Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8129 del 23/04/2020

Cassazione civile sez. III, 23/04/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 23/04/2020), n.8129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 2634 del ruolo generale dell’anno

2017, proposto da:

V.F., (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso, giusta

procura allegata al ricorso, dall’avvocato Daniele Sacra (C.F.: SCR

DNL.. 74A11 H501V);

– ricorrente –

nei confronti di:

COMUNE DI MONTEROTONDO, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Sindaco,

legale rappresentante pro tempore;

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore;

ROMA CAPITALE, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Sindaco, legale

rappresentante pro tempore;

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma n.

3904/2016, pubblicata in data 17 giugno 2016;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

10 gennaio 2020 dal consigliere Dott. Augusto Tatangelo;

uditi:

il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale

Dott. Cardino Alberto, che ha concluso per la dichiarazione di

inammissibilità del ricorso;

l’avvocato Daniele Sacra, per il ricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

V.F. ha agito in giudizio nei confronti dell’agente della riscossione Equitalia Sud S.p.A. (poi divenuta Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A.), nonchè dei comuni di Monterotondo e di Roma Capitale, opponendosi ad un preavviso di fermo amministrativo di beni mobili registrati fondato su cartelle di pagamento relative a crediti derivanti, tra l’altro, da sanzioni amministrative per violazioni del C.d.S.. L’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di Tivoli.

La Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorre il V., sulla base di tre motivi.

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli enti intimati.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Art. 360 c.p.c. comma 1, n. 2. Violazione delle norme e dei principi in tema di competenza. Violazione della L. n. 689 del 1981, art. 22 bis oggi D.Lgs. n.. 150 del 2011, artt. 6 e 7”.

Il motivo è inammissibile.

La censura con esso avanzata riguarda una questione relativa alla competenza per materia del giudice adito in primo grado dallo stesso ricorrente (cioè il Tribunale di Tivoli).

Va in primo luogo rilevato in proposito che, sul punto, il ricorso difetta palesemente di specificità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, dal momento che non è in esso precisato se, in che fase ed in che atti del giudizio di primo grado era stata specificamente avanzata, o eventualmente rilevata di ufficio del giudice, la indicata questione di competenza, il che impedisce a questa Corte di valutare se essa stessa sia o meno preclusa, ai sensi dell’art. 38 c.p.c..

D’altra parte, essendo il ricorrente l’unica parte attrice nel presente giudizio, appare evidente il suo difetto di legittimazione a sollevare una questione di competenza del giudice adito, in relazione a domande da lui stesso proposte davanti al tribunale, e ciò anche in base al principio generale desumibile dall’art. 157 c.p.c., comma 3.

2. Con il secondo motivo si denunzia “Violazione di legge in relazione all’onere della prova circa la notifica delle cartelle e dei presupposti verbali. Violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 116 c.p.c.”.

Il motivo è inammissibile.

Le censure con esso avanzate riguardano la questione (oggetto del secondo motivo dell’appello proposto dal ricorrente) dell’onere della prova della notificazione dei verbali di accertamento delle infrazioni al codice della strada nonchè delle conseguenti cartelle di pagamento, poste a base della procedura di riscossione esattoriale e, in particolare, del fermo amministrativo di beni mobili registrati oggetto del preavviso dell’agente della riscossione per cui è causa.

Dette censure non colgono adeguatamente l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata sul punto e non sono comunque sufficientemente specifiche.

La corte di appello ha in effetti dichiarato inammissibile l’indicato motivo di appello avanzato dal V., ai sensi dell’art. 342 c.p.c., per difetto di specificità, rilevando che le allegazioni contenute nell’atto di gravame in relazione al merito della decisione di primo grado erano del tutto generiche e, in particolare, che la pretesa eccezione di prescrizione era formulata in termini talmente generici dai doversi escludere che essa potesse ritenersi effettivamente mai proposta.

Nel motivo di ricorso in esame non vi è una specifica contestazione della decisione impugnata, nella parte in cui ha ritenuto generico il suddetto motivo di appello (l’unico attinente al merito dell’opposizione originariamente proposta, del resto) e, tanto meno, è adeguatamente richiamato il contenuto del gravame (come avrebbe imposto la previsione di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), onde consentire a questa Corte di verificare se effettivamente esso potesse ritenersi sufficientemente specifico, diversamente da quanto affermato dalla corte di appello.

Il ricorrente si limita ad argomentare in fatto ed in diritto le ragioni per cui, a suo avviso, l’opposizione avrebbe dovuto trovare accoglimento.

Poichè dunque le censure non colgono adeguatamente la effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata, sul punto in contestazione, e non risultano inoltre sufficientemente specifiche nel riferimento agli atti processuali rilevanti, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il motivo di ricorso in esame non può essere esaminato nel merito.

3. Con il terzo motivo si denunzia “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Il ricorrente deduce che la corte di appello avrebbe omesso di esaminare due fatti decisivi per il giudizio.

3.1 Il primo dei suddetti “fatti” (sub lettera a) è indicato in modo sostanzialmente incomprensibile: non è chiaro dall’articolazione della censura se il ricorrente intenda riferirsi nuovamente alla questione di competenza (già esaminata in relazione al primo motivo di ricorso, al quale può farsi rinvio, per quanto occorra) ovvero alla richiesta cautelare di sospensione della procedura di riscossione avanzata in sede di merito.

Neanche si comprende quale sarebbe il carattere decisivo dell’omissione e l’eventuale pregiudizio che ne sarebbe derivato.

La censura è pertanto certamente inammissibile, anche tenuto conto che si tratta comunque di questioni non ammissibili nel giudizio di legittimità, in quanto precluse e/o comunque del tutto estranee al suo oggetto.

3.2 Il secondo “fatto” decisivo di cui il ricorrente lamenta l’omesso esame (sub lettera b) riguarda ancora una volta il merito dell’opposizione da lui proposta (segnatamente: l’eccezione di pagamento di alcune delle sanzioni amministrative contestate nonchè l’eccezione di prescrizione).

Le censure, ancora una volta, non colgono adeguatamente l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata sul punto. La corte di appello si è infatti limitata a dichiarare inammissibile per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 342 c.p.c. l’unico motivo del gravame attinente al merito dell’opposizione, come già chiarito.

Il motivo di ricorso in esame sconta dunque i medesimi profili di inammissibilità indicati in relazione al secondo motivo, cui si fa integrale rinvio, per quanto possa occorrere.

4. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Nulla è a dirsi in ordine alle spese del giudizio, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– nulla per le spese.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA