Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8124 del 22/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 8124 Anno 2016
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: LUCIOTTI LUCIO

SENTENZA
sul ricorso 4127-2010 proposto da:
DOMUS LONATI DI LUCIANO LONATI & C SAS, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA LARGO SOMALIA 67, presso lo studio
dell’avvocato RITA GRADARA, rappresentato e difeso
dagli avvocati NICOLETTA DOLFIN, GASPARE FALSITTA,
2016

giusta delega a margine;
– ricorrente –

251
contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

sul ricorso 4139-2010 proposto da:

tina toe –

Data pubblicazione: 22/04/2016

DOMUS LONATI DI LUCIANO LONATI & C SAS, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA LARGO SOMALIA 67, presso lo studio

rappresentato e

dell’avvocato RITA GRADARA,

difeso

dagli avvocati NICOLETTA DOLFIN, GASPARE FALSITTA,

– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata
avverso

le

sentenze

COMM.TRIB.REG. di MILANO,

n.

101

e

102/2008

della

depositate il 30/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/01/2016

dal

Consigliere Dott. LUCIO

LUCIOTTI;
udito il

P.M.

in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. LUIGI CUOMO, che ha concluso per il
rigetto di entrambi

i ricorsi.

giusta delega a margine;

R.G. n. 4127/10

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 101/19/08 del 30 dicembre 2008,
non notificata, la Commissione tributaria regionale
della Lombardia accoglieva l’appello proposto
dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della

aveva annullato l’avviso di accertamento emesso nei
confronti della Domus Lonati s.a.s. di Luciano Lonati
& C., ai fini IRPEG, IRAP e IVA relativamente al
periodo 26 giugno – 31 dicembre 2002, per il recupero
a tassazione di costi ritenuti indeducibili in guanto
relativi ad operazioni inesistenti.
Il giudice d’appello, in particolare, ritenendo
insufficienti le prove che la società contribuente
aveva prodotto per dimostrare l’effettività delle
prestazioni di facchinaggio rese in suo favore da
alcune cooperative fornitrici di manodopera,
principalmente dalla cooperativa Pulidoro a r.1.,
dichiarava la legittimità dell’atto impositivo ma, in
accoglimento dell’eccezione riproposta dalla
contribuente, rideterminava le sanzioni pecuniarie
facendo applicazione del cumulo giuridico di cui
all’art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997.
La società contribuente propone ricorso per
cassazione adducendo tre motivi, per nullità del
procedimento per violazione del contraddittorio
(primo motivo), per contraddittorietà della
motivazione della sentenza impugnata per aver
ritenuto la legittimità dell’atto impositivo
nonostante il riconoscimento dell’effettività di una
parte delle prestazioni ritenute inesistenti (secondo
1

Commissione tributaria provinciale di Milano che

R.G. n. 1127/10

motivo) e per omessa motivazione sulla contestata
contraddittorietà intrinseca dell’avviso di
accertamento (terzo motivo).
L’Agenzia non spiega difese.
identica

Con

sentenza

n.

102/19108

pure

pronunciata in data 26 novembre 2008 e depositata il

Commissione tributaria regionale accoglieva l’appello
proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la
sentenza della Commissione tributaria provinciale di
Milano che aveva annullato altro avviso di
accertamento emesso con analoga motivazione sempre
nei confronti della Domus Lonati s.a.s. di Luciano
Lonati & C., ai fini IVA ed IRAP relativamente al
medesimo periodo (26 giugno – 31 dicembre 2002).
La società propone identico ricorso

per

cassazione, affidato ai predetti tre motivi, e
l’Agenzia anche in questo giudizio non spiega difese.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Preliminarmente va osservato che lo stretto

rapporto

di

connessione,

sia

oggettiva

che

soggettiva, tra i due giudizi di cui sopra, rendstuo
opportuna la riunione di quello più recente (R.G. n.
4139/10) a quello più antico di ruolo (R.G. n.
4127/10).
2.

Con il primo mezzo, accompagnato da idoneo

quesito di diritto, la società ricorrente denuncia ai
sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., in relazione agli
artt. 101 c.p.c. e 111 Cost., la violazione del
principio del contraddittorio sostenendo che entrambi
i precedenti gradi di giudizio erano stati celebrati
senza la necessaria partecipazione dei soci, da
2

