Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 813 del 16/01/2014
Civile Sent. Sez. 2 Num. 813 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA
SENTENZA
sul ricorso 28849-2007 proposto da:
COM TORRICELLA IN SABINA P.I.00082310574, IN PERSONA
DEL SINDACO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE
B.BUOZZI 47, presso lo studio dell’avvocato
SORGENTONE ANDREA, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PARIS GIANFRANCO;
– ricorrente –
2013
contro
2156
CRESCENZI AMEDEO C.F.CRSMDA52B25L293L, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA CONSULTA 50, presso lo
studio
dell’avvocato
MANCINI
ANTONIO,
che
lo
Data pubblicazione: 16/01/2014
rappresenta e difende;
– controricorrente nonchè contro
CRESCENZI PIETRO, CRESCENZI GENOVEFFA, CRESCENZI
SANTINA;
avverso la sentenza n. 4012/2006 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/09/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/10/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
ROSARIA SAN GIORGIO;
udito l’Avvocato Mancini Antonio difensore del
controricorrente che si riporta agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.
– intimati –
Svolgimento del processo
1.
– Il Comune di Torricella in Sabina convenne in giudizio Giuseppe
Crescenzi innanzi alla Pretura di Rieti, deducendo di essere
proprietario del fondo sito in agro di Torricella in Sabina, distinto
proprietario di un fondo confinante con quello di sua proprietà, aveva
abusivamente occupato una parte di tale fondo costruendo una nuova
recinzione, e chiese che il convenuto fosse condannato a rimuovere
detta recinzione.
2.
– Il Pretore adì -t°, con sentenza depositata il 17 marzo 1999,
affermò che era stata raggiunta la prova del diritto di proprietà del
Comune sulla striscia di terreno dallo stesso rivendicata,
accogliendo, pertanto, la domanda attorea e rigettando la domanda di
usucapione.
3. – Avverso tale sentenza il Crescenzi propose gravame, che fu
accolto dalla Corte d’appello di Roma con sentenza depositata il 25
settembre 2006.
Osservò il giudice di secondo grado che il Comune appellato non aveva
fornito la prova di essere proprietario della porzione di terreno
oggetto dell’azione di rivendicazione dallo stesso esperita.
Il Crescenzi aveva dedotto che il Comune di Torricella in Sabina era
divenuto proprietario di un appezzamento di terreno confinante con
quello in contestazione in virtù di un atto di permuta, che aveva
anche prodotto. Dalla lettura del documento, però, si evinceva sia che
il Comune aveva acquistato solo una parte della particella n. 59 del
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in Catasto al foglio 22, particella n. 59, e che il Crescenzi,
foglio 22 del Nuovo Catasto Terreni, sia che, probabilmente per un
errore, le parti del contratto di permuta avevano chiesto che nel NCT
fosse intestata al Comune l’intera particella n. 59.
Dalla lettura del rogito – peraltro difficile, trattandosi di atto
Comune fosse già, per altro titolo, proprietario dell’intera parte
residua della particella 59 del foglio 22.
Inoltre, la permuta riguardava una piccola porzione di detta
particella (Ha 1,85 rispetto a Ha 30,15), che, invece, nel NCT era
stata intestata per intero al Comune. Sarebbe stato, pertanto, onere
di quest’ultimo – concluse la Corte d’appello territoriale – chiarire
quando ed in virtù di quale titolo avesse acquistato anche la restante
parte della particella, e fornire la relativa prova.
4.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Comune di
Torricella in Sabina sulla base di due motivi. Resiste con
controricorso Amedeo Crescenzi, erede di Giuseppe Crescenzi.
Motivi della decisione
1. Devono essere preliminarmente esaminate alcune eccezioni di
inammissibilità del ricorso, sollevate dal controricorrente.
1.1. – Con la prima di esse, si deduce la mancata indicazione nel
ricorso del provvedimento impugnato.
1.2. – La eccezione è infondata, in quanto lo stesso controricorrente
ha ammesso che nelle conclusioni finali del ricorso sono indicati gli
estremi della sentenza oggetto di impugnazione.
1.3. – Con la seconda eccezione si sostiene l’inammissibilità del
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manoscritto con grafia arcaica e ricco di note, non si desumeva che il
ricorso per essere stato notificato all’erede presso il domicilio
eletto dal defunto.
