Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8135 del 22/03/2019

Cassazione civile sez. trib., 22/03/2019, (ud. 07/12/2018, dep. 22/03/2019), n.8135

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 510/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle dogane, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale

dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Iposea Srl (già Iposea Snc), nonchè M.G.,

P.P., M.D., M.R. quali ex soci della Iposea

Snc, rappresentati e difesi dall’Avv. Gianfranco Ordine, con

domicilio eletto presso l’Avv. G. Marco Trombetta in Roma via Carlo

Mirabello n. 11, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia sez. staccata di Foggia n. 120/25/11, depositata il 22 marzo

2011

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 7 dicembre 2018

dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Mastroberardino Paola, che ha concluso per l’accoglimento

del primo motivo, assorbiti gli altri.

Udito l’Avv. dello Stato Collabolletta Anna per l’Agenzia delle

dogane, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Udito l’Avv. Gianfranco Ordine per i contribuenti, che ha concluso

per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Iposea Snc nel gennaio 1999 acquistava dalla Cina partite di funghi che, imbarcate tra il 29.11.1999 e l’8.12.1999 nella vigenza del Reg. n. 1169/97/CE – e alle cui alle cui disposizioni in tema di classificazione erano conformi – raggiungevano il porto di Napoli e venivano ivi sdoganate tra il 4.1.2000 ed il 26.1.2000.

Nelle more del viaggio il 13.12.1999 veniva emanato il Reg. 2626/99/CE, pubblicato nel GUCE del 14.12.1999 ed entrato in vigore il 4.1.2000, che stabiliva che i funghi di cui a quella classificazione della nomenclatura combinata non potevano avere un tenore in peso di sale superiore a 2,5% eliminando altresì il precedente Reg., allegato, punti 3 e 4.

In data 27.1.2000 l’Agenzia delle dogane dava corso, con un prelevamento di campioni, alla procedura di revisione, in esito alla quale rettificava la classificazione della merce ed emetteva avviso per il recupero della differenza dovuta, irrogando le conseguenti sanzioni.

Sull’impugnazione dei ricorrenti, la CTP annullava l’avviso di rettifica e le sanzioni, decisione che era impugnata dall’Ufficio limitatamente al maggior dazio richiesto. La sentenza era confermata dalla CTR.

La decisione d’appello, su ricorso dell’Agenzia delle dogane, era cassata con rinvio dalla Corte di cassazione con sentenza n. 21153 del 2 ottobre 2009.

La CTR della Puglia, in sede di rinvio, confermava la precedente statuizione.

L’Agenzia delle dogane ricorre per cassazione con sei motivi, cui resistono i contribuenti con controricorso, poi illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 383 c.p.c., comma 1 e dell’art. 384 c.p.c., commi 1 e 2, per non aver la CTR tenuto conto del principio di diritto affermato dalla Cassazione con la sentenza n. 21153/2009.

1.1. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del Reg. n. 2626/99/CE, artt. 1, 2, 3, del Reg. n. 2658/87/CEE, Regole 1 e 3, lett. a e b, dell’art. 61 TULD, per aver la CTR ritenuto di classificare la merce (funghi agaricus) con il codice NC 2001 90 50 anzichè con il codice NC 2003 10.

1.2. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24, 57 e art. 63, comma 3, nonchè del Reg. n. 2554/93/CEE (DAC), art. 1, punto 7: la CTR ha esaminato, a sostegno del proprio dictum, la questione relativa alla dedotta mancata riapertura del contingente per il codice 2003 introdotta solo tardivamente nel giudizio innanzi alla CTP; la questione doveva, in ogni caso, ritenersi irrilevante, infondata e, comunque, preclusa per effetto della cassazione della pregressa sentenza di merito.

1.3. Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 12, 220, 201, paragrafo 3, CDC, 5-14, 199, 909, punto c), DAC, 65-73 TULD, art. 1176 c.c., comma 2 e L. n. 212 del 2000, art. 10, in ordine alla ritenuta buona fede dei contribuenti e all’esistenza di errore attivo da parte dell’Amministrazione.

1.4. Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 78 CDC e del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, in ordine al mancato immediato controllo al momento dell’importazione, valutato dalla CTR come errore attivo.

1.5. Il sesto motivo denuncia carenza e contraddittorietà della motivazione in ordine: alla classificazione della merce; al carattere innovativo e non interpretativo del successivo Reg. n. 306/01/CE; alla ricorrenza dei presupposti ex art. 220 CDC e all’asserito errore attivo.

