Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8136 del 22/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 8136 Anno 2016
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: ZOSO LIANA MARIA TERESA

SENTENZA

sul ricorso 3381-2011 proposto da:
DE ANGELIS GABRIELE, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA E. MANFREDI 17, presso lo studio dell’avvocato
FRANCESCA TERRIBILE, rappresentato e difeso
dall’avvocato ADRIANO CASSINI giusta delega a margine;
– ricorrente contro

2016
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AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI TERAMO;

intimato

Nonché da:
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI TERAMO in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

Data pubblicazione: 22/04/2016

ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente incidentale contro

DE ANGELIS GABRIELE, elettivamente domiciliato in ROMA

TERRIBILE FRANCESCA, rappresentato e difeso
dall’avvocato ADRIANO CASSINI giusta delega a margine;
– controricorrente all’Incidentale

avverso la sentenza n. 47/2010 della COMM.TRIB.REG. di
L’AQUILA, depositata il 13/05/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/02/2016 dal Consigliere Dott. LIANA
MARIA TERESA ZOSO;
udito per il controricorrente l’Avvocato MARRONE che
ha chiesto il rigetto del ricorso principale e
l’accoglimento del ricorso incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del
ricorso incidentale.

VIA E. MANFREDI 17, presso lo studio dell’avvocato

R.G. 3381/2011
ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con denuncia di successione presentata da De Angelis Gabriele si rendeva noto che l’eredità
di De Angelis Giovanni, deceduto in Teramo 1 1 11 marzo 2005, era devoluta per legge in ragione
di un terzo alla vedova Di Germanio Elisabetta ed in ragione di due sesti in parti uguali in
favore dei quattro figli De Angelus Filippo, Gabriele, Aldo e Maria. Alla denuncia era allegata
una richiesta di agevolazioni fiscali ai sensi dell’articolo 9 d.p.r. 601/73, consistente

e la ricevuta di versamento dell’imposta complessiva calcolata tenuto conto della richiesta
agevolazione. L’Agenzia delle entrate liquidava le imposte ipotecarie e catastali nella misura
ordinaria ritenendo non spettante l’agevolazione richiesta ed emetteva l’avviso per euro
21.672,54 notificandolo a tutti gli eredi. Il solo erede De Angelis Gabriele presentava ricorso
avverso l’avviso di liquidazione e la Commissione Tributaria Provinciale di Teramo lo
accoglieva. Proposto appello da parte dell’Agenzia delle entrate, la Commissione Tributaria
Regionale dell’Aquila lo accoglieva parzialmente rigettando il ricorso originario del contribuente
e dichiarando non dovute solamente le sanzioni. Osservava la CTR che l’agevolazione di cui
all’articolo 9, comma 2, d.p.r. 601/73 – che prevede che nei territori montani i trasferimenti di
proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici fatti a scopo di arrotondamento o di accorpamento di
proprietà diretto coltivatrici singole o associate sono soggetti all’imposta di registro ed
ipotecaria nella misura fissa ed esenti dalle imposte catastali – non spettava in quanto nella
successione ereditaria per cui è causa mancava lo scopo di arrotondamento e di accorpamento
dei fondi rustici e taluni degli eredi non avevano la qualifica di coltivatore diretto; inoltre una
parte dell’eredità non riguardava proprietà diretto-coltivatrici ma fabbricati di civile abitazione
e in parte opifici. Peraltro, a norma dell’articolo 10 della legge 212/2000, stante la possibile
buona fede del ricorrente, il quale aveva ritenuto, nella sua qualità di socio di azienda direttocoltivatrice, di poter usufruire delle agevolazioni previste dal citato articolo 9, comma 2, d.p.r.
601/73, le sanzioni non erano dovute.
2. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cessazione De Angelis Gabriele
affidato ad otto motivi. Ha resistito l’agenzia delle entrate che ha proposto ricorso incidentale
affidato ad un motivo. Il contribuente ha proposto controricorso avverso il ricorso incidentale.
3. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce nullità della sentenza ai sensi dell’articolo
360, numero 4, cod. proc. civ. per violazione dell’articolo 14 del decreto legislativo 546/92 che
disciplina il litisconsorzio e l’intervento nel processo tributario. Invero nel giudizio di merito
avrebbe dovuto essere ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli eredi,
stante l’inscindibllità della causa.
4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge ai sensi dell’articolo 360, numero 3, cod.
proc. civ. in relazione all’articolo 9 dei d.p.r. 601/73 per aver la CTR ritenuto che l’agevolazione
non spettasse in quanto i fondi erano stati trasferiti in parti uguali agli eredi, anche a quelli che
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nell’applicazione dell’imposta ipotecaria in misura fissa e nell’esenzione dall’imposta catastale,

