Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8130 del 22/03/2019

Cassazione civile sez. trib., 22/03/2019, (ud. 09/05/2018, dep. 22/03/2019), n.8130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI Maria Giulia – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16184/2011 R.G proposto da:

Acquisto Gestione Beni Immobili s.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

A. Mordini n. 14, presso lo studio dell’avv. Marcello Cecchetti, che

la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana n. 49/24/10, depositata il 23 Aprile 2010.

Lette le conclusioni scritte del P.G., in persona del sostituto

procuratore generale Dott. Di Leo Giovanni, che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 maggio 2018

dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 49/24/10 del 23/04/2010 la CTR della Toscana respingeva l’appello proposto dalla Acquisto Gestione Beni Immobili s.r.l. (d’ora in poi AGBI s.r.l.) avverso la sentenza n. 78/05/08 della CTP di Prato, che aveva rigettato i ricorsi riuniti della società contribuente nei confronti di due avvisi di accertamento, concernenti il primo l’IVA e il secondo l’IRPEG e l’IRAP relative all’anno 2003;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR nonchè dalle difese delle parti: a) a seguito di accesso effettuato in data 01/06/2006 presso la sede legale della AGBI s.r.l., venivano riscontrate gravi irregolarità nella contabilità tenuta dalla società contribuente, consegnata solo in parte e smarrita per la restante parte, con conseguente invito al contraddittorio in data 15/11/2006 al fine di addivenire ad un accertamento con adesione per quanto riguardava l’IVA; b) a seguito della mancata definizione dell’accertamento con adesione, in data 14/12/2006 l’Ufficio emetteva avviso di accertamento con il quale recuperava l’IVA conseguente all’utilizzazione di fatture provenienti da società inesistente; c) con successivo avviso di accertamento notificato in data 31/03/2008 l’Agenzia delle entrate procedeva al recupero anche delle imposte dirette; d) la CTP rigettava il ricorso della società contribuente; e) la sentenza della CTP era impugnata dalla AGBI s.r.l.;

1.2. su queste premesse, la CTR motivava il rigetto dell’appello evidenziando che: a) non sussisteva la dedotta violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, in quanto le operazioni di verifica “sono iniziate il 1 giugno 2006 e si sono concluse alla fine del mese di novembre dello stesso anno e quindi ben oltre i sessanta giorni previsti dal cit. art. 12, comma 7”; b) inoltre il provvedimento impositivo conseguiva alla impossibilità del contribuente di far fronte all’avviso di accertamento con adesione debitamente sottoscritto, per mancato reperimento della necessaria fideiussione, con conseguente legittimità della procedura adottata dall’Ufficio; c) circa l’utilizzazione di fatture inesistenti, la società affidataria dei lavori commissionati dalla AGBI s.r.l. era residente in (OMISSIS), non era iscritta nel Registro delle imprese e abilitata ad operare in Italia, non era un’impresa edile e, inoltre, la società contribuente non aveva fornito alcuna prova documentale dell’effettiva esistenza delle operazioni;

2. la AGBI s.r.l. impugnava la sentenza della CTR con tempestivo ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, e depositava memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.;

3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso la AGBI s.r.l. lamenta la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che l’attività d’indagine dell’Ufficio è cessata in data 15/11/2006 con l’invito della società contribuente al contraddittorio, con la conseguenza che l’avviso di accertamento non avrebbe potuto essere emesso in data 14/12/2006, prima della scadenza del termine di sessanta giorni previsto dalla legge per consentire alla medesima società contribuente di fornire tutti i chiarimenti ritenuti necessari;

2. con il secondo motivo di ricorso si deduce insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, atteso che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto il rispetto del termine di sessanta giorni che deve decorrere tra la chiusura delle operazioni di verifica e la notifica dell’avviso di accertamento;

3. i due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per ragioni di connessione, sono fondati;

3.1. va prima di tutto evidenziato che la società ricorrente fa chiaramente riferimento all’avviso di accertamento notificato in data 14/12/2006 e, quindi, a quello in materia di IVA, nulla deducendo con riferimento all’avviso di accertamento in materia di IRPEG e IRAP, notificato in data 31/03/2008 e per il quale non si pone una questione di rispetto del termine di sessanta giorni previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7;

3.2. la CTR fornisce una duplice motivazione in ordine all’insussistenza della violazione denunciata: da un lato, evidenzia che il termine di sessanta giorni previsto dalla disposizione richiamata sarebbe abbondantemente decorso, tenuto conto che le operazioni di verifica sono iniziate in data 01/06/2006 e sono terminate alla fine del mese di novembre dello stesso anno; dall’altro sottolinea che l’Ufficio ha proceduto all’emissione dell’avviso di accertamento solo all’esito dell’invito al contraddittorio e al mancato perfezionamento della procedura di accertamento per adesione, sottintendendo, pertanto, che un contraddittorio tra l’Ufficio e il contribuente ci sia comunque stato;

3.3. in realtà, la questione va risolta alla luce di un recente arresto nomofilattico di questa Corte (Cass. nn. 701 e 702 del 15/01/2019), al quale il Collegio intende dare continuità;

2.4. occorre partire da due fondamentali sentenze delle Sezioni Unite in materia di contraddittorio endoprocedimentale:

– con specifico riferimento alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, Cass. S.U. n. 18184 del 29/07/2013 ha statuito che detto articolo “deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sè, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poichè detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio”;

– con riferimento, invece, ai controlli cd. a tavolino (ed escluse, pertanto, le ipotesi di accesso, ispezione e verifica), bisogna, invece, fare riferimento a Cass. S.U. n. 24823 del 09/12/2015, secondo la quale, per i tributi cd. non armonizzati, “non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale”, mentre per i tributi cd. armonizzati, secondo quanto emerge dal diritto unionale, per come interpretato dalla CGUE, “l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purchè il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa” (cd. prova di resistenza);

3.4.1. con specifico riferimento alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, il cui ambito applicativo – nel triplice caso di accesso, ispezione o verifica – non è limitato ai tributi non armonizzati, non può avallarsi un’interpretazione della norma che “restringa la protezione da accordare ai tributi armonizzati rispetto a quella che è assicurata dal diritto interno ai tributi non armonizzati”, sicchè il rispetto del termine di sessanta giorni prima dell’emanazione del provvedimento impositivo deve essere rispettato non solo in caso di tributi non armonizzati, ma anche in caso di tributi armonizzati (e, dunque, anche per l’IVA), indipendentemente da un eventuale prova di resistenza, in ipotesi non necessaria;

3.4.2. secondo Cass. nn. 701 e 702 del 2019, citt., tale interpretazione rispetta i fondamentali principi che possono essere tratti dalla giurisprudenza unionale (principio di equivalenza e principio di effettività) e, al contempo, è rispettosa anche dei principi generali dell’ordinamento giuridico nazionale civile, amministrativo e tributario, secondo cui la regola della strumentalità delle forme, ai fini del rispetto del contraddittorio, viene meno in presenza di un’espressa sanzione di nullità comminata dalla legge per la violazione in questione;

3.4.3. le sentenze della S.C. da ultimo menzionate (alla cui motivazione si rimanda per ulteriori riferimenti giurisprudenziali, di diritto interno e unionale) enunciano, pertanto, i seguenti principi di diritto:

1) la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, prevede, nel triplice caso di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, una valutazione ex ante in merito al rispetto del contraddittorio operata dal legislatore, attraverso la previsione di nullità dell’atto impositivo per mancato rispetto del termine dilatorio, che già, a monte, assorbe la “prova di resistenza” e, volutamente, la norma dello Statuto del contribuente non distingue tra tributi armonizzati e non;

2) il principio di strumentalità delle forme ai fini del rispetto del contraddittorio, principio generale desumibile dall’ordinamento civile, amministrativo e tributario, viene meno in presenza di una sanzione di nullità comminata per la violazione, e questo vale anche ai fini del contraddittorio endoprocedimentale tributario;