2. Il primo motivo è infondato.

2.1. La sentenza n. 21153 del 2 ottobre 2009 della Corte di Cassazione ha infatti annullato la precedente decisione della CTR per vizio motivazionale statuendo che “premesso che l’esatta classificazione andava nel caso fatta risalire al Reg. 2629/99 applicabile ratione temporis alle importazioni di cui è causa e preso atto che il Reg. n. 306/01 conteneva ulteriori indicazioni tariffarie in materia, i giudici di appello avrebbero dovuto – innanzitutto individuare la disposizione attagliabile alla fattispecie e quindi – in tale contesto normativo – inquadrare il fatto cioè la tipologia dello specifico prodotto secondo le caratteristiche emerse dalle acquisite risultanze istruttorie e tecniche spiegando le ragioni di supposta conformità del prodotto alla voce doganale prescelta I giudici di appello insomma… hanno in realtà pretermesso l’accertamento “in positivo” della fattispecie sottoposta al loro esame incorrendo nei denunziati vizi motivazionali per aver in sostanza tralasciato quelle qualificazioni in concreto occorrenti per innestare la valutazione giuridica da cui far discendere la legittimità o meno delle operate rettifiche e dei maggiori diritti doganali pretesi”.

Occorre considerare, infatti, che secondo la consolidata giurisprudenza della Corte “Nel giudizio di rinvio, i limiti dei poteri attribuiti al giudice sono diversi a seconda che la sentenza di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per l’una e per l’altra ragione: nella prima ipotesi, il giudice di rinvio è tenuto solo ad uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo; nel caso, invece, di cassazione con rinvio per vizio di motivazione, da solo o cumulato con il vizio di violazione di legge, il giudice è investito del potere di valutare liberamente i fatti già accertati ed anche d’indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo, in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata” (Cass. n. 16660 del 06/07/2017; Cass. n. 22989 del 26/09/2018).

2.2. Orbene, la CTR ha, formalmente, operato secondo le indicazioni della Corte poichè:

1) ha valutato lo specifico prodotto importato (funghi agaricus conservati con un duplice conservante: aceto e sale, quest’ultimo in misura superiore al 2,5%);

2) ha ritenuto, in base alla “concreta analisi della normativa”, che la tipologia di prodotto non fosse espressamente prevista dal Reg. n. 2626/99/CE;

3) ha ritenuto, quindi, di dover applicare la voce doganale 2001 per la presenza di acido acetico, non compatibile con la voce 2003 per la presenza di due agenti conservanti;

4) ha ritenuto innovativo il successivo Reg. n. 306/01/CE, che ha introdotto la salinità come elemento distintivo, ruolo assolto, in precedenza, dall’acido acetico.

Le ulteriori questioni – buona fede, errore attivo – non sono poi presupposti dell’accertamento demandato (ma, in ipotesi, profili successivi), sicchè non sussiste alcuna preclusione al loro esame.

3. Il secondo e il terzo motivo, da esaminare unitariamente, per connessione logica, sono fondati.

3.1. La CTR ha raggiunto le proprie conclusioni interpretando il Reg. n. 2626/99/CE, sull’assunto che, con tale atto, non fosse stata introdotta, come elemento discretivo essenziale, la presenza di sale e che, invece, l’elemento essenziale fosse l’aceto.

Ha poi ritenuto che il prodotto fosse classificabile nella voce (OMISSIS), da applicare in via analogica.

3.2. Tali conclusioni sono errate.

Il primo considerando del citato Regolamento, infatti, prevede: “occorre operare una distinzione tra funghi preparati o conservati nell’aceto o nell’acido acetico di cui alla sottovoce (OMISSIS), da un lato, e funghi preparati o conservati ma non nell’aceto o nell’acido acetico di cui alla voce (OMISSIS), dall’altro”.

Il tratto caratteristico tra le due voci di classificazione è dunque costituito dalla presenza di un conservante essenziale diverso: nel primo caso l’aceto o l’acido acetico; nel secondo un altro conservante.

La previsione, pertanto, non esclude affatto che, in entrambe le ipotesi, vi possano essere più sostanze potenzialmente idonee a realizzare l’effetto di conservante: evidenzia solo quello che è determinante ai fini della classificazione.

Il secondo, il terzo ed il quarto considerando precisano questa indicazione. Viene infatti previsto:

“conformemente al testo delle note esplicative del sistema armonizzato per la voce 2001, il sale, può essere aggiunto, tra altri additivi, ai prodotti di tale voce; in questo caso il sale è stato aggiunto soltanto ai fini della preparazione”;

“per poter fare la distinzione con i prodotti della sottovoce (OMISSIS), risulta necessario limitare il tenore totale di sale nei prodotti della sottovoce (OMISSIS)”

“è opportuno limitare il tenore in peso di sale ad un massimo di 2,5%”.

Per la voce (OMISSIS), dunque, il sale presente vale solo come “preparazione” e, quindi, per delimitare quanto è classificabile nell’ambito della voce (OMISSIS), la presenza di questa sostanza deve essere minima, comunque non superiore al 2,5%.