non erano coltivatori diretti, con particolare riferimento a De Angelis Maria. Tuttavia i giudici
dell’appello non avevano spiegato in base a quale convincimento si fossero persuasi che De
Angelis Maria non era coltivatrice diretta, dato che ella era ricercatrice presso l’università
agraria e, dunque, era necessariamente diplomata o laureata in una materia fra quelle previste
dall’articolo 7 della legge 203/82.
5. Con il terzo motivo deduce omessa o insufficiente motivazione in relazione all’articolo 360,
numero 5, cod. proc. civ. in quanto la CTR ha ritenuto apoditticamente che alcuni eredi, senza

materia di legislazione agraria.
6. Con il quarto motivo deduce violazione di legge ai sensi dell’articolo 360, numero 3, cod.
proc. civ. ed in relazione all’articolo 9 del d.p.r. 601/73 nonché omessa motivazione ai sensi
dell’art. 360, numero 5, cod. proc. civ. sul medesimo punto in quanto la CTR ha ritenuto che
la qualità di soci – rivestita da De Angelis Gabriele e dai fratelli – di una società semplice
escludesse la qualifica di coltivatori diretti dei soci stessi mentre l’articolo 9 del d.p.r. 601/73
non esclude le agevolazioni in parola in caso di costituzione in forme associate di agricoltori
coltivatori diretti ed, anzi, la ammette espressamente quando parla di proprietà direttocoltivatrici singole o associate.
7. Con il quinto motivo deduce violazione di legge ai sensi dell’articolo 360, numero 3, cod.
proc. civ. in relazione all’art. 9 del d.p.r. 601/73 e omessa motivazione sul punto ai sensi
dell’art. 360, numero 5, cod. proc. civ. perché la CTR erroneamente ha ritenuto che
l’agevolazione non spettasse in quanto taluno degli eredi non aveva la qualifica di coltivatore
diretto mentre la norma dell’articolo 9 non disciplina il caso in cui ad acquisire la proprietà
siano più soggetti, solo alcuni dei quali coltivatori diretti poiché non afferma che l’assenza della
qualifica in capo ad uno soltanto degli acquirenti possa escludere il beneficio in favore degli
altri.
8. Con il sesto motivo deduce violazione di legge ai sensi dell’articolo 360, numero 3, cod.
proc. civ. in relazione all’art. 9 del cl.p.r. 601/73 e omessa motivazione sul punto, ai sensi
dell’articolo 360, numero 3, cod. proc. civ., in quanto la CTR ha affermato che una parte
dell’eredità non riguardava proprietà diretto coltivatrici ma fabbricati di civile abitazione ed
opifici senza tener conto che il fatto che un immobile sia identificato in catasto come civile
abitazione od opificio non vale ad escludere la sua accessorietà alla proprietà diretto
coltivatrice in quanto il carattere rurale dei manufatti esistenti sul fondo non può essere riferita
in via esclusiva all’indicazione catastale.
9. Con il settimo motivo deduce violazione di legge ai sensi dell’articolo 360, numero 3, cod.
proc. civ. in relazione all’articolo 6 dello statuto del contribuente e omessa motivazione sul
punto, ai sensi dell’articolo 360, numero 3, cod. proc. civ. poiché, come sostenuto in primo e
secondo grado, l’ufficio, prima di emettere l’avviso di liquidazione, aveva omesso di invitare il

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specificare quali, non fossero coltivatori diretti senza fare riferimento alcuno alle norme in

contribuente a fornire i chiarimenti necessari o produrre documenti mancanti entro un termine
congruo, con ciò violando l’articolo 6 della legge 212/2000.
10. Con l’ottavo motivo di ricorso deduce violazione di legge ai sensi dell’articolo 360, numero
3, cod. proc. civ. in relazione all’articolo 7, comma 1, della legge 212/2000 e omessa
motivazione sul punto, ai sensi dell’articolo 360, numero 3, cod. proc. civ. poiché la norma
prevede che gli atti dell’amministrazione finanziaria siano motivati e l’avviso di liquidazione era
carente di motivazione. La CTR, poi, ha omesso di motivare la decisione laddove ha ritenuto
che l’avviso di liquidazione contenesse una esaustiva motivazione.

