Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 814 del 16/01/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 814 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
sentenza con motivazione

sul ricorso proposto da:

semplificata

SERIO Rachele (SRE RHL 32M63 A105G), SERIO Giuseppe (SRE
GPP 25L15 A105Z), SERIO Italo (SRE TLI 34C25 A105Y), SERIO
Francesco (SRE FNC 37817 A105Q), in proprio e quali eredi
di Filomena Imparato, FORTUNATO Luigi (FRT LGU 43T28
E975C), FORTUNATO Rosa (FRT RSO 38P70 G975E), in proprio e
quali eredi di Renata Maiorana, LAMENZA Maddalena (LMN MDL
36C47 G508N), LAMENZA Liana (LMN LNI 40P70 G508D), in
proprio e quali eredi di Ada Versaci, IMPARATO Domenico
(ffiER DNC 36M18 A105A), IMPARATO Giovanni (MPR GNN 38E15
A1058), quali eredi di Giuseppe Imparato, IMPARATO Teresa
(ffiER TRS 30H68 A105S), quale erede di Rita Orsola Candia,
FORTUNATO Rosina (FRT RSN 25C41 G975W), FORTUNATO

p1-2_4 1 13
(

(

Data pubblicazione: 16/01/2014

Antonietta (FRT NNT 26S45 G975B), FORTUNATO Antonio (FRT
NTN 28C17 G975B), FORTUNATO Tullio (FRT TLL 32D07 G975C),
FORTUNATO Eugenia (FRT GNE 37P43 G975T), FORTUNATO Giuliana
(FRT GLN 39S41 I422T), FORTUNATO Agostino (FRT GTN 30A27

difesi, per procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avvocato Agostino Fortunato, in giudizio anche in
proprio, elettivamente domiciliati in Roma, via F. Coletti
n. 39, sc. C, int. 8, presso lo studio dell’Avvocato
Giuseppe Fortunato;
– Ricorrenti contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro
tempore,

pro

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale

dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
– resistente avverso il decreto della Corte d’appello di Salerno
depositato in data 12 aprile 2012.
Udita

la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 5 novembre 2013 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Luigi Salvato, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso per quanto di ragione.

G975V), quali eredi di Iolanda Versaci, rappresentati e

Ritenuto che, con ricorso depositato in data 13 maggio
2011 presso la Corte d’appello di Salerno, SERIO Rachele,
SERIO Giuseppe, SERIO Italo, SERIO Francesco, in proprio e
quali eredi di Filomena Imparato, FORTUNATO Luigi,

~orana, LAMENZA Maddalena, LAMENZA Liana, in proprio e
quali eredi di Ada Versaci, IMPARATO Domenico, IMPARATO
Giovanni, IMPARATO Teresa, FORTUNATO Rosina, FORTUNATO
Antonietta, FORTUNATO Antonio, FORTUNATO Tullio, FORTUNATO
Eugenia, FORTUNATO Giuliana, FORTUNATO Agostino, in proprio
e quali eredi di Iolanda Versaci, chiedevano la condanna
del Ministero della giustizia al pagamento del danno non
patrimoniale derivato dalla irragionevole durata di diversi
giudizi, iniziati con distinti atti di citazione notificati
nei primi mesi del 1989 dai loro danti causa e da alcuni di
essi in proprio, conclusisi con sentenza della Corte
d’appello di Catanzaro depositata il 21 gennaio 2010;
che l’adita Corte d’appello, stimata la durata
ragionevole del giudizio presupposto in cinque anni,
accertava la violazione della durata ragionevole e
determinava l’indennizzo spettante ai ricorrenti, previa
valutazione dei segmenti processuali in cui i medesimi
avevano agito

iure successionis

e quelli in cui avevano

agito in proprio, procedendo alla liquidazione della somma
di euro 10.749,99 ciascuno in favore di IMPARATO Domenico,

3

FORTUNATO Rosa, in proprio e quali eredi di Renata

IMPARATO Giovanni, IMPARATO Teresa; della somma di euro
9.249,99 ciascuno in favore di SERIO Rachele, SERIO
Giuseppe, SERIO Italo, SERIO Francesco; della somma di euro
4.166,66 ciascuno in favore di FORTUNATO Luigi e di

favore di LAMENZA Maddalena e di LAMENZA Diana; della somma
di euro 13.500,00 ciascuno in favore di FORTUNATO Rosina,
FORTUNATO Antonietta, FORTUNATO Antonio, FORTUNATO Tullio,
FORTUNATO Eugenia, FORTUNATO Giuliana, FORTUNATO Agostino;
compensava le spese di lite;
che per la cassazione di questo decreto Serio Rachele,
Serio Giuseppe, Serio Italo e Serio Francesco, in proprio e
quali eredi di Imparato Filomena, Fortunato Luigi,
Fortunato Rosa, quali eredi di Maiorana Renata, Lamenza
Maddalena
Imparato
Imparato

