Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8123 del 23/04/2020

Cassazione civile sez. III, 23/04/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 23/04/2020), n.8123

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18258-2018 proposto da:

C.N., CU.VA., elettivamente domiciliati in

ROMA, P.ZA DELLA BALDUINA 59, presso l studio dell’avvocato CLAUDIO

MARCONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONIO GAGLIARDO;

– ricorrenti –

contro

VFS SERVIZI FINANZIARI SPA, FALLIMENTO (OMISSIS) SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1636/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 30/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/12/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato via pec il 29/5/2018 avverso la sentenza n. 1636/2017 della Corte d’Appello di Brescia, depositata il 30/11/2017 e non notificata, C.N. e Cu.Va. propongono gravame innanzi alla Corte di cassazione affidandolo a tre motivi. Resiste VFS Servizi Finanziari S.p.a. (VFS) che non propone controricorso.

2. Per quanto qui d’interesse, con decreto ingiuntivo n. 4389/2013 del Tribunale di Bergamo, VFS ingiungeva a (OMISSIS) s.r.l., debitrice principale, al C. e alla Cu., in qualità di fideiussori, il pagamento della somma di Euro 298.400,17, oltre interessi di mora e spese della fase monitoria. VFS deduceva che il credito trae origine dai contratti di locazione finanziaria conclusi con (OMISSIS) per l’acquisto di mezzi di trasporto, rimasti parzialmente inadempiuti. Proponevano opposizione gli ingiunti, qui ricorrenti, i quali chiedevano preliminarmente la loro estromissione dal giudizio, non avendo essi mai sottoscritto alcun contratto di leasing, nè rilasciato alcuna fideiussione, di cui formulavano formale disconoscimento. Quanto al merito, in via gradata, affermavano la natura di leasing traslativo del rapporto contrattuale e, pertanto, chiedevano la revoca del decreto ingiuntivo, deducendo che i beni, al momento della risoluzione del contratto, avessero un valore nettamente superiore a quello di vendita pattuito da VFS; eccepivano, di conseguenza, la compensazione tra il credito vantato da VFS ed il controcredito di (OMISSIS) per le rate pagate. In subordine chiedevano, ai sensi dell’art. 1384 c.c., la riduzione della penale manifestamente eccessiva. Con memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 3, depositata il 20/6/2014, la difesa degli opponenti dichiarava l’intervenuto fallimento di (OMISSIS). All’udienza del 28/10/2014 il Tribunale dichiarava l’interruzione del processo. Con ricorso in riassunzione ai sensi dell’art. 303 c.p.c., depositato il 3/12/2014, i ricorrenti chiedevano la prosecuzione del giudizio di opposizione.

3. Il Tribunale riteneva la riassunzione tardiva e, per l’effetto, con ordinanza del 10/3/2015, dichiarava estinto il processo ai sensi dell’art. 307 c.p.c., comma 3. Avverso l’ordinanza i fideiussori proponevano appello innanzi alla Corte d’Appello di Brescia, chiedendo la separazione della causa da loro proposta rispetto a quella instaurata da (OMISSIS), deducendo che, ricorrendo un litisconsorzio facoltativo ex art. 103 c.p.c., il Tribunale avrebbe dapprima errato nel dichiarare l’interruzione dell’intero giudizio, invece che limitare detto effetto alla parte interessata; e che avrebbe errato, parimenti, nel dichiarare la estinzione senza disporre la separazione del giudizio da quello riguardante il creditore e la società fallita. Assumevano, in subordine, che non essendosi verificato alcun effetto interruttivo con riguardo alla posizione dei fideiussori la interruzione nei loro confronti avrebbe operato solamente con la pronuncia dell’ordinanza del 28/10/2014, per cui la riassunzione doveva ritenersi tempestiva. Chiedevano quindi che si accertasse la tempestività della riassunzione e si disponesse la prosecuzione del giudizio limitatamente al rapporto processuale degli appellanti e VFS, con rimessione della causa al Tribunale di Brescia.