ai sensi dell’articolo 360, numero 3, cod. proc civ. in relazione all’articolo 10 della legge
212/2000 e all’articolo 13 del decreto legislativo 471/1997 per aver la CTR ritenuto che non
fossero dovute le sanzioni benché non sussistessero obiettive condizioni di incertezza sulla
portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria e, contrariamente a quanto ritenuto
dalla CTR, non rilevava né era ravvisabile la buona fede del contribuente.
10. Osserva la corte che il primo motivo di ricorso è infondato, non ravvisandosi la fattispecie
del litisconsorzio necessario tra i coeredi. Invero la corte di legittimità ha affermato il principio,
cui questo collegio intende dare continuità, che, in tema di solidarietà tributaria, i coeredi che
siano stati destinatari di un unico avviso di accertamento di valore dei beni caduti in
successione ereditaria sono titolari di rapporti giuridici tributari distinti ed autonomi, anche se i
coeredi stessi sono legati da un vincolo solidale. Qualora poi si formi un giudicato nei riguardi
di uno dei coobbligati in solido, gli altri, i quali siano rimasti estranei al relativo processo e nei
cui confronti non si sia formato alcun giudicato diretto, possono invocare l’estensione del
giudicato riflesso, ai sensi dell’art. 1306, secondo comma, del codice civile (
Cass. n. 2536 del 20/02/2003; Cass., Sez. U, Sentenza n, 7053 del 22/06/1991 ).
11. Il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato. Invero il ricorrente sostiene che la CTR
è incorsa in violazione di legge per aver ritenuto che l’erede De Angelis Maria non avesse la
qualifica di coltivatore diretto benché, a norma dell’art. 7 della legge 203/82, tale qualifica le
spettasse essendo diplomata o laureata di una scuola ad indirizzo agrario. Tuttavia la norma di
cui all’art. 7, comma 2, della legge 203/82, cui la CTR doveva fare riferimento per accertare la
qualifica di coltivatore diretto, prevede l’equiparazione ai coltivatori diretti dei laureati o
diplomati di qualsiasi scuola di indirizzo agrario o forestale e dei veterinari per le aziende a
prevalente indirizzo zootecnico, in età non superiore ai 45 anni, che si impegnino ad esercitare
in proprio la coltivazione dei fondi per almeno 9 anni. Ne deriva che il motivo formulato è privo
di decisività poiché non è dato ravvisare violazione di legge nell’aver la CTR escluso la qualifica

di coltivatore diretto in capo a De Angelis Maria sul rilievo che ella aveva il titolo di studio
indicato dalla norma, posto che il ricorrente non ha dedotto che dagli atti di causa risultasse
che la medesima erede si fosse impegnata a coltivare direttamente il fondo per almeno 9 anni.

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11. Con l’unico motivo di ricorso incidentale l’Agenzia delle entrate deduce violazione di legge

Invero solo nel caso in cui tale ulteriore circostanza fosse stata dedotta dalla parte e la CTR
non vi avesse dato il giusto rilievo sarebbe configurabile il vizio denunciato.
12. Il terzo motivo è infondato. Va rilevato che la corte di legittimità ha più volte affermato il
principio secondo cui l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui al n.
5 dell’art. 360 cod. proc. civ., secondo la formulazione della norma prima della riforma operata
con la legge n. 134/2012, sussiste quando l’attività di esame del giudice che si assume omessa
concerne una circostanza di fatto od una risultanza istruttoria che, ove valutata, avrebbe

e, quindi, su uno dei fatti principali della controversia. Tuttavia il mancato esame da parte del
giudice del merito di elementi contrastanti con quelli posti a fondamento della decisione
adottata non integra, di per sé, il vizio di omessa o insufficiente motivazione su un punto
decisivo della controversia, occorrendo che la risultanza processuale ovvero l’istanza istruttoria
non esaminate attengano a circostanze che, con un giudizio di certezza e non di mera
probabilità, avrebbero potuto condurre ad una decisione diversa da quella adottata (cfr. Cass.
n. 25714/2014; Cass. n. 5444/2006; Cass. 1875/05). Proprio in punto di decisività si è chiarito
(Cass. n. 4614/2014; Cass. 12623/12) che la stessa concerne non il fatto sulla cui
ricostruzione il vizio stesso ha inciso, bensì la stessa idoneità del vizio denunciato, ove
riconosciuto, a determinarne una diversa ricostruzione e, dunque, afferisce al nesso di
casualità fra il vizio della motivazione e la decisione, essendo, peraltro, necessario che il vizio,
una volta riconosciuto esistente, sia tale che, se non fosse stato compiuto, si sarebbe avuta
una ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal giudice del merito e non già la sola
possibilità o probabilità di essa. In definitiva, il mancato esame di elementi probatori,
contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di
un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con
un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze
sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base
(cfr. Cass. n. 12623/2012; Cass. n. 10156/2004; Cass. n. 9368/2006; Cass. 14752/2007).
Esaminato in quest’ottica, il motivo appare infondato in quanto il fatto di aver la CTR
omesso di specificare quale degli eredi, oltre a De Angelis Maria, fosse privo della qualifica di
coltivatore diretto e di non aver individuato le norme di riferimento non inficia la