30 dicembre 2008, non notificata, la medesima

R.G. n. 4127/10

ritenersi litisconsorti necessari di essa società in
accomandita semplice, posto che i redditi relativi al
periodo di imposta 26 giugno-31 dicembre 2002, così
come rideterminati con l’avviso di accertamento
impugnato, erano stati loro imputati per trasparenza.
3. Con il secondo mezzo la ricorrente censura la

c.p.c., deducendone la contraddittorietà nella parte
in

cui

convalida

integralmente

l’avviso

di

accertamento i nonostante il riconoscimento
dell’effettività di una parte delle prestazioni
fatturate.
4. Con il terzo ed ultimo mezzo, anche questo
prospettato ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., la
ricorrente si duole dell’omessa pronuncia del giudice
d’appello sul motivo di impugnazione dell’atto
impositivo proposto fin dal ricorso introduttivo con
riferimento

all’intrinseca

contraddittorietà

dell’avviso di accertamento che, pur facendo
riferimento ad operazioni “in nero” e dunque
effettive, ancorché non contabilizzate, recupera a
tassazione i costi relativi a tutte le prestazioni di
facchinaggio fatturate.
5. Il primo motivo è fondato e va accolto.
Nel caso di specie l’Agenzia ha proceduto con un
unico atto ad accertamenti in materia di Irpeg, Irap
ed Iva a carico di una società di persone, fondati su
elementi comuni della fattispecie costitutiva
dell’obbligazione dedotta in detto atto, emersi a
seguito di attività ispettiva svolta a carico della

società ricorrente dalla G.d.F. e compendiata nel
processo verbale di constatazione del 17.5.2004,
3

sentenza d’appello ai sensi dell’art. 360, n. 5,

R.G. n. 4127/10

espressamente

richiamato

nell’atto

autoritativo.

Orbene, proprio l’unitarietà dell’accertamento alla
base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi
delle società di persone e dei soci delle stesse e la
conseguente automatica imputazione dei redditi a
ciascun socio, proporzionalmente alla quota di

percezione degli stessi, ha indotto la giurisprudenza

di questa Corte, a partire dall’arresto delle Sezioni
Unite n. 14815 del 2008 fino alla più recente Cass.
n. 25300 del 2014, a ravvisare l’inscindibilità delle
situazioni involgenti la società ed i membri della
stessa e, in caso di ricorso tributario proposto
dall’una o dagli altri, anche singolarmente
considerati, la necessità del “simultaneus processus”
e,

quindi, la sussistenza di un litisconsorzio

originario, fatta salva la sola ipotesi –

nella

specie non ricorrente – in cui il socio non prospetti
esclusivamente questioni personali (cfr. Cass., S.U.,
n. 14815 del 2008.
)
La circostanza, poi, che l’accertamento impugnato
concerna anche l’imponibile IVA non è comunque idonea
ad escludere la necessità del litisconsorzio
necessario nei confronti dei soci e ciò in virtù del
principio più volte ribadito da questa Corte, secondo
cui, ove l’Agenzia abbia proceduto con un unico atto

ad accertamenti dell’Irpeg, dell’Irap (assimilata
all’Irpef ed imputata per trasparenza ai soci,
seconda Casa.,, sez. un., n. 10145 del 2012) e

dell’IVA a carico di una società di persone, fondati
su elementi comuni, il profilo dell’accertamento
impugnato concernente l’imponibile IVA, che non sia
4

partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla

R.G. n. 4127/10

suscettibile di autonoma definizione in funzione di
aspetti ad esso specifici, non si sottrae al vincolo
necessario del “simultaneus processus” per
l’inscindibilità delle due situazioni (cfr. Cass.,
ord. n. 12236 del 2010; sent. n. 6935 del 2011, ord.
n. 2094 del 2015; sent. n. 21340 del 2015 in ipotesi

di “non spezzare l’unitarietà del processo connessa
all’unitarietà dell’accertamento” ha indotto le
sezioni unite di questa Corte ad affermare, nella
citata sentenza n. 10145 del 2012, che quando
l’amministrazione ha proceduto con un unico
accertamento ai fini IVA e ai fini IRAP, è comunque
ravvisabile l’opportunità del “simultaneus processus”
anche per quanto riguarda l’IVA.
Peraltro nel caso qui vagliato neanche ricorrono
le due ipotesi in cui la Corte ha ritenuto di poter
escludere la necessità di declaratoria di nullità
dell’intero giudizio con rimessione degli atti al
primo giudice i e cioè quella della trattazione
simultanea dei giudizi nei gradi di merito da parte
della medesima Commissione o la pendenza in
Cassazione di tutte le cause concernenti la società e
tutti i soci in relazione ad entrambi gli anni
d’imposta in esame (in termini, Cass., ord. n. 2094
del 2015).
Conclusivamente, in accoglimento del primo motivo
di ricorso, che assorbe gli altri, va dichiarata la
nullità dell’intero giudizio, con rimessione degli
atti alla Commissione tributaria provinciale di
Milano, che provvederà all’integrazione del
contraddittorio

nei

confronti
5

dei

soci

della

di distinti atti impositivi). Peraltro, la necessità

R.G. n.

4127/10

ricorrente società e che, in diversa composizione,
deciderà la controversia nel merito, provvedendo
anche alla liquidazione delle spese del giudizio di
legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il primo

impugnata e dispone la rimessione degli atti alla
Commissione tributaria provinciale di Milano, in
diversa composizione, che provvederà anche alla
liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio
della 5″ sezione civile del 25 gennaio 2016.

motivo, assorb gli altri, cassa la sentenza

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