Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8154 del 23/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/03/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 23/03/2021), n.8154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8656-2019 proposto da:

T.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALDINIEVOLE,

11, presso lo studio dell’avvocato ESTER FERRARI MORANDI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MANUELA MASSA,

PATRIZIA CUCCI, CLEMENTINA PULLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3456/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCHESE

GABRIELLA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte di appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato inammissibile la domanda di T.B., di riconoscimento del requisito sanitario utile per le prestazioni di assistenza indicate in atti, per intervenuta decadenza D.L. n. 269 del 2003 ex art. 42;

a fondamento del decisum, la Corte territoriale ha osservato come l’INPS avesse correttamente inviato la comunicazione del verbale della commissione sanitaria secondo la disciplina di cui al D.M. 8 aprile 2001 (aggiornato con D.M. 1 ottobre 2008 per gli atti non processuali) che, in caso di deposito dell’atto presso l’Ufficio postale, non richiede l’invio di una “seconda” raccomandata, per avvisare il destinatario della giacenza del plico, ma solo il decorso del termine previsto per la natura dell’atto inviato;

nella fattispecie, l’avviso di deposito in giacenza del plico presso l’Ufficio postale era stato consegnato il 9.5.2012 mentre il ricorso giudiziale era stato depositato il 28.6.2013, dunque tardivamente;

avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione T.B., articolato in due motivi, cui ha opposto difese l’INPS, con controricorso;

la proposta del relatore è stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 445 bis c.p.c., come modificato dalla L. n. 183 del 2011, art. 27, per non avere la Corte di appello pronunciato l’inammissibilità del gravame, pur trattandosi di procedimento instaurato ai sensi della predetta disposizione processuale;

il motivo va respinto;

la pronuncia del Tribunale di Roma, impugnata dinanzi alla Corte di appello, non risulta essere stata emessa ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 7, a seguito cioè di ricorso introdotto a norma del comma 6 della medesima disposizione; dalla descrizione della vicenda processuale, dei cui esatti termini è onerata la parte che ricorre in cassazione anche per la denuncia di un vizio di attività processuale (v., per tutte, Cass. n. 23834 del 2019), si evince, infatti, che la domanda venne promossa con “ordinaria” azione di merito, cui ha fatto seguito – evidentemente – una pronuncia ai sensi dell’art. 429 c.p.c., giusta il rinvio operato dall’art. 442 c.p.c., comma 1;

ne consegue l’infondatezza dei rilievi, trovando anche applicazione il principio di questa Corte secondo cui il mezzo di impugnazione va individuato “a tutela dell’affidamento della parte e quindi in ossequio al principio dell’apparenza, con riferimento esclusivo a quanto previsto dalla legge per le decisioni emesse secondo il rito in concreto adottato in relazione alla qualificazione dell’azione (giusta od errata che sia) effettuata dal giudice” (ex plurimis, Cass. n.23390 del 2020);

con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione e la falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 6, così come inserito dalla L. n. 31 del 2008;

parte ricorrente assume la nullità del procedimento con cui l’INPS avrebbe comunicato il verbale della commissione sanitaria, in quanto al rilascio dell’avviso di deposito del plico presso l’Ufficio postale non avrebbe fatto seguito la spedizione di una “seconda” raccomandata ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 7;

anche il secondo motivo è infondato;

nella specie non è in contestazione che il verbale della commissione sanitario sia stato inviato e consegnato all’indirizzo della ricorrente;

si discute, piuttosto, in ordine alla necessità o meno di applicare il parametro normativo di cui alla L. n. 890 del 1992 che, in caso di infruttuoso accesso, per assenza del destinatario, prevede l’invio, a cura dell’agente postale, di una raccomandata informativa dell’avvenuta consegna, con deposito presso l’ufficio postale;

la comunicazione di cui si controverte è rilevante ai fini della disciplina del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 3 (convertito nella L. n. 326 del 2003) che, per quanto qui solo rileva, nel testo ratione temporis applicabile, stabilisce che “La domanda giudiziale è proposta, a pena di decadenza, avanti alla competente autorità giudiziaria entro e non oltre sei mesi dalla data di comunicazione all’interessato del provvedimento emanato in sede amministrativa”;

osserva il Collegio come si tratti dell’invio, quanto alla comunicazione da parte dell’INPS, di un atto della procedura amministrativa, per il quale, in assenza di diversa previsione normativa, trova applicazione la disciplina del regolamento sul servizio postale ordinario, delineata dal D.M. 9 aprile 2001 (aggiornato con D.M. 1 ottobre 2008) che, in caso di assenza del destinatario o di altre persona abilitata alla ricezione, non prevede altro adempimento, per l’ufficiale postale, se non quello di attestare la “consegna” dell’avviso di deposito del plico presso l’ufficio postale di distribuzione, per il periodo cd. di giacenza;

non opera, dunque, il procedimento evocato dalla parte ricorrente (id est: le disposizioni della L. n. 890 del 1982) che riguarda esclusivamente la notificazione di atti giudiziari, in materia civile, amministrativa e penale, eseguite dall’ufficiale giudiziario che si avvale del servizio postale;

da quanto precede, discende il rigetto complessivo del ricorso;

non si provvede sulle spese avendo la ricorrente reso la dichiarazione di esonero prevista dall’art. 152 disp. att. c.p.c. come emerge anche dalla sentenza di appello;

sussistono, invece, i presupposti processuali per il pagamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2021

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