Per rendere inequivoca tale regolamentazione, poi, sono state adottate le modifiche dei regolamenti precedenti e dunque è stata modificata la “nota complementare 1 del capitolo 20” di cui all’allegato del Reg. n. 2658/87/CEE e sono stati abrogati i punti 3 e 4 del precedente regolamento classificatorio per i funghi agaricus n. 1196/97/CE, che consentivano la classificazione nella voce (OMISSIS) “a prescindere dal tenore di sale”.

L’originario testo della nota complementare 1 del cap. 20 è stato sostituito con la seguente dizione: “1. Sono considerati come prodotti della voce 2001 solo gli ortaggi e legumi, la frutta ed altre parti commestibili di piante preparati o conservati nell’aceto o nell’acido acetico, aventi tenore, in peso, di acido volatile libero, calcolato in acido acetico, uguale o superiore a 0,5%. Inoltre, i funghi di cui alla sottovoce (OMISSIS) non possono avere un tenore, in peso, di sale superiore a 2,5%”.

3.3. Va da ultimo evidenziato che la voce 2003 riguarda “funghi e tartufi, preparati o conservati ma non nell’aceto o acido acetico”, sicchè assume rilievo la presenza, essenziale, di altra sostanza diversa dall’aceto – e, in ispecie, alla luce delle indicazioni distintive operate con il Regolamento del 1999, il sale – in quantità tale da assurgere ad elemento conservante, ancorchè, anche in questo caso, non sia in alcun modo esclusa la compresenza di altre sostanze, incidenti ai soli fini della preparazione.

3.4. Da tutto deriva che sin dal Reg. n. 2626/99/CE, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, era stata introdotta la dicotomia tra funghi conservati in aceto e funghi in salamoia, con l’ulteriore specificazione che i primi, ove concorra la presenza di sale, non possono avere, in ogni caso, un tenore di sale superiore al 2,5%.

Giova precisare che nessun rilievo in senso contrario, come sembra ritenere il controricorrente in memoria, può essere tratto dalla sentenza 10 ottobre 2018, n. 25003, che si riferisce al rapporto tra le voci 2003 e 2001 in relazione al Reg. n. 306 del 2001 e, dunque, con riferimento alla disciplina successiva a quella qui in discussione.

Tale decisione, piuttosto, aveva già chiaramente precisato che proprio in forza del Reg. n. 2626 del 1999, modificativo della nota 1 del cap. 20, era stata introdotta la distinzione tra funghi conservati in aceto (rientranti alla voce (OMISSIS)) e funghi non conservati in aceto (rientranti in (OMISSIS)), distinzione incentrata proprio sulla concentrazione salina.

3.5. Sotto altro profilo, la CTR ha errato nell’applicare i criteri previsti dal Reg. n. 2658/87/CEE, Regole 1 e 3, lett. a e b, ipotizzando un – in realtà inesistente – vuoto normativo e applicando il diverso criterio dell’analogia per colmare l’asserita anomia.

3.6. La Regola 1, infatti, prevede che “I titoli delle sezioni, dei capitoli o dei sottocapitoli sono da considerare come puramente indicativi, poichè la classificazione delle merci è determinata legalmente dal testo delle voci, da quello delle note premesse alle sezioni o ai capitoli e, occorrendo, dalle norme che seguono, purchè queste non contrastino col testo di dette voci e note”.

Nella specie, il testo della nota 1 citata escludeva in termini netti la riconduzione della merce alla voce (OMISSIS).

3.7. Con riguardo ai prodotti “misti” (come nella specie) e, comunque, in caso di dubbio tra due o più voci, soccorre poi la Regola 3 che prevede:

“a) La voce più specifica deve avere la priorità sulle voci di portata più generale. Tuttavia quando due o più voci si riferiscono ciascuna a una parte solamente delle materie che costituiscono un prodotto misto o ad un oggetto composito o una parte solamente degli oggetti, nel caso di merci presentate in assortimenti condizionati per la vendita al minuto, queste voci sono da considerare, rispetto a questo prodotto od oggetto, come ugualmente specifiche anche se una di esse, peraltro, ne dà una descrizione più precisa o completa.

b) I prodotti misti, i lavori composti di materie differenti o costituiti dall’assemblaggio di oggetti differenti e le merci presentate in assortimenti condizionati per la vendita al minuto, la cui classificazione non può essere effettuata in applicazione della regola 3 a), sono classificati, quando è possibile operare questa determinazione, secondo la materia o l’oggetto che conferisce agli stessi il loro carattere essenziale.

c) Nei casi in cui le regole 3 a) o 3 b) non permettono di effettuare la classificazione, la merce è classificata nella voce che, in ordine di numerazione, è posta per ultima tra quelle suscettibili di essere validamente prese in considerazione”.