4. Con sentenza n. 1636/2017 la Corte d’Appello di Brescia rigettava l’appello, ritenendo – conformemente alla sentenza di prime cure – che il difetto di tempestivo atto di riassunzione avesse determinato l’estinzione dell’intero processo ai sensi dell’art. 307 c.p.c., u.c.. Il pubblico ministero depositava conclusioni scritte con le quali chiedeva l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione dell’art. 103 c.p.c.. I ricorrenti deducono la sussistenza, tra le parti opponenti, di un litisconsorzio facoltativo di tipo processuale, essendo le relative cause di opposizione non interdipendenti, seppure proposte con un unico atto. In tesi, il giudice di prime cure avrebbe dapprima erroneamente dichiarato l’interruzione dell’intero giudizio, anzichè limitarne l’effetto processuale solamente riguardo al creditore e al debitore principale fallito e, poi, la successiva estinzione del procedimento senza disporre la separazione dei giudizi nei confronti del creditore e dei fideiussori, con conseguente prosecuzione del processo.

2. Con il secondo motivo si denuncia – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione degli artt. 300,302,303,304 e 305 c.c., nonchè della L. Fall., art. 43, comma 3, la Corte d’appello avrebbe violato le disposizioni indicate per aver ritenuto che l’evento interruttivo si propaghi al debitore solidale in qualità di fideiussore e, per l’effetto, avrebbe fatto decorrere il termine per la riassunzione del processo dalla data di conoscenza legale di tale evento anzichè dal provvedimento giudiziale di interruzione del procedimento.

3. Con il terzo motivo si denuncia – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la nullità della sentenza per violazione delle norme processuali ed in particolare per violazione degli artt. 103,300,302,303,304 e 305 c.p.c. e della L. Fall., art. 43, comma 3. I ricorrenti ritengono che i motivi che precedono si atteggino anche quale motivo di nullità della sentenza o del procedimento.

4. I motivi vanno analizzati congiuntamente per evidente connessione logica delle questioni. Essi sono fondati per quanto di seguito esposto.

4.1. Nelle ipotesi di litisconsorzio facoltativo, è ammessa l’interruzione parziale del procedimento, operante solo nei confronti del procedimento di cui è parte il soggetto colpito dall’evento interruttivo.

4.2. Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, “allorchè il soggetto che perde la capacità processuale è parte di tutti i procedimenti riuniti o unitariamente trattati ovvero di una causa pregiudiziale alle altre oggetto di vari giudizi, tutto il processo si interromperà, con valutazione sul punto rimessa al Giudice del merito”. Spetta, dunque, a quest’ultimo – ed è pertanto incensurabile dinanzi a questa Corte – la valutazione delle situazioni che sono ritenute d’ostacolo alla soluzione della scindibilità dell’interruzione, avendo queste un rilievo di mero fatto e non di diritto (Cass., Sez. U., sentenza n. 15142 del 5/7/2007). In linea generale, la valutazione delle situazioni che possono ostacolare la scindibilità dell’interruzione non è censurabile dinanzi a questa Corte. Purtuttavia, nell’ipotesi di deduzione di un error in procedendo, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il giudice di legittimità assurge a giudice del fatto e, dunque, esamina la conformità al diritto processuale della decisione.

4.3. Ed invero, in situazioni assimilabili a quella in esame, le Sezioni Unite, a partire dal 2007, hanno affermato il principio di diritto per cui “nel caso di trattazione unitaria o di riunione di più procedimenti relativi a cause connesse e scindibili che comporta di regola un litisconsorzio facoltativo tra le parti dei singoli procedimenti confluiti in un unico processo, qualora si verifichi un evento interruttivo che riguardi una delle parti di una o più cause connesse, l’interruzione opera di regola solo in riferimento al procedimento di cui è parte il soggetto colpito dall’evento. In tale eventualità, non è necessaria o automatica la contestuale separazione del processo interrotto dagli altri riuniti o trattati unitariamente, che non devono subire una stasi temporanea, salvo sempre il potere attribuito al giudice dall’art. 103 c.p.c., comma 2, per il quale, in caso di mancata tempestiva riassunzione ovvero quando questa o la ripresa del procedimento interrotto siano avvenute nei termini di cui all’art. 305 c.p.c., ma vi sia stata, nelle more della quiescenza da interruzione, attività istruttoria rilevante anche per la causa de qua, detto giudice potrà disporre la separazione dagli altri procedimenti di quello colpito dall’evento interruttivo, per il quale sarà necessario, e potranno eventualmente rinnovarsi tutti gli atti assunti senza la partecipazione della parte colpita dall’evento interruttivo” (Cass., Sez. U., sentenza n. 15142 del 5/7/2007).

