Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8131 del 23/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/03/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 23/03/2021), n.8131

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29645-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

G.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3441/25/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA CAMPANIA, depositata il 15/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

Ritenuto che:

In controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento di maggiori redditi rilevati per l’anno 2011 in capo alla società D. di A.G. & C. s.a.s., emersi a seguito di verifica delle movimentazioni dei conti correnti intestati alla contribuente ed attribuiti proporzionalmente alla socia G.C. in ragione della misura della sua partecipazione sociale, la CTR con la sentenza in epigrafe indicata accoglieva parzialmente l’appello proposto da G.C. e rideterminava il maggior reddito nella misura del 30% di quanto contestato con l’avviso impugnato ritenendo che la parte avesse offerto idoneo corredo documentale per ritenere” che il 70% degli elementi contabili usati dall’Agenzia per compendiare l’ammontare dei maggiori ricavi (Euro 175.862,00) non dichiarate ha portata fiscalmente neutra”.

Rilevava per quanto attiene al conto corrente intestato al D., che la parte aveva giustificato i tre bonifici ricevuti dalla compagnia assicurativa per un ammontare complessivo di Euro 7.778,05 che andavano certamente scorporati; tutti gli altri versamenti e prelevamenti appaiono in buona misura compatibili con le entrate registrate, sì da integrare in uno con i bonifici ricevuti, quel 70% di regolarità contabile dimostrata e non contraddetta nello specifico dall’Agenzia costituita.

Osservava che sulla scorta del principio di non contestazione applicabile anche nella materia tributaria andavano tratte le congruenti conseguenze per il contenzioso in esame.

Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione sulla base di due motivi, cui non replica l’intimata.

Diritto

Considerato che:

Con il primo motivo la difesa erariale censura la sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione, sub specie di motivazione apparente, in violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 111 Cost., comma 6, art. 118 disp. att. c.p.c. nonchè art. 113 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

La ricorrente, ripercorrendo i passaggi argomentativi con cui il giudice di appello era pervenuto alla rideterminazione del maggior reddito nella misura del 30%, sostiene che la riduzione operata in sede giudiziale sarebbe arbitraria e non ancorata a parametri oggettivi di riferimento precludendo all’ufficio alcun apprezzamento di fatto sull’operato della CTR.

Sottolinea in questo senso che non era possibile evincere con chiarezza la reale portata della decisione che appariva ispirata a criteri equitativi al di fuori dei limiti consentiti.

Con il secondo si lamenta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2 n. 2 e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

L’Ufficio si duole della non corretta valutazione dei principi di in tema di oneri probatori sostenendo che gli stessi sarebbero stati illegittimamente invertiti a carico dell’amministrazione in palese violazione dell’art. 2697 c.c..

Il motivo di ricorso, con cui la ricorrente deduce un error in procedendo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, censurando la sentenza impugnata

per nullità assoluta della motivazione, sub specie di motivazione apparente, è infondato posto che non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che possono essere esaminate e si convertono, all’evidenza, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, con conseguente nullità della sentenza – di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940), mentre resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. 2, ord. 13/8/2018, n. 20721).

Nessuna delle suddette ipotesi è ravvisabile nel caso di specie.

Una considerazione complessiva del tessuto motivazionale della pronuncia gravata consente di enucleare le ragioni poste a fondamento della decisione, La CTR ha ritenuto che il corredo documentale offerto dalla contribuente fosse sufficiente a contrastare il maggior reddito determinato sulla base delle indagini finanziarie anche alla luce del principio di non contestazione.

Il secondo motivo è fondato.

Giova ricordare che è orientamento assolutamente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, come ribadito da ultimo che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 (in virtù della quale i versamenti operati su conto corrente bancario vanno imputati a ricavi conseguiti nell’esercizio dell’attività libero professionale o di lavoratore autonomo), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività (di recente, Cass. n. 4829/2015) e che tale principio si applica, in presenza di alcuni elementi sintomatici, come il rapporto di stretta contiguità familiare tra il contribuente ed i congiunti intestatari dei conti bancari sottoposti a verifica, anche alle movimentazioni effettuate su questi ultimi, poichè in tal caso, infatti, è particolarmente elevata la probabilità che le movimentazioni sui conti bancari dei familiari debbano – in difetto di specifiche ed analitiche dimostrazioni di segno contrario – ascriversi allo stesso contribuente sottoposto a verifica (v. Cass.,2020 nr 9569; Sez. V, Ord., 15 novembre 2017, n. 27075. In senso analogo si espressa Cass. n. 1898 del 2016, secondo cui, ancorchè in tema di accertamento del reddito d’impresa, “il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, n. 7, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente”.

In tema di accertamento dei redditi a mezzo di accesso ai conti correnti del contribuente, questa Corte ha affermato che la presunzione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32 consente all’Ufficio di riferire de plano ad operazioni imponibili i dati raccolti in sede di accesso ai conti correnti bancari del contribuente, cui è fatta salva la prova contraria; nè la legittimità della utilizzazione degli elementi risultanti dalle movimentazioni bancarie è condizionata alla previa instaurazione del contraddittorio.

Peraltro, quanto al concreto atteggiarsi dell’onere probatorio, quello dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 cit. attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili (Cass., sent. n. 10249/2017; 15857/2016). Non è dunque sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sui conti correnti, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività, con conseguente non rilevanza fiscale (Cass., sent. n. 21303/2013). In particolare quello che viene richiesto al contribuente, a fronte delle risultanze bancarie addotte dalla Amministrazione, è la specificità della prova allegata, perchè per superare la presunzione di attribuzione dei versamenti e dei prelevamenti emergenti dal conto corrente dell’imprenditore si rende necessario che alla analiticità della prova faccia seguito una valutazione del giudice altrettanto analitica di quanto dedotto e documentato dal contribuente (Cass., ord. n. 30786/2018) ed il giudice di merito è tenuto alla rigorosa verifica dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, rifuggendo da qualsiasi valutazione di irragionevolezza ed inverosimiglianza dei risultati restituiti dal riscontro delle movimentazioni bancarie, in quanto il giudizio di ragionevolezza dell’inferenza dal fatto certo a quello incerto è già stato stabilito dallo stesso legislatore con la previsione, in tale specifica materia, della presunzione legale (Cass. 21800 del 2017; 2021 nr 573).

Così ricostruito il quadro giurisprudenziale in materia, osserva la Corte che la sentenza impugnata non vi si è attenuta ai suddetti principi in quanto, immotivatamente ha ritenuto idonea la documentazione prodotta a neutralizzare per il 70% degli elementi contabili usati dall’Amministrazione per compendiare l’ammontare delle maggiori entrate senza indicare in modo puntuali gli elementi posti a base del suo convincimento operando una rideterminazione quantitativa della prese erariale in termini arbitrari.

Da quanto detto consegue l’accoglimento del secondo motivo di ricorso ed il rigetto del primo e rinvio alla competente CTR per nuovo esame, da condurre alla stregua dei suindicati principi, nonchè per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo; cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR del in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2021

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