Si tratta invero di criteri neppure presi in considerazione dalla CTR, che, invece, ha privilegiato il ricorso all’analogia.

3.8. Orbene, con riguardo alla Regola 3, lett. a, va rilevato che entrambe le disposizioni sono specifiche; il criterio sussidiario di cui alla lett. b pone in risalto, allora, la materia essenziale.

Su tale aspetto assume rilievo centrale, per entrambe le voci, la funzione di conservazione, attuata, per la voce (OMISSIS), mediante l’aceto e, per l’altra, mediante il sale.

Quest’ultima sostanza, peraltro, costituisce elemento discretivo essenziale poichè solo per essa è prevista, e per entrambe le voci, una differente percentuale: se superiore ad una determinata soglia vale come conservante ed ha valore dirimente, mentre se inferiore rileva solo ai fini della preparazione.

Nulla di simile, invece, viene affermato per l’aceto la cui percentuale non integra un elemento di distinzione tra le voci ma solo, se inferiore allo 0,5%, per la sua irrilevanza.

Ne deriva che elemento essenziale, ai fini della classificazione, è il sale.

3.9. Ininfluente ai fini interpretativi è poi la mancata riapertura del contingente per i prodotti della voce 2003, considerata invece dalla CTR ai fini del proprio ragionamento.

Non si vede, infatti, in base a quale norma la Commissione Europea (prima ancora che la Dogana italiana) avrebbe dovuto riattivare i contingenti, sicchè l’argomento in questione resta privo di ogni efficacia interpretativa.

Si tratta di considerazione – l’assenza di un “obbligo, in forza di specifiche norme, di tener conto delle conseguenze dell’atto in questione sulla sfera di interessi di tali operatori” – che, tra l’altro, ha condotto il Tribunale di primo grado dell’Unione Europea del 30 gennaio 2001, in C-49/00, su ricorso della stessa Iposea Snc, a disattendere la domanda della contribuente, escludendo la lesività specifica della nuova regolamentazione o l’esistenza di un legittimo affidamento ex art. 12 CDC.

4. Il quarto ed il quinto motivo, il cui esame può essere operato unitariamente per ragioni di connessione, sono parimenti fondati.

4.1. Secondo l’art. 220 CDC, n. 2, lett. b, le autorità competenti non procedono alla contabilizzazione a posteriori dei dazi all’importazione solo qualora ricorrano tre condizioni cumulative, ossia che: i dazi non siano stati riscossi a causa di un errore delle autorità competenti stesse; l’errore commesso da queste ultime sia stato di natura tale da non poter essere ragionevolmente rilevato da un debitore in buona fede; quest’ultimo abbia rispettato tutte le prescrizioni della normativa in vigore relative alla sua dichiarazione in dogana (v. Corte di Giustizia, sentenza 12 luglio 1989, in C-161/88, Binder, punti 15 e 16; sentenza 14 maggio 1996, C-153/94 e C-204/94, Faroe Seafood e a., punto 83; sentenza 18 ottobre 2007, in C-173/06, Agrover Sri, punto 30, sentenza 16 maggio 2017, in C-47/16, Vaists ienemumu dienests, punto 24).

4.2. La CTR ha ritenuto che l’accettazione di cinque dichiarazioni da parte della Dogana “senza obbiettare alcunchè non può che configurare il comportamento attivo”.

Tale condotta, peraltro, non può ritenersi “erronea” integrando, semplicemente, la normale procedura quando si ometta la verifica della dichiarazione ex art. 71 CDC, comma 2 e si proceda al controllo a posteriori, che, tra l’altro, nella specie è stato avviato il giorno successivo all’ultima importazione.

Nè essa è suscettibile di integrare un comportamento “attivo”, che richiede che sia stata l’Amministrazione a porre in essere i presupposti sui quali riposa il legittimo affidamento del debitore, mentre, nella specie, la variazione discende dall’entrata in vigore del nuovo Regolamento.

Occorre sottolineare, infine, che non ricorrono neppure i presupposti per ritenere invocabile il legittimo affidamento ex art. 12 CDC, attesa l’omessa attivazione dei ricorrenti per il rilascio di una informazione tariffaria vincolante sì da conseguire una tutela dei propri interessi.

Lo stesso documento Taxud 714/2003 – impropriamente evocato dalla CTR – sottolinea l’utilità (punto 2.3.) della ITV in situazione omogenee a quella in giudizio, poichè assicura, per una certa durata, l’ultrattività delle precedente obbligazione daziaria meno elevata.

5. Il sesto motivo resta assorbito.

6. In accoglimento del secondo, terzo, quarto e quinto motivo, rigettato il primo e assorbito il sesto, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione, che si atterrà ai principi sopra affermati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo di ricorso, rigettato il primo ed assorbito il sesto; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Puglia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2019

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