4.4. Come anche chiarito dal Giudice delle Leggi, l’interruzione è “finalizzata esclusivamente alla tutela della parte colpita dall’eVento, la quale, anche se costituita, potrebbe essere pregiudicata nel suo diritto di azione o di difesa, dalla prosecuzione del processo” (C. Cost. 18 giugno 2003, n. 249) ed ha, quindi, la funzione di consentire alla parte, nonostante sia stata colpita da un evento che ne pregiudica, per così dire l’integrità, di difendersi in giudizio, usufruendo di tutti i poteri e facoltà che la legge le riconosce (C. Cost. 26 gennaio 2005, n. 109). Difatti, la normativa prevede una interruzione automatica del processo nel quale una parte sia stata colpita dalla perdita della capacità di stare in giudizio, che ne determina stasi o quiescenza temporanea, non solo per impedire il compimento di atti istruttori inopponibili a detta parte priva della capacità di difendersi, ma pure per evitare preclusioni o decadenze in suo danno (così anche C. Cost., 12 dicembre 1967, n. 139).

4.5. Si veda, a tal proposito, anche la giurisprudenza di questa Corte sull’autonomia delle cause derivate da obbligazioni in solido (ex multis, Cass. 16 novembre 2006 n. 24425, 20 luglio 2006 n. 15954, 31 gennaio 2006 n. 2133). E, nel dettaglio, la configurabilità del litisconsorzio facoltativo nelle ipotesi in cui sia stato richiesto l’adempimento dell’obbligazione dall’unico creditore con un solo decreto ingiuntivo a più debitori in solido (nello stesso senso, cfr. la giurisprudenza da Cass. 4 marzo 1998 n. 2406 a Cass. 4 dicembre 2006 n. 26852).

4.6. Tutto quanto sopra osservato, conduce ad affermare che, quando l’evento interruttivo riguarda una sola delle parti del procedimento, la stasi processuale derivatane ha come unica finalità quella di tutelare colui che perde la capacità di stare in giudizio in conseguenza di tale evento e, dunque, solo su di lui incombe un effettivo onere di riassunzione. Le altre parti, su cui tale evento non si propaga, non avendo alcun obbligo di riassumere un procedimento che nei loro confronti non è in fase di stasi, hanno il diritto di vedere accertata giudizialmente – senza ingiustificate interruzioni o dilazioni- la loro pretesa. Da ciò discende anche che, dopo la riassunzione del procedimento ad opera della parte colpita dall’evento interruttivo (nel cui solo interesse ha operato la interruzione), oppure, dopo la dichiarazione di estinzione parziale del procedimento – parziale, perchè non propagatasi automaticamente alle altre parti, il giudice, ove non abbia esercitato il potere di separare i procedimenti ex art. 103 c.p.c., comma 2, deve disporre la prosecuzione del processo tra le parti non colpite dall’evento interruttivo che non hanno perso la capacità di stare in giudizio e che, pertanto, non hanno alcun obbligo di riassunzione.