3) per i tributi armonizzati la necessità della “prova di resistenza”, ai fini della verifica del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, scatta solo se la normativa interna non preveda già la sanzione della nullità;

3.5. nella specie, è pacifico che si verta in tema di tributi armonizzati (l’accertamento è stato emesso in materia di IVA); e nemmeno ci possono essere dubbi sul mancato rispetto del termine di sessanta giorni previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, avendo la CTR erroneamente indicatone la decorrenza dall’inizio della verifica: invero, poichè è stato accertato dal giudice di appello che la verifica si è conclusa alla fine del mese di novembre 2006 e tenuto conto della data di notifica dell’avviso di accertamento (14/12/2006) e della decorrenza del termine dal rilascio della copia del verbale di chiusura delle operazioni (Cass. n. 11613 del 11/05/2017; Cass. n. 7843 del 17/04/2015), non può che ritenersi che la notifica del provvedimento impositivo è avvenuta ante tempus;

3.6. ne consegue che, in applicazione dei principi di diritto sopra menzionati, va senz’altro dichiarata la nullità dell’avviso di accertamento emesso in materia di IVA, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e accoglimento nel merito dell’originario ricorso della società contribuente in parte qua;

4. con il terzo motivo di ricorso la AGBI s.r.l. deduce insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, rappresentato dalla contestata inesistenza delle operazioni di cui alle fatture emesse dalla BBS Norwalk, avendo la sentenza impugnata ritenuto assolto l’onere probatorio dell’Ufficio pur in assenza di un quadro indiziario univoco;

5. il motivo resta assorbito con riferimento all’accertamento in materia di IVA, giusta la precedente statuizione che ne ha dedotto la nullità; è, invece, inammissibile e, comunque, infondato con riguardo all’accertamento in materia di IRPEG e IRAP;

5.1. vertendosi in materia di accertamento induttivo ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 2, lett. d), nonchè della relativa ripartizione tra le parti dell’onere probatorio, il motivo integra una violazione di legge e avrebbe dovuto essere proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

5.2. in ogni caso, l’Ufficio ha legittimamente proceduto ad accertamento induttivo in base ad una contabilità largamente incompleta e la circostanza non è in contestazione;

5.3. è noto, inoltre, che, a seguito di accertamento induttivo, l’Agenzia delle entrate può utilizzare anche presunzioni semplici (cfr., ad es., Cass. n. 14068 del 20/06/2014; Cass. n. 21697 del 22/10/2010; Cass. n. 7184 del 25/03/2009) e, nel caso di specie, ha correttamente ritenuto l’inesistenza delle fatture della BBS Norwalk in ragione del fatto che detta società, che non è neppure una società edile, non ha sede e non è operativa in Italia e della circostanza che manca in contabilità alcun riscontro documentale delle opere eseguite (di rilevante importo);

5.4. a fronte del quadro indiziario acquisito gravava indubbiamente sulla società contribuente fornire la prova della esistenza delle operazioni, prova che non è stata in alcun modo fornita dalla AGBI s.r.l., che si è limitata a contestare la valenza indiziaria degli elementi forniti dall’Agenzia delle entrate;

6. in conclusione, vanno accolti i primi due motivi di ricorso e rigettato il terzo, nei limiti di cui in motivazione; con riferimento all’avviso di accertamento in tema di IVA, la sentenza impugnata va cassata e, non essendovi ulteriori questioni di fatto da esaminare, va decisa nel merito, con l’accoglimento dell’originario ricorso della AGBI s.r.l.; con riferimento, invece, all’avviso di accertamento in tema di IRPEG e IRAP, il ricorso va rigettato;

6.1. l’esito della lite giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso e rigetta il terzo; cassa la sentenza impugnata limitatamente ai motivi accolti e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della ricorrente limitatamente all’avviso di accertamento IVA; dichiara interamente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2019

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