Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8148 del 11/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/04/2011, (ud. 15/12/2010, dep. 11/04/2011), n.8148

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze Agenzia delle Entrate

rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, nei cui

uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, sono domiciliati;

– ricorrenti –

contro

D.M.M.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, n. 48/51/05, depositata in data 4 marzo 2005;

sentita la relazione della causa svolta alla pubblica udienza del 15

dicembre 2010 dal consigliere Dott. Pietro Campanile;

Udito l’Avv. Gen. dello Stato, Paola Maria Zerman, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

Udito il del Procuratore Generale della Repubblica, in persona del

Sostituto Dott. Immacolata Zeno, che ha concluso per l’accoglimento

del secondo profilo del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – La Commissione tributaria provinciale di Benevento, in parziale accoglimento dei ricorsi presentati da D.M.M., titolare di uno studio di architettura, con i quali si contestavano le rettifiche alle dichiarazioni annuali IVA per gli anni 1995 e 1996, affermava che ai fini dell’accertamento non fossero utilizzabili le risultanze bancarie, in quanto inerenti a operazioni di natura personale.

1.1 – La Commissione tributaria regionale della Campania, con la decisione indicata in epigrafe, pronunciando sugli appelli proposti, in via principale, dall’Agenzia delle Entrate e, in via incidentale, dal contribuente, rigettava il primo e accoglieva il secondo, dichiarando la nullità degli avvisi di rettifica, non essendo ad essi allegati i p.v.c. ai quali faceva riferimento per relationem.

1.2 – Per la cassazione di tale decisione propongono ricorso il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle Entrate, deducendo tre motivi.

L’intimato non svolge attività difensiva.

Diritto

2. – Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità, per difetto di legittimazione, del ricorso proposto dal Ministero dell’economìa e delle finanze, che non è stato parte del giudizio d’appello, instaurato dalla sola Agenzia delle entrate, nella sua articolazione periferica, dopo la data del 1 gennaio 2001, con implicita estromissione dell’ufficio periferico del Ministero (Cass., Sez. Un., n. 3166 del 2006). Non si provvede in merito alle spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.

2.1 – Con unico e complesso motivo l’Agenzia delle Entrate deduce la nullità della decisione appellata, ai sensi dell’art. 360, n. 4, per aver la commissione regionale, così violando il cd. giudicato interno, proceduto alla declaratoria di nullità degli avvisi, sebbene il capo della sentenza di primo grado relativo alla legittimità – in quanto adeguatamente motivati – degli avvisi di rettifica, non fosse stato impugnato. In via del tutto subordinata si denuncia la violazione della L. n. 212 del 2001, art. 7, in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, così come modificato dal D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 2, nel senso che non sussiste alcun obbligo di allegazione degli atti ai quali la motivazione faccia riferimento, quando gli stessi siano conosciuti, in quanto precedentemente notificatigli, dal contribuente.

2.2 – Il ricorso è fondato.

La decisione impugnata, dopo una lunga esposizione della vicenda processuale, richiamato il tenore della L. n. 212 del 2001, art. 7, rileva laconicamente che gli avvisi “risultano viziati da nullità insanabile”, in quanto redatti “per relationem con riferimento al pvc della Guardia di Finanza di Benevento dell’11/12/1998, senza che agli stessi quest’ultimo sia stato allegato”. L’amministrazione ricorrente rileva che la questione della validità della motivazione degli avvisi era stata positivamente risolta con la decisione di primo grado, in parte qua definitiva.

Consentendolo la natura processuale del vizio denunciato, rileva questa Suprema Corte che:

a) Nella decisione di primo grado, si afferma : “Vanno disattese le eccezioni mosse relativamente alla carenza di motivazione. E’ orientamento di questa commissione ritenere valido l’operato dell’Ufficio allorquando ci si riporta al p.v.c. debitamente notificato alla parte la quale è ampiamente e preventivamente edotta circa le presunte violazioni commesse tanto è vero che poi, costituendosi, impugna in modo analitico ogni singola violazione contestata”.

b) Tale affermazione non risulta – ovviamente – contestata nell’appello proposto dall’Ufficio.

c) Il contribuente, nelle proprie controdeduzioni davanti alla Commissione tributaria regionale ribadisce l’illegittimità, nel merito, della contestazione di cime s sa fatturazione di operazioni imponibili, sostenendo, in via incidentale, la detraibilità dell’imposta esclusa dai giudici di primo grado, ma non ripropone la questione della nullità degli avvisi di accertamento sotto il profilo considerato nella decisione scrutinata, salvo un generico, quanto inefficace riferimento a tutti i motivi di impugnazione già proposti. E’ stato già condivisibilmente affermato che lo scrutinio in appello delle eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado postula, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 56, una “specifica” riproposizione di esse, vale a dire un’espressa riformulazione, sia pure “per relationem”, che non è ravvisabile nel generico richiamo del complessivo contenuto di atti della precedente fase processuale (Cass., 27 marzo 2003, n. 4625).

2.3 – Tanto premesso, e rilevato che, a prescindere dal fatto che la questione della nullità dell’avviso di accertamento non è rilevabile d’ufficio in sede di appello (Cass., 5 maggio 2010, n. 10802), va constatato che la Commissione tributaria regionale ha palesemente violato la disposizione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, art. 56.

Tale norma, invero, prevede che “le questioni e le eccezioni non accolte nella sentenza della commissione provinciale, che non sono specificamente riproposte, s’intendono rinunciate”.

Trattasi di una specifica limitazione al cd. effetto devolutivo dell’appello, la cui violazione, come verificatosi nel caso di specie, comporta la fondatezza è primo profilo del motivo, essendo l’altro, attinente alla questione di merito illegittimamente esaminata, del tutto assorbito.

L’impugnata decisione, pertanto, deve essere cassata, con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania, che provvederà anche in merito alle spese processuali del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta – Tributaria, il 15 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2011

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