4.7. In sintesi, applicando il suddetto principio, in primo luogo deve rilevarsi che l’effetto interruttivo L. Fall., ex art. 43L.F. a rilievo solo sulla posizione processuale del creditore e del debitore fallito. Infatti, nel processo in cui siano state introdotte più “domande” – ex artt. da 103 a 106 c.p.c. – per giurisprudenza costante (Cass., Sez. 3, ordinanza n. 9960 del 20/4/2017; Sez. U., sentenza n. 9686 del 22/4/2013; Sez. U., sentenza n. 15142 del 5/7/2007), l’effetto interruttivo non si propaga alle domande delle parti che non hanno perso la capacità di stare in giudizio. In secondo luogo, deve ritenersi che ” una volta che, a proposito del processo nel quale siano estate introdotte più domande (artt. 103 a 106 c.p.c.), si accoglie (…), l’interpretazione per cui, come regola, l’evento interruttivo che coglie la parte di una di tali domande non si propaga ai giudizi riuniti, ciò significa che rispetto agli altri, che si trovano a contraddittorio integro, non si può profilare nè la necessità di una loro riassunzione, nè quella di una loro estinzione per esserne mancate la prosecuzione spontanea o la riassunzione” (Sez. U., sentenza n. 9686 del 22/4/2013): dunque, è corretto assumere, quale ulteriore conseguenza, che se l’interruzione colpisce solo una delle parti, non può profilarsi come dovuta la riassunzione da parte delle altre, e neppure l’estinzione ad opera del giudice per essere, come nel caso in questione, mancata la riassunzione o la prosecuzione del procedimento. In terzo luogo, si deve ritenere che il giudice, in tali casi, sia tenuto a proseguire il procedimento, non essendosi sui litisconsorti facoltativi propagato l’effetto interruttivo di cui alla L. Fall., art. 43, e ciò anche per ragioni di rispetto del diritto di azione di ciascuna parte.

4.8. Nel caso concreto, la Corte d’Appello ha escluso tale evenienza processuale sull’assunto dell’unitarietà dell’atto di opposizione dei tre debitori e, in particolare, dell’unitarietà dei motivi di opposizione. Più precisamente, nella motivazione della sentenza impugnata si legge che i fideiussori ” oltre a disconoscere le sottoscrizioni apposte sui contratti di locazione finanziaria e sulle fideiussioni, avevano inoltre condiviso con (….omissis) anche i restanti motivi di opposizione attinenti il rapporto contrattuale e la quantificazione del credito azionato con il decreto ingiuntivo”. Tuttavia, non può dubitarsi dell’autonomia e scindibilità della domanda concernente la posizione dei fideiussori avverso il decreto ingiuntivo, tanto più quando, come nel caso, la difesa dei fideiussori consiste nella negazione della sottoscrizione delle fideiussioni. Difatti, i fideiussori sono stati colpiti dal provvedimento monitorio in quanto obbligati in via solidale con il debitore principale, ed hanno fondato la loro opposizione sulla contestazione dell’esistenza o inefficacia non solo del contratto di leasing, ma anche dell’obbligazione fideiussoria (disconoscendone la sottoscrizione) che riguarda unicamente il loro rapporto nei confronti del creditore. Sicchè, ben può ritenersi che il rapporto processuale tra creditore, debitore principale e fideiussori sia di litisconsorzio facoltativo già solo considerando che il creditore avrebbe potuto ingiungere ai debitori separati atti e il debitore, d’altro canto, avrebbe potuto proporre separate opposizioni. Può, dunque, ritenersi che il rapporto processuale si è mantenuto facoltativo, nonostante l’unitarietà dell’atto di opposizione e la condivisione di alcuni motivi di opposizione: da una parte, risultano comunque scindibili i procedimenti tra creditore e debitore principale, e tra creditore e fideiussori; dall’altra, risultano parimenti scindibili le pretese proposte in sede di opposizione, risultando, oltretutto, del tutto autonoma la domanda di disconoscimento delle sottoscrizioni proposte dai fideiussori rispetto ad altre domande contenute nei motivi di opposizione.

5. Conclusivamente, il ricorso va accolto relativamente a ciascun motivo, con assorbimento delle ulteriori questioni relative al dies a quo del termine per la riassunzione, in realtà non dovuta da parte dei fideiussori non interessati dall’evento interruttivo. Di conseguenza, la sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese di questo giudizio.

PQM

La Corte,

accoglie il ricorso;

cassa la sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione terza civile, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2020

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