Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8139 del 23/04/2020

Cassazione civile sez. III, 23/04/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 23/04/2020), n.8139

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12236-2017 proposto da:

R.M.M., M.G., domiciliate ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentate e

difese dall’avvocato DOMENICO SOMMARIO;

– ricorrenti –

contro

PREFETTURA DI BOLOGNA, EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE SPA

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 2679/2016 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata

il 03/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/01/2020 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

R.M.M. e M.G. proposero ricorso dinanzi al Giudice di Pace di Bologna avverso cartella esattoriale emessa da Equitalia Centro SpA e relativa a verbale di accertamento elevato dai c.c. di Bologna, asseritamente non notificato.

Si costituì la Prefettura di Bologna mentre rimase contumace Equitalia.

Con sentenza 3426/13 l’adito Giudice di Pace, ritenuto non esserci prova della notifica del detto verbale, annullò l’impugnata cartella e condannò la Prefettura al pagamento, in favore delle ricorrenti, delle spese di lite, liquidate in Euro150,00.

Avverso detta sentenza R.M.M. e M.G. proposero appello principale, lamentando l’esigua liquidazione in loro favore delle spese; la Prefettura di Bologna propose gravame incidentale, sostenendo la regolare notifica del verbale di accertamento.

Con sentenza 14-10-2016, depositata il 3-11-2016, il Tribunale di Bologna, in accoglimento dell’appello incidentale, ha ritenuto regolarmente notificato il verbale di accertamento e, di conseguenza (non essendo stata proposta allo stesso opposizione entro 60 gg.) valida la impugnata cartella esattoriale; con condanna dell’appellante principale al pagamento delle spese del grado, liquidate in Euro 2.767,00; in particolare il Tribunale ha evidenziato: che dal “report” di Poste Italiane, depositato dalla Prefettura come allegato alla memoria di costituzione in primo grado, risultava che il verbale era giunto a destinazione in data 23-6-2009; che l’avviso di ricevimento, depositato nel corso del giudizio di primo grado, espressamente riferito al verbale di accertamento in questione, era correttamente indirizzato a R.M.M.; che dal detto avviso di ricevimento si evinceva il mancato ritiro della busta sigillata presso la casa comunale nel termine di dieci giorni.

Avverso detta sentenza R.M.M. e M.G. propongono ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi ed illustrato anche da successiva memoria.

La Prefettura di Bologna ed Equitalia Servizi di Riscossione SpA non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti, denunziando – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – nullità del procedimento e della sentenza di appello per mancata pronunzia della decisione e mancata lettura del dispositivo in udienza, nonchè violazione degli artt. 429 c.p.c. e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, comma 1, si dolgono che il Tribunale abbia deciso la causa con il rito ordinario anzichè con il rito del lavoro (previsto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, comma 1 e art. 10), e quindi assegnando termini per comparse conclusionali e repliche, senza procedere alla lettura del dispositivo in udienza ed al successivo deposito in cancelleria della motivazione.

Con il secondo motivo i ricorrenti, denunziando – ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – nullità della sentenza nonchè violazione degli artt. 325,343,416 c.p.c., art. 436 c.p.c., comma 3, artt. 348 c.p.c. e ss. e art. 2697 c.c., si dolgono che il Tribunale non abbia rilevato l’improcedibilità, e comunque la tardività, del gravame incidentale; al riguardo evidenziano che quest’ultimo non era stato notificato, come invece previsto dall’art. 436 c.p.c., comma 3, e che comunque era stato proposto oltre il termine di decadenza di cui all’art. 325 c.p.c..

