Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8123 del 08/04/2011

Cassazione civile sez. I, 08/04/2011, (ud. 10/02/2011, dep. 08/04/2011), n.8123

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2101/2010 proposto da:

C.A. quale vedova e coerede legittima di Z.

G., ZA.GI. quale figlio e coerede