Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 816 del 15/01/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 816 Anno 2013
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: AMOROSO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 3813-2009 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
80078750587, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA
BREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,
rappresentato
2012
3880

e

difeso

dagli

avvocati

RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PUZZI CLEMENTINA, giusta
delega in atti;
– ricorrente contro

SANTULLI GUGLIELMO SNIGLL46C22G2370,

elettivamente

Data pubblicazione: 15/01/2013

domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo
studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1545/2008 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/11/2012 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
AMOROSO;
udito l’Avvocato CAPANNOLO EMANUELA per delega RICCIO
ALESSANDRO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

di L’AQUILA, depositata il 07/11/2008 R.G.N. 18/08;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Esperita inutilmente la via amministrativa, SANTULLI Guglielmo, con
ricorso depositato il 20.2.2007, chiedeva al Tribunale di Lanciano il riconoscimento
del suo diritto al ripristino dell’assegno ordinario di invalidità, non confermato
dall’Istituto.
L’I.N.P.S. si costituiva chiedendo il rigetto del ricorso, facendo rilevare che le
indagini medico-legali svolte in sede amministrativa avevano escluso la sussistenza

Espletata consulenza medico-legale, il Tribunale, con sentenza n. 502/07
dell’8/12.11.2007, dichiarava il diritto del Santulli all’assegno ordinario di invalidità a
conferma della prestazione già in godimento non confermata dall’I.N.P.S.
condannando l’Istituto al pagamento della prestazione.
2. L’I.N.P.S. proponeva appello avverso detta sentenza deducendo l’erroneità
della valutazione medico-legale compiuta dal C.T.U. e, quindi, della decisione che su
quella valutazione si fondava.
Si costituiva in giudizio l’appellato chiedendo il rigetto dell’ impugnazione.
3. Con sentenza n. 1545/08, l’adita Corte di Appello di L’Aquila respingeva
l’appello ritenendolo inammissibile.
La Corte di appello di L’Aquila ha ritenuto inammissibile l’appello
dell’I.N.P.S. perché fondato su motivazioni generiche, rivolte alla valutazione
globale, senza precisare i parametri, ed esporre i dati per una specifica ed analitica
determinazione alternativa. Secondo la Corte territoriale le considerazioni esposte
nell’atto d’appello non consentivano un giudizio sulla correttezza della impugnata
sentenza, essendo contestate le conclusioni, e non il processo tecnico e logico che a
tali conclusioni ha condotto. E quindi si sollecitava un inammissibile nuovo giudizio
sostitutivo, anziché la revisione del giudizio impugnato. Non era quindi necessario, e
neppure utile, un ulteriore approfondimento peritale, e la impugnata sentenza doveva
essere confermata.
4. Avverso la predetta sentenza della Corte di Appello di L’Aquila l’I.N.P.S.
propone ricorso per cassazione.

a)(0-__kt3Ag.c.e,
e.144.
Resiste con controricors&la parte intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso l’Istituto ricorrente denuncia la violazione o

falsa applicazione degli artt. 342, 434 e 442 cod. proc. civ. nonché dell’ art. 1 della
legge n. 222/84 in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c., contestando essenzialmente
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ud. 20 novembre 2012

dei requisiti dell’invalidità pensionabile.

la valutazione di inammissibilità dell’appello.

Infatti – sostiene l’I.N.P.S. – nel

ricorso in appello erano specificamente indicato i profili di valutazione della C.T.U.
oggetto di censura, i vizi della decisione impugnata e le ragioni dell’impugnazione.
2. 11 ricorso è fondato.
3. Questa Corte (Cass., sez. lav., 6 novembre 2003, n. 16684) ha già
affermato – e qui ribadisce – che l’indicazione dei motivi di appello richiesta dall’art.
342 c.p.c. e, nel rito del lavoro, dall’art. 434 c.p.c., non deve necessariamente
consistere in una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a

sostegno dell’appello, richiedendosi invece soltanto una esposizione chiara ed
univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame – che
può validamente consistere anche nella mera richiesta di riforma della sentenza
impugnata e di accoglimento della domanda iniziale – sia delle ragioni della
doglianza, che, in caso di censura rivolta alla valutazione della consulenza tecnica
d’ufficio, non deve necessariamente concretizzarsi nell’allegazione della relazione
del consulente di parte, adempimento non richiesto né previsto da alcuna
disposizione in tema di impugnazioni.
In adesione a tale orientamento va ribadito che la specificità dei motivi
dell’appello richiesta dagli artt. 342 e 434 c.p.e. riscontrabile direttamente anche dal
giudice di legittimità, il quale può a tal fine interpretare autonomamente l’atto
d’appello vertendosi in tema di “error in procedendo” – impone all’appellante di
individuare con chiarezza le statuizioni investite dal gravame e le censure in concreto
mosse alla motivazione della sentenza impugnata, in modo che sia possibile
desumere quali siano le argomentazioni fatte valere da chi ha proposto
l’impugnazione in contrapposizione a quelle evincibili dalla sentenza impugnata.
E’ dunque necessario e sufficiente che siano esplicitate e spiegate le ragioni
dell’impugnazione al fine di consentire al giudice del gravame di identificare i punti
della sentenza impugnata da esaminare, e quindi di vagliare e valutare la fondatezza
delle ragioni in fatto e in diritto per le quali l’appello è stato proposto.
4. Nella specie l’atto di appello proposto dall’INPS (depositato il 10 aprile
2000) risponde adeguatamente ai criteri ed ai requisiti, ora descritti, attinenti alla
ammissibilità dell’impugnazione.
In esso infatti si individua l’oggetto dell’impugnazione mediante precisa
indicazione del vizio della decisione impugnata consistente nell’avere riconosciuto il
diritto all’assegno ordinario di invalidità sulla base di una errata valutazione del
C.T.U.. Si specificano quindi le ragioni dell’impugnazione, che si individuano
Z

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ud. 20 novembre 2012

nell’avere il consulente disatteso gli accertamenti sanitari eseguiti durante la fase
amministrativa contraddicendo le obiettive risultanze ivi emerse, e nell’avere, nel
complesso, il medesimo C.T.U. ipervalutato il quadro clinico dell’assicurato e la
riduzione della capacità lavorativa. Ad avviso dell’appellante le patologie
diagnosticate non determinavano obiettivamente lo stato di invalidità indicato dal
consulente tecnico d’ufficio; e si chiedeva il rinnovo della C.T.U..
In tale situazione la decisione, della Corte d’appello de L’Aquila, di ravvisare

entrare nel merito delle censure mosse dall’Istituto con l’atto d’appello, appare in tutta
evidenza errata ed in palese violazione delle norme degli artt. 342 e 434 cod. proc.
civ., come sopra interpretate da questa Corte.

5. In conclusione, per quanto sin qui detto il ricorso dev’essere accolto e la
sentenza impugnata essere cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di
Perugia che procederà a nuovo esame uniformandosi ai principi di diritto sopra
enunciati e tenendo conto dei rilievi prima svolti, ed altresì provvederà sulle spese
del presente giudizio di legittimità.

PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso:, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per
le spese, alla Corte d’appello di Perugia.
Così deciso in Roma il 20 novembre 2012

li Consigliere estensore

Il Presidente

l’inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, omettendo quindi di

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