rado

decidendi, posto che i giudici dell’appello hanno ritenuto che il fatto che la sola erede De
Angelis Maria, per le ragioni esposte, non avesse la qualifica soggettiva richiesta dalla norma
agevolatrice era ragione ostativa alla concessione dell’agevolazione.
13. Il quarto motivo è inammissibile in quanto risulta formulato con riferimento all’art. 360
n. 3 e 5 cod. proc civ. laddove, nel ricorso per cessazione, non è ammessa la mescolanza e la
sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi
contemplate dall’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la
prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della
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comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione

violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale
si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione,
che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa
motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile
d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione
della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e
la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni,

l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze
acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito
di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi
d’impugnazione enunciati dall’art. 360 cod. proc. civ., per poi ricercare quale o quali
disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di
legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di
decidere successivamente su di esse ( cfr. Cass. n. 21611 del 20/09/2013; Cass. n. 19443 del
23/09/2011 ). In ogni caso mette conto osservare che la dedotta violazione di legge non
sussiste, considerato che il trasferimento mortis causa dei terreni ha avuto luogo a favore degli
eredi persone fisiche e non della società semplice di cui taluni di essi erano soci, per il che la
circostanza che la società fosse diretto-coltivatrice non assumeva rilievo alcuno ai fini della
spettanza dell’agevolazione.
14. Con riguardo al quinto motivo, valgono le considerazioni svolte con riguardo al quarto
motivo, essendo stati svolti mezzi di impugnazione eterogenei. Peraltro va osservato che la
dedotta violazione di legge non sussiste, dovendosi considerare che dell’agevolazione prevista
dall’art. 9, comma 2, d.p.r. 601/73, non possono giovarsi soggetti che non sono in possesso
dei requisiti soggettivi per il solo fatto che per uno degli altri acquirenti in comunione
sussistono i presupposti per l’agevolazione. Tale assunto non contraddice, in quanto basato su
presupposti affatto diversi, altri arresti della Corte di legittimità laddove, con riguardo
all’agevolazione prevista per la prima casa, è stato affermato che, nel caso di acquisto di
appartamento ad uso abitativo da parte di uno dei coniugi in regime di comunione legale,
l’altro ne diviene comproprietario ex art. 177 cod. civ. con diritto a fruire delle
agevolazioni fiscali contemplate in relazione all’acquisto della “prima casa” anche se sprovvisto
dei requisiti di legge, sussistenti solo in capo al coniuge acquirente. In quel caso, invero, la
decisione è dipesa dal fatto che la comunione dei beni fra coniugi è istituita dalla legge sulla
base non di una presunta pari ricchezza degli sposi, né di una concorrente volontà di
acquistare ma in forza di una comunione di vita in cui sfumano e vengono meno le
considerazioni economiche e contabili relative al dare ed all’avere ( Cass. n. 8463 del
21/06/2001; Cass. n. 14237 del 28/10/2000; si veda anche la recente Cass. n. 1494 del

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contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti,

27/1/2016, ove è stato affermato che, ai fini dell’agevolazione “prima casa”, ciò che conta non
è la residenza di ciascun coniuge ma quella della famiglia ).
15. Il sesto motivo è inammissibile per tre ragioni. In primo luogo in quanto risulta
anch’esso formulato con riferimento all’art. 360 n. 3 e 5 cod. proc civ.. In secondo luogo è
formulato in modo generico, in quanto non ha indicato il ricorrente quali fabbricati ed opifici
indicati nella denuncia di successione sono da considerarsi rurali. In terzo luogo il motivo è
privo del requisito dell’autosufficienza sancito dall’art. 366 cod. proc. civ., posto che non ha
indicato il ricorrente di aver dedotto nei giudizi di merito la questione della ruralità dei

