Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 813 del 14/01/2011

Cassazione civile sez. I, 14/01/2011, (ud. 17/12/2010, dep. 14/01/2011), n.813

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 31365-2007 proposto da:

DELETRON S.R.L. (p.i. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE 14, presso l’avvocato BARBANTINI MARIA TERESA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MENGHINI ATHOS, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

GLT S.R.L. (p.i. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato CAPELLO PIER CARLO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1653/2006 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 20/10/2006;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/12/2010 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

lette le conclusioni scritte del Cons. Deleg. dott. BERNABAI: il

ricorso possa essere deciso in camera di consiglio, ricorrendo la

fattispecie di cui all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

Fatto

RITENUTO

che con atto di citazione notificato il 26 giugno 2000 la DELETRON s.r.l. conveniva dinanzi al Tribunale di Torino la G.L.T. s.r.l., proponendo opposizione al decreto ingiuntivo per il pagamento della somma di L. 35.482.200, a titolo di prezzo di vendita di prodotti elettronici; svolgendo, altresì, domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni, o in subordine eccezione di compensazione, da inadempimento di un patto di non concorrenza, in base al quale la società opposta si era impegnata a non effettuare trattative dirette o indirette con clienti della DELETRON s.r.l.;

che, costituitasi ritualmente, la G.L.T. s.r.l. negava la violazione del patto, dai momento che la DELETRON s.r.l. non le aveva preventivamente indicato il nome del cliente su cui non interferire, com’era suo onere contrattualmente previsto;

che con sentenza 3 maggio 2004 il Tribunale di Torino rigettava sia l’opposizione sia la domanda riconvenzionale, motivando che non era stata offerta la prova della prescritta comunicazione del potenziale cliente;

che il successivo gravame era respinto dalla Corte d’appello di Torino con sentenza 22 ottobre 2006, sul rilievo pregiudiziale della illiceità parziale del patto di non concorrenza: che, se riferito al divieto di partecipare a trattative commerciali con enti pubblici mediante gara, integrava il reato di turbata libertà degli incanti (art. 353 cod. pen.);

che avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione la DELETRON s.r.l. deducendo, in due motivi, la violazione dell’art. 1418 cod. civ. in relazione all’art. 353 cod. pen. e la falsa applicazione delle norme in materia di concorrenza sleale;

che resisteva con controricorso la G.L.T. s.r.l.;

che all’udienza camerale del 17 Dicembre 2010, dopo la relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ., le parti non comparivano ed il P.G. non moveva rilievi.

Diritto

CONSIDERATO

che la norma incriminatrice di cui all’art. 353 cod. pen. (Turbata libertà degli incanti) è volta ad assicurare il regolare svolgimento delle aste pubbliche e delle licitazioni private e, in ordine all’elemento oggettivo, prevede che la collusione in cui essa si sostanzia (unica ipotesi pertinente al caso in esame, essendo escluse le ulteriori modalità previste: violenza, minaccia, doni, promesse o altri mezzi fraudolenti) debba consistere in una intesa, più o meno clandestina, che abbia come finalità esclusiva l’impedimento o la turbativa della gara, ovvero l’allontanamento degli offerenti;

che l’elemento psicologico è il dolo, consistente nella volontà consapevole di determinare uno dei predetti risultati facendo uso di uno dei mezzi sopra richiamati;

che non appare quindi riconducibile alla fattispecie penale, nè viziato da nullità virtuale (art. 1418 cod. civ.), il patto di non concorrenza stipulato ex art. 2596 cod. civ. se destinato ad una pluralità indeterminata di contratti possibili, che solo accidentalmente possano riguardare la Pubblica amministrazione;

che, del resto, il divieto di concorrenza accede, quale obbligo legale, all’alienazione dell’azienda (art. 2557 cod. civ.), o al suo affitto (art. 2562 cod. civ.) e non è dunque ammissibile postularne, a priori, la sua contrarietà a norma imperativa in caso di contingente applicabilità a forme di partecipazione ad incanti pubblici: il che, in caso di impresa attiva esclusivamente o prevalentemente nel settore dei contratti pubblici, importerebbe, di fatto, la sua disapplicazione;

che resta impregiudicato, nella specie, l’accertamento, nel merito, dell’effettiva violazione del patto ed assorbita la disamina delle ulteriori censure sotto il profilo della concorrenza sleale.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese della fase di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2011

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