Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8148 del 22/03/2019

Cassazione civile sez. trib., 22/03/2019, (ud. 27/11/2018, dep. 22/03/2019), n.8148

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angeli – Maria –

Dott. RANALDI Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2684-2012 proposto da:

ROMANA PROMOTION DI T. & CO. SNC, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA POMPEO MAGNO 94, presso lo studio

dell’avvocato MAURO LONGO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

UFFICIO DELLE ENTRATE DI ROMA (OMISSIS), AGENZIA DELLE ENTRATE,

EQUITALIA GERIT SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 443/2011 della COMM. TRIB. REG. del LAZIO,

depositata il 21/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/11/2018 dal Consigliere Dott. RANALDI ALESSANDRO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La S.n.c. Romana Promotion di T. & Co. ha proposto ricorso, affidato a cinque motivi, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio (in seguito: CTR) n. 443/38/11, emessa il 19.10.2011 e depositata il 21.11.2011, con la quale è stato accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate (Direzione Provinciale I di Roma) relativamente alla inapplicabilità nel caso di specie dell’istituto della continuazione di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, vertendosi in tema di cartella di pagamento derivante dal controllo automatizzato della dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 – bis, a seguito del quale era emerso l’omesso versamento delle imposte dovute (IRPEF, IRAP, IVA e addizionali) in base a quanto dichiarato dalla stessa società contribuente.

Resiste l’Agenzia delle Entrate mediante controricorso.

La società ricorrente ha depositato memoria con la quale ribadisce i motivi di censura ed insiste per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con i primi due motivi la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 82 c.p.c. e ss., del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 10 e 11 (art. 360 c.p.c., n. 3). Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5).

Deduce che erroneamente la CTR ha rigettato la specifica eccezione di nullità dell’appello per difetto di ius postulandi in capo al soggetto che aveva sottoscritto l’atto medesimo, che non era il legale rappresentante dell’ufficio, ma il capo area legale dell’ufficio stesso, come tale privo di alcun potere di rilevanza esterna.

2. Si tratta di rilievi che possono essere trattati congiuntamente e che sono nfondati, non essendo necessaria alcuna specifica delega a favore del funzionario preposto, sulla scorta dell’insegnamento secondo cui, in tema di contenzioso tributario, la provenienza di un atto di appello dall’Ufficio periferico dell’Agenzia delle Entrate e la sua idoneità a rappresentarne la volontà si presumono anche ove non sia esibita in giudizio una corrispondente specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o, comunque l’usurpazione del potere di impugnare la sentenza (Sez. 6 – 5, Decreto n. 15470 del 26/07/2016, Rv. 640640). Del resto, in tema di contenzioso tributario, il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 10 e art. 11, comma 2, riconoscono la qualità di parte processuale e conferiscono la capacità di stare in giudizio all’ufficio locale dell’agenzia delle entrate nei cui confronti è proposto il ricorso, organicamente rappresentato dal direttore o da altra persona preposta al reparto competente, da intendersi con ciò stesso delegata in via generale, sicchè è validamente apposta la sottoscrizione dell’appello dell’ufficio finanziario da parte del preposto al reparto competente, anche ove non sia esibita in giudizio una corrispondente specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o, comunque, l’usurpazione del potere d’impugnare la sentenza (Sez. 5, Sentenza n. 6691 del 21/03/2014, Rv. 630527).

Nel caso non è stata eccepita la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante, nè l’usurpazione del potere d’impugnare la sentenza, limitandosi la ricorrente a contestare lo ius postulandi del funzionario per difetto di delega, come già visto non necessaria nel caso in disamina.

3. Con il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997 (art. 360 c.p.c., n. 3). Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5).

Deduce che la CTR ha confuso le condizioni per l’applicabilità delle sanzioni con il calcolo delle medesime, che nel caso di specie deve effettuarsi secondo il principio della continuazione di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12.

3.1. Si tratta di censura che presenta profili di inammissibilità, perchè a formulazione frammista, non rispondente ai parametri stabiliti nella sentenza delle Sezioni Unite n. 9100 del 06/05/2015, posto che il motivo, per come delineato, non consente di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati.

3.2. In ogni caso il motivo è infondato.

La vicenda processuale in disamina non attiene a violazioni formali commesse dalla società contribuente in sede di determinazione dell’imponibile o di liquidazione dell’imposta, ma riguarda il mancato pagamento di imposte regolarmente dichiarate, cui conseguono le sanzioni previste dal D.Lgs. cit., art. 13, per le quali non è previsto alcun cumulo giuridico ma una sanzione per ciascun mancato pagamento.

In proposito va qui ribadito il principio per cui le violazioni tributarie che si esauriscono nel tardivo od omesso versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione fiscale non sono soggette all’istituto della continuazione disciplinato dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 2, perchè questo concerne le violazioni potenzialmente incidenti sulla determinazione dell’imponibile o sulla liquidazione del tributo, mentre il ritardo o l’omissione del pagamento è una violazione che attiene all’imposta già liquidata, per la quale il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, dispone un trattamento sanzionatorio proporzionale ed autonomo per ciascun mancato pagamento (Sez. 5, Sentenza n. 1540 del 20/01/2017, Rv. 642457; in termini vedi anche Sez. 5, Sentenza n. 5897 del 08/03/2013, Rv. 625953).

Il contrario orientamento giurisprudenziale sul punto (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 21570 del 26/10/2016, Rv. 641490) è stato motivatamente e convincentemente disatteso, in quanto è stato osservato che l’art. 12 cit. trova espressa applicazione ai soli casi di violazione “che attiene alla determinazione dell’imponibile o alla liquidazione”; di contro, nel caso di omesso pagamento l’imposta è già liquidata, tant’è che l’art. 13 cit. disciplina un diverso criterio di determinazione della sanzione valido per “ciascun omesso versamento di imposta”, come tale incompatibile con il cumulo giuridico previsto dal D.Lgs. n. 472, art. 12.

4. Con il quarto motivo denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5).

Deduce che la sentenza impugnata osserva un assoluto silenzio su tutte le altre questioni che l’odierna ricorrente aveva sollevato nella richiesta di annullamento della cartella esattoriale.

4.1. La censura è inammissibile, in quanto non rispettosa del principio di autosufficienza, non avendo la ricorrente specificato il contenuto delle asserite ulteriori critiche mosse alla sentenza impugnata, nè indicato precisamente i fatti processuali alla base dei vizi denunciati, producendo la relativa documentazione o almeno trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 29093 del 13/11/2018, Rv. 651277).

5. Con il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, art. 92 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5).

Rileva che la sentenza impugnata avrebbe dovuto compensare le spese di lite, sulla base della particolare complessità e novità delle questioni trattate nonchè degli elementi istruttori acquisiti, che rendevano non temeraria la posizione dell’odierna ricorrente.

5.1. Il motivo rimane assorbito nelle considerazioni che precedono.

6. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese processuali, liquidate in Euro 7.500,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2019

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