Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8146 del 23/04/2020

Cassazione civile sez. III, 23/04/2020, (ud. 20/02/2020, dep. 23/04/2020), n.8146

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24518-2017 proposto da:

V.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALADIER,

43, presso lo studio dell’avvocato EGIDIO LIZZA, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato RAFFAELE RAUSO;

– ricorrente –

contro

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARCHIMEDE

143, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO COLUMBA, rappresentato

e difeso dall’avvocato RENATO PISANI;

– controricorrente –

e contro

L.G.;

– intimati –

Nonchè da:

L.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALADIER,

43, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI ROMANO, rappresentato e

difeso dall’avvocato STEFANO COLLARILE;

– ricorrente incidentale –

contro

V.R., P.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 732/2017 del TRIBUNALE di BENEVENTO,

depositata il 13/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/02/2020 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza resa in data 13/4/2017, il Tribunale di Benevento ha dichiarato inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi proposta da P.G. avverso l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione ha provveduto all’assegnazione, in favore di L.G. (creditore procedente) del credito vantato da V.R. (debitore esecutato) nei confronti di P.G. (debitor debitoris);

con la medesima sentenza, il Tribunale di Benevento ha condannato il P. al rimborso, in favore di ciascuna delle controparti, delle spese del giudizio;

a fondamento della decisione assunta, il tribunale ha evidenziato come l’inammissibilità dell’opposizione proposta dal P. discendesse dall’avere quest’ultimo impugnato l’ordinanza del giudice dell’esecuzione oltre i termini perentori previsti per legge, e per avere altresì proposto detta opposizione con atto non depositato nella cancelleria del giudice dell’esecuzione competente;

avverso la sentenza del Tribunale di Benevento, V.R. propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione, cui ha fatto seguito il deposito di memoria;

L.G. resiste con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale sulla base di un unico motivo;

P.G. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo di impugnazione proposto, V.R. censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 111 Cost., degli artt. 91,92,112c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), del D.M. n. 55 del 2014 e del Regolamenton. 104/2012, per avere il giudice a quo liquidato il compenso dovuto per l’attività svolta in favore della parte vittoriosa al di sotto dei limiti previsti dal D.M. n. 55 del 2014, trascurando di liquidare dette spese con riferimento a ciascuna delle fasi processuali previste dal richiamato decreto, senza dettare alcuna motivazione a giustificazione della scelta degli importi liquidati, omettendo, infine, di assumere alcuna pronuncia in relazione alla domanda di distrazione delle spese di lite in favore del procuratore dichiaratosi antistatario, in violazione dell’art. 112 c.p.c.;

con l’unico motivo dell’impugnazione incidentale proposta, il L. censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 111 Cost., degli artt. 91,92,112c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), del D.M. n. 55 del 2014 e del Regolamenton. 104/2012, sulla base delle medesime argomentazioni critiche sostenute dal ricorrente principale;

i due ricorsi – congiuntamente esaminabili, in ragione della sostanziale sovrapponibilità delle questioni dedotte – sono fondati;

osserva il Collegio come il giudice a quo abbia liquidato le spese di lite in favore delle parti istanti in misura pari a complessivi Euro 1.150,00 oltre Euro 100,00 per spese, in relazione a una causa del valore ricompreso nello scaglione da Euro 52.001,00 a Euro 260.000,00, e pertanto al di sotto degli importi previsti nei parametri tariffari previsti dal D.M. n. 55 del 2014, senza esporre alcuna argomentazione a sostegno della scelta operata, omettendo altresì di provvedere alla distrazione delle spese di lite invocata da entrambe le parti odierne ricorrenti;

al riguardo, varrà considerare come, secondo l’orientamento fatto proprio dalla giurisprudenza di questa Corte (che il Collegio condivide integralmente e ribadisce in questa sede, al fine di assicurarne continuità), in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014, non sussistendo più il vincolo legale dell’inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 30286 del 15/12/2017, Rv. 647179 – 01);

sul punto, converrà osservare come il regolamento di cui al D.M. n. 55 del 2014, emanato in forza della L. n. 247 del 2012, art. 13, comma 6, in un assetto ordinamentale che già contemplava l’abrogazione delle tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico (D.L. n. 1 del 2012, art. 9 convertito, con modificazione, dalla L. n. 27 del 2012), disciplini i parametri dei compensi all’avvocato per la prestazione professionale resa in ambito giudiziale. Tali parametri, indicati dall’art. 4, comma 1 citato D.M., operano come fattori di concretizzazione della liquidazione del compenso professionale, che muove da valori medi (indicati nella tabelle allegata allo stesso D.M. n. 55 del 2014) su cui poter effettuare, poi, aumenti e diminuzioni secondo determinate percentuali (aumento fino all’80 per cento, diminuzione fino al 50 per cento; per la fase istruttoria, l’aumento è possibile fino al 100 per cento e la diminuzione fino al 70 per cento);

non sussistendo più il vincolo legale dell’inderogabilità dei minimi tariffari presente nel previgente sistema di liquidazione degli onorari professionali (L. n. 794 del 1942, art. 24; cfr. anche Cass. n. 18167/2015, sebbene in riferimento al precedente D.M. n. 140 del 2012), i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le stesse soglie numeriche di riferimento previste dal D.M. n. 55 del 2014, con i relativi aumenti e diminuzioni, costituiscono criteri di orientamento della liquidazione del compenso, individuando, al contempo, la misura economica standard (quella media) del valore della prestazione professionale. Sicchè, solo in caso di scostamento apprezzabile dai valori medi della tabella allegata al D.M. n. 55 del 2014 il giudice è tenuto a indicare i parametri che hanno guidato la liquidazione del compenso; scostamento che può anche superare i valori massimi o minimi determinati in forza delle percentuali di aumento o diminuzione, ma in quest’ultimo caso fermo restando il limite di cui all’art. 2233 c.c., comma 2, che preclude di liquidare, al netto degli esborsi, somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione (in tale prospettiva, cfr. Cass. n. 25804/2015, Cass. n. 24492/2016 e Cass. n. 20790/2017);

pertanto, avverso la liquidazione dei compensi potrà denunciarsi in sede di legittimità la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto resa in base a motivazione solo apparente o, comunque, in violazione del c.d. minimo costituzionale della motivazione (Cass., S.U., n. 805:3/2014, Cass. n. 20648/2015, Cass. n. 7402/2017) ovvero per error in iudicando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in ipotesi di violazione del limite di cui al citato art. 2233 c.c., comma 2;

ancora di recente, in tema di liquidazione delle spese processuali, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, questa Corte ha ribadito che il giudice può scendere anche al di sotto o salire pure al di sopra dei limiti risultanti dall’applicazione delle massime percentuali di scostamento, purchè ne dia apposita e specifica motivazione (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 11601 del 14/05/2018, Rv. 648532 – 01);

nel caso di specie, non avendo il giudice a quo provveduto a dettare alcuna apposita e specifica motivazione con riguardo alla scelta di liquidazione operata nel provvedimento impugnato al di sotto dei parametri tariffari, trascurando altresì di procedere alla distrazione delle spese di lite ritualmente invocata dagli istanti, dev’essere disposta, in accoglimento dei ricorsi proposti, la cassazione della sentenza impugnata, con il conseguente rinvio al Tribunale di Benevento, in persona di altro giudice, cui è altresì rimesso di provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie entrambi i ricorsi; cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Benevento, in persona di altro giudice, cui è altresì rimesso di provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2020

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