16086 e 21840 del 2009).

Con i motivi dall’otto al quattordici si censura sotto diversi profili la liquidazione delle spese, e tra tali doglianze si notano quelle afferenti la necessita’ che si debbano liquidare le spese del giudizio in materia di equa riparazione in base alle tariffe dei procedimenti ordinari contenziosi (Cass. 25352/08). Tutti gli appena richiamati motivi sono assorbiti nell’accoglimento del settimo mezzo e della correlata efficacia rescidente della pronunzia.

Non residuando margini di accertamento di fatti (del tutto pacifici) o di valutazione degli stessi, puo’ pertanto pronunziarsi nel merito ex art. 384 c.p.c. e pertanto, cassato il decreto in relazione al settimo motivo, rigettati gli altri ed assorbiti quelli afferenti le spese:

– liquidarsi per i 6 anni di durata irragionevole accertata, la somma di Euro 750,00 ad anno per i primi tre anni e di Euro 1.000,00 ad anno per i tre residui (totale Euro 5.250,00), con gli interessi legali dalla domanda al saldo (alla stregua del piu’ recente, e sopra richiamato, orientamento di questa Sezione);

– procedersi alla corretta determinazione delle spese del giudizio per il merito, alla stregua delle tabelle per i procedimenti contenziosi innanzi alla Corte di Appello (a tanto provvedendosi in dispositivo);

– compensarsi per 1/2 le spese del giudizio di legittimita’, stante la parziale infondatezza del ricorso e liquidarsi le spese relative per i restanti 1/2 in favore del ricorrente;

– disporsi per entrambe le liquidazioni, e con gli importi incrementati delle spese generali e degli accessori di legge, la distrazione in favore del procuratore antistatario.

P.Q.M.

accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; condanna il Presidente del Consiglio dei Ministri al pagamento, in favore del ricorrente della somma di Euro 5.250,00 con interessi legali dalla domanda al saldo, nonche’, in favore del procuratore antistatario, avv. Alfonso Luigi Marra, delle spese di giudizio che: determina in Euro 1.140,00 (di cui 50,00 per esborsi, 490,00 per diritti e 600,00 per onorari) per il giudizio di merito, oltre spese generali ed accessori di legge;

compensa per 1/2 per il giudizio di legittimita’, ponendo a carico della Presidenza i residui 1/2, e pertanto determina per l’intero in Euro 965,00 (di cui 100,00 per esborsi) oltre spese generali ed accessori di legge; dispone distarsi in favore dell’avv. MARRA entrambe le liquidazioni.

Cosi’ deciso in Roma, il 15 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2010

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