Con il terzo motivo i ricorrenti, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – nullità della sentenza e violazione degli artt. 115,116,149 c.p.c., art. 2697 c.c., art. 111 Cost., L. n. 890 del 1982, art. 3 si dolgono che il Tribunale, senza alcuna prova, abbia ritenuto ritualmente notificati i verbali di accertamento; al riguardo, in particolare, evidenzia che il menzionato “report” non era sufficiente a provare la notifica di un atto, e che non erano state prodotte in originale le relate di notifica e gli avvisi di ricevimento del verbale di accertamento (nello specifico era presente solo in appello una fotocopia dell’avviso di ricevimento alla R.M. (e non all’altra ricorrente), peraltro a civico sbagliato (la R.M. era residente in (OMISSIS) e non in (OMISSIS), ove era stato indirizzato l’avviso).

Con il quarto motivo i ricorrenti, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – nullità della sentenza e violazione dell’art. 111 Cost., D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7 e art. 345 c.p.c., si dolgono che il Tribunale abbia fondato la sua decisione su fotocopia (scarsamente leggibile) di cartoline tardivamente prodotte solo in appello e disconosciute in prima udienza in quanto appunto semplici fotocopie non attestate conformi agli originali.

Con il quinto motivo i ricorrenti, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 91 c.p.c. e ss., D.M. n. 140 del 2012, D.M. n. 55 del 2014, artt. 2 e 4 si dolgono, in primo luogo, che il Tribunale, senza alcuna motivazione e senza in particolare indicare i parametri di riferimento, li abbia condannati al pagamento di Euro 2.767,00 a titolo di spese di lite, in misura eccedente il valore della causa e la stessa nota spese dell’appellante principale; in secondo luogo che il Tribunale non si sia per nulla pronunciato sul motivo di gravame concernente l’incongruità della liquidazione delle spese operata dal Giudice di Pace.

Il primo motivo è inammissibile.

La doglianza si fonda sulla teorica applicabilità, nella controversia in questione, del c.d. rito del lavoro; il ricorso, tuttavia, non chiarisce affatto con quali regole sia stato trattato il giudizio in prime cure e in appello; circostanza che questa S.C. non ha potuto accertare neanche con l’effettuato controllo diretto degli atti, dai quali è risultato solo che l’appello principale è stato proposto con atto di citazione (elemento questo che, di per sè, porterebbe a ritenere che siano state seguite le regole dell’ordinario processo, e non quelle del c.d. rito del lavoro, in base alle quali il gravame avrebbe dovuto essere proposto con ricorso e non con citazione); siffatta circostanza è decisiva, atteso che l’eventuale mancata conversione non potrebbe mai comportare la dedottànullità per mancata lettura del dispositivo; ne consegue, come detto, l’inammissibilità del motivo per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

Il secondo motivo è inammissibile.

Anche detta doglianza si fonda sulla teorica applicabilità del c.d. rito del lavoro, e, in particolare, dell’art. 436 c.p.c., sicchè al riguardo valgono le stesse considerazioni esposte in relazione al precedente motivo.

Il terzo e quarto motivo, da esaminare congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili.

La sentenza impugnata ha accertato la regolarità della notifica del verbale di accertamento non solo attraverso il “report” di Poste Italiane (dal quale risultava che il verbale in questione era giunto a destinazione), ma anche attraverso l’avvenuta produzione dell’avviso di ricevimento indirizzato alla R.M., contenente l’attestazione del mancato ritiro della busta sigillata presso la casa comunale nel termine di dieci giorni; le critiche svolte al riguardo nel quarto motivo difettano di decisività, non essendo stato adeguatamente indicato dove e quando la controparte aveva prodotto la documentazione in questione.

Anche il quinto motivo è inammissibile.

La doglianza, invero, è inammissibile per difetto di interesse quanto alle spese di primo grado, posto che la sentenza del Giudice di Pace era stata “annullata” dal Tribunale, sicchè il ricorrente non ha più ragione di dolersi dell’esiguità della liquidazione delle spese di lite; quanto alle spese relative al giudizio di appello la censura è estremamente generica, e come tale (come detto) inammissibile.

In conclusione, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese relative al presente giudizio di legittimità, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato rigettato, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2020

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