1.4.- Anche tale eccezione è priva di fondamento. La notifica di cui
si tratta è avvenuta alla parte personalmente presso il domicilio
Deve, in proposito, richiamarsi il
principio in base al quale,
qualora il procuratore costituito abbia omesso di dichiarare in
udienza o di notificare alle altre parti, fino all’udienza di
discussione, l’avvenuta morte o perdita di capacità della parte da
lui rappresentata, la posizione giuridica di quest’ultima resta
stabilizzata, rispetto alle altre parti ed al giudice, quale persona
ancora esistente e capace, con correlativa ultrattività del mandato
ad litem. In tale ipotesi, l’impugnazione può essere notificata o al
procuratore del deceduto o agli eredi personalmente ai sensi
degli artt. 137 ss. cod. proc. civ. Pertanto, è nulla la
notificazione effettuata agli eredi personalmente e individualmente,
ma presso il procuratore costituito della parte deceduta, in quanto
privo del potere di rappresentanza degli eredi stessi (v. Cass., sent.
eletto dal suo dante causa.
n. 293 del 2002).
Nella specie, peraltro,
la nullità è stata sanata con il
raggiungimento dello scopo dell’atto.
2. – Con il primo motivo si deduce omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per
il giudizio. Il giudice di secondo grado aveva affermato che il Comune
era proprietario della parte della particella 59 a confine con la
5
L,
particella
n.
64,
di
proprietà
del
convenuto,
e
poi,
contraddittoriamente, aveva rigettato la domanda per non avere il
Comune stesso provato la proprietà della striscia di terreno
controversa. La Corte di merito non avrebbe dovuto indagare sulla
rilevava ai fini della legittimazione attiva e della prova era che
l’attore fosse proprietario della porzione di terreno controversa.
La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del
seguente quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366-bis cod.proc.civ.,
applicabile nella specie
ratione temporis: <Nell’azione di rivendica l’attore deve provare la proprietà della porzione di bene oggetto di causa, mediante la produzione dell’atto di acquisto a titolo derivativo o la prova dell’acquisto a titolo originario, restando irrilevanti le eventuali successive modifiche di numerazione, mediante accorpamenti ad altre particelle, non importando la identificazione catastale del bene ma la prova della proprietà dello stesso>.
2. La censura è immeritevole di accoglimento.
In realtà, il quesito appare inconferente. La Corte di merito ha
affermato che il Comune non aveva provato l’acquisto dell’intera area
rivendicata e che tale prova non era desumibile dall’atto di permuta
del 10 febbraio 1960, in quanto con esso era stata trasferita non
l’intera particella n. 59, ma solo una piccolissima porzione di essa.
3. – Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione
di norme di diritto. Avrebbe errato la Corte di merito nel qualificare
l’azione come revindica anziché come azione di regolamento di confini
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proprietà della totalità della particella 59, in quanto ciò che
o azione negatoria in quanto il Comune, attuale ricorrente, non aveva
chiesto l’accertamento della proprietà di un bene ma solo la rimozione
della recinzione apposta sul suo terreno, e, quindi, implicitamente
l’accertamento della linea di confine tra i fondi, asserendo che
alcun contrasto circa la qualificazione giuridica del fatto, e,
quindi, con riguardo alla norma applicabile, avendo il convenuto
riconosciuto nell’attore il proprietario del fondo confinante, sia
pure con clausola di stile poi contestata genericamente nelle
conclusioni, senza che ciò potesse mutare la domanda in revindica,
mancando un contrasto tra titoli relativamente al medesimo terreno.
Ne conseguiva la esclusione del rigoroso onere probatorio di cui
all’art. 948 cod.civ. in materia di azione di rivendicazione, e
l’applicazione dell’art. 950 cod.civ. in tema di regolamento di
confini.
La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del
seguente quesito di diritto:
<L’azione di rivendica postula l’esistenza di un conflitto tra titoli determinato dal convenuto che nega la proprietà dell’attore, contrapponendo al titolo da costui vantato un proprio, diverso, incompatibile titolo di acquisto, mentre l’azione di regolamento di confini presuppone non una controversia tra titoli, bensì la contestazione della sola delimitazione delle rispettive proprietà, senza che essa perda la sua natura ricognitiva nel caso in cui l’eliminazione dell’incertezza comporti, come corollario, l’obbligo di rilascio di una porzione di fondo 7 quella posta dal Crescenzi fosse erronea. Né tra le parti vi era stato indebitamente posseduta, ne consegue che quando 11 convenuto non contesti la proprietà dell’attore l’azione vada qualificata come regolamento di confini anche se abbia come conseguenza la restituzione di una porzione di bene posseduta dal convenuto>.
la novità della questione, introdotta per la prima volta nella
presente sede.
Essa è poi, comunque, inammissibile per irrilevanza, sia perché la
sentenza non si è richiamata alla necessità di una probatio diabolica,
sia perché la prova della proprietà è necessaria per la sussistenza
della legittimazione ad agire per il regolamento di confini.
5. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.
In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del presente
giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo, devono essere
poste a carico del ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio, che liquida in complessivi euro 2700,00, di cui
euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
civile, il 23 ottobre 2013.
4. – La doglianza non può trovare ingresso nel presente giudizio, per