e Lamenza
Domenico
Giuseppe,

Liana, quali eredi di Versaci Ada,

e Imparato Giovanni,
Imparato Teresa,

quali eredi di
Fortunato Resina,

Fortunato Antonietta, Fortunato Antonio, Fortunato Tullio,
Fortunato Eugenia, Fortunato Giuliana e Fortunato Agostino
hanno proposto ricorso sulla base di tre motivi;
che l’intimato Ministero non ha resistito con
controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai
fini della partecipazione alla discussione della causa.

FORTUNATO Rosa; della somma di euro 12.666,66 ciascuno in

Considerato

che il Collegio ha deliberato l’adozione

della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti

denunciano violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e vizio
di motivazione, rilevando che la Corte d’appello pur
affermando di liquidare il danno con riferimento agli anni
di ritardo, aveva poi omesso di computare i quattro anni e
due mesi del giudizio di appello, sottraendo così a
ciascuno la somma di euro 3.977,01, così come aveva
erroneamente omesso di computare i sei mesi intercorsi tra
la deliberazione della sentenza (30 dicembre 2012) e la sua
pubblicazione (20 giugno 2003);
che il motivo è in parte inammissibile e in parte
fondato;
che il motivo è inammissibile quanto alla denunciata
mancata inclusione del periodo di sei mesi intercorso tra
la deliberazione della sentenza e il suo deposito, atteso
che la Corte d’appello, riferendosi al contenuto della
relazione del Tribunale di Paola, ha affermato che la
sentenza di primo grado era stata depositata il 30 dicembre
2002, sicché la deduzione dei ricorrenti, secondo cui la
pubblicazione della sentenza sarebbe avvenuta nel giugno
2003 integra la prospettazione di un vizio revocatorio;

Imparato Teresa, Imparato Domenico e Imparato Giovanni

che è invece fondato il primo motivo, nella parte in
cui denuncia la erronea quantificazione degli anni di
ritardo in base ai quali determinare l’indennizzo;
che in effetti la Corte d’appello, premesso che

1.000,00 euro per anno di ritardo, da un lato ha affermato
che il giudizio di primo grado aveva avuto una durata
irragionevole di dieci anni e due mesi e il giudizio di
appello di quattro anni e sette mesi, e, dall’altro, ha
liquidato un indennizzo che, sulla base dell’indicato
criterio, corrisponde a un ritardo di dieci anni e nove
mesi e non già di quattordici anni e nove mesi, come
risulta dalle precise, e non contestate, indicazioni
contenute nello stesso decreto impugnato;
con il secondo motivo i ricorrenti denunciano
violazione dell’art. 300 cod. proc. civ., dell’art. 565
cod. civ. e dell’art. 6 della CEDU, nonché vizio di
motivazione omessa o insufficiente, dolendosi del fatto che
la Corte d’appello, in contrasto con le indicazioni della
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo,
abbia ritenuto rilevante ai fini della indennizzabilità
della eccessiva durata del giudizio presupposto, la
circostanza della mancata costituzione degli eredi in quel
giudizio a seguito del decesso del loro dante causa, atteso
JL

che la morte

dett>refee-sstl non determina automaticamente

6

intendeva liquidare l’indennizzo adottando il criterio di

l’interruzione del processo, che continua nei confronti dei
successori della parte deceduta tanto che la sentenza
pronunciata nel giudizio spiega effetto anche nei loro
confronti;

all’orientamento per cui «in tema di equa riparazione, ai
sensi della legge 24 marzo 2001 n. 89, qualora la parte
costituita sia deceduta anteriormente al decorso del
termine di ragionevole durata del processo presupposto,
l’erede ha diritto al riconoscimento dell’indennizzo “iure
proprio” dovuto al superamento del predetto termine,
soltanto a decorrere dalla sua costituzione in giudizio; ne
consegue che qualora l’erede agisca sia
che

iure proprio,

iure haereditatis

non può assumersi come riferimento

temporale di determinazione del danno l’intera durata del
procedimento, ma è necessario procedere ad una
ricostruzione analitica delle diverse frazioni temporali al
fine di valutarne separatamente la ragionevole durata,
senza, tuttavia, escludere la possibilità di un cumulo tra
il danno morale sofferto dal dante causa e quello
personalmente patito dagli eredi nel frattempo intervenuti
nel processo, non ravvisandosi incompatibilità tra il
pregiudizio patito