16. Anche il settimo motivo è inammissibile perché con esso sono stati svolti mezzi di
impugnazione eterogenei. Il motivo, poi, è inammissibile anche perché generico, non avendo il
ricorrente indicato quali ” incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione” avrebbero dovuto
indurre l’Ufficio a richiedere chiarimenti a norma dell’art. 6, comma 5, della legge n. 212/2000.
17. L’ottavo motivo è inammissibile perché privo del requisito dell’autosufficienza sancito
dall’art. 366 cod. proc. civ., avendo il ricorrente censurato la sentenza della commissione
tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla
motivazione dell’avviso di liquidazione senza riportarne testualmente i passi di esso avviso che
si sono assunti erroneamente interpretati o pretermessi. Ciò facendo il ricorrente non ha
consentito la verifica esclusivamente in base al ricorso medesimo, dovendosi considerare che il
predetto avviso non è un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è
necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e dalle ragioni giuridiche
poste a suo fondamento ( cfr. Cass. n. 9536 del 19/04/2013; Cass. n. 8312 del 04/04/2013 ).
Venendo all’esame del ricorso incidentale, si osserva che la Corte di legittimità (cfr. Cass.
n. 13076 del 24/06/2015; Cass. n. 4394 del 24/2/2014; Cass. n. 3113 del 12/2/2014; Cass.
n. 24670 del 28/11/2007) è ripetutamente intervenuta a definire l’ambito di non debenza delle
sanzioni enunciando i seguenti principi di diritto: per “incertezza normativa oggettiva
tributaria” deve intendersi la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per
effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente,
la produzione normativa, e che è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sè ed accertata
dal giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento
interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la
sussunzione di un caso di specie; l’incertezza normativa oggettiva costituisce una situazione
diversa rispetto alla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto come emerge dal D.Lgs. 18
dicembre 1997, n. 472, art. 6 che distingue in modo netto le due figure dell’incertezza
normativa oggettiva e dell’ignoranza (pur ricollegandovi i medesimi effetti) e perciò
l’accertamento di essa è esclusivamente demandata al giudice e non può essere operato dalla
amministrazione; l’incertezza normativa oggettiva non ha il suo fondamento nell’ignoranza
giustificata, ma nell’impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza, di pervenire comunque
6

fabbricati benché le risultanze catastali inducessero ad una diversa qualifica degli stessi.

allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria. L’essenza del fenomeno
dell’incertezza normativa oggettiva si può rilevare attraverso una serie di fatti indice, che
spetta al giudice accertare e valutare nel loro valore indicativo, e che sono stati individuati a
titolo di esempio e, quindi, non esaustivamente: 1) nella difficoltà d’individuazione delle
disposizioni normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni di legge; 2) nella
difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) nella difficoltà di
determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) nella mancanza di
informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà; 5) nella mancanza di una prassi

precedenti giurisprudenziali; 7) nella formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti,
magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei Giudici comuni, di un intervento
chiarificatore della Corte costituzionale; 8) nel contrasto tra prassi amministrativa e
orientamento giurisprudenziale; 9) nel contrasto tra opinioni dottrinali; 10) nell’adozione di
norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente.
Tali fatti indice devono essere accertati, esaminati ed inseriti in procedimenti interpretativi
della formazione che siano metodicamente corretti e che portino inevitabilmente a risultati tra
loro contrastanti ed incompatibili. Costituisce, quindi, causa di esenzione del contribuente dalla
responsabilità amministrativa tributaria una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto,
sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ossia l’insicurezza ed equivocità del
risultato conseguito attraverso la sua interpretazione”.
Nella fattispecie la normativa applicabile fornisce elementi adeguati e sufficientemente
chiari per la determinazione dei casi di spettanza dell’agevolazione, per il che appare
sussistente la sola incertezza derivata da condizioni soggettive del contribuente, mentre è da
escludere l’errore dovuto ad interpretazione errata della normativa o la diversa interpretazione
dei fatti di causa, sola condizione che legittimerebbe lo sgravio delle sanzioni.
Va, dunque, rigettato il ricorso principale, accolto il ricorso incidentale, cessata senza
rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art.
384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso del contribuente. Le spese processuali dei giudizi di
merito si compensano tra le parti in considerazione dei discordi giudizi intervenuti e quelle di
questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale,

cassa la sentenza

impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente. Compensa le
spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia
delle Entrate le spese processuali di questo giudizio, che liquida in complessivi euro 2.500,00,
oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del gior 24 febbraio 2016.

amministrativa o nell’adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) nella mancanza di

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