iure proprio

e quello che lo stesso

soggetto può far valere pro quota e iure successionis,

ove

che il motivo è infondato, aderendo il Collegio

già entrato a far parte del patrimonio del proprio dante
causa» (Cass. n. 21646 del 2011);
che è certo, quindi, che «qualora la parte costituita
in giudizio sia deceduta nel corso di un processo avente

riconoscimento dell’indennizzo

iure proprio soltanto per il

superamento della predetta durata verificatosi con
decorrenza dal momento in cui, con la costituzione in
giudizio, ha assunto a sua volta la qualità di parte; non
assume, infatti, alcun rilievo, a tal fine, la continuità
della sua posizione processuale rispetto a quella del dante
causa, prevista dall’art. 110 cod. proc. civ., in quanto il
sistema sanzionatorio delineato dalla CEDU e tradotto in
norme nazionali dalla

legge

n. 89 del 2001 non si fonda

sull’automatismo di una pena pecuniaria a carico dello
Stato, ma sulla somministrazione di sanzioni riparatorie a
beneficio di chi dal ritardo abbia ricevuto danni
patrimoniali o non patrimoniali, mediante indennizzi
modulabili in relazione al concreto patema subito, il quale
presuppone la conoscenza del processo e l’interesse alla
sua rapida conclusione» (Cass. n. 13083 del 2011; Cass. n.
23416 del 2009);
che il secondo motivo è quindi infondato;
che con il terzo motivo i ricorrenti deducono
violazione e/o erronea applicazione degli artt. 91 e 92

una durata irragionevole, l’erede ha diritto al

cod. proc. civ., nonché insufficiente e contraddittoria
motivazione in ordine alla compensazione integrale delle
spese di lite, disposta in considerazione della mancata
costituzione dell’amministrazione intimata;

ha motivato la compensazione facendo riferimento
all’atteggiamento non oppositivo tenuto dal Ministero e
alla natura necessaria del giudizio, ma tali ragioni non
sono idonee a giustificare una deroga al criterio della
soccombenza nei giudizi di equa riparazione, atteso che la
mancata opposizione da parte dell’Amministrazione che ha
dato causa all’azione non può giustificare detta
regolazione (Cass. n. 901 del 2012);
che conclusivamente, accolti il primo motivo, in parte,
e il terzo motivo del ricorso, il decreto impugnato deve
essere cassato;
che

tuttavia,

non essendo necessari ulteriori

accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ.,
procedendosi ad integrare l’importo già riconosciuto dalla
Corte d’appello, in favore di Imparato Teresa, Imparato
Domenico e Imparato Giovanni, di euro 3.977,01, sicché il
Ministero della giustizia deve essere condannato al
pagamento, in favore degli indicati ricorrenti, della

9

che il motivo è fondato, atteso che la Corte d’appello

complessiva somma di euro 14.727,00 ciascuno, oltre agli
interessi legali dalla data della domanda al soddisfo;
che, quanto alle spese del giudizio di merito, le
stesse vanno liquidate in complessivi euro 2.500, di cui

100,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli
accessori di legge;
che quanto alle spese del giudizio di legittimità, il
Collegio ritiene che, in considerazione dell’accoglimento
solo parziale del ricorso, le stesse possano essere
compensate per metà, liquidandole per intero nella misura
di euro 1.013,00, oltre ad euro 100,00 per esborsi e agli
accessori di legge;
che le spese, come liquidate, devono essere distratte
in favore dell’Avvocato Agostino Fortunato, per dichiarato
anticipo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie per quanto di ragione il primo motivo
di ricorso, rigetta il secondo e accoglie il terzo; cassa
il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e,
decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia
al pagamento, in favore di Imparato Teresa, Imparato
Domenico e Imparato Giovanni della complessiva somma di
euro 14.727,00, ciascuno, oltre agli interessi legali dalla
data della domanda al soddisfo; condanna inoltre il

euro 1.000,00 per diritti, euro 1.300,00 per onorari e euro

Ministero della giustizia al pagamento delle spese del
giudizio di merito, che liquida in complessivi euro 2.500,
di cui euro 1.000,00 per diritti, euro 1.300,00 per onorari
e euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli

del giudizio di legittimità, liquidate, per l’intero, nella
misura di euro 1.013,00, oltre ad euro 100,00 per esborsi e
agli accessori di legge, dichiarando compensata la restante
metà. Dispone la distrazione delle spese, come liquidate,
in favore dell’Avvocato Agostino Fortunato, antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione,
il 5 novembre 2013.

accessori di legge; nonché al pagamento di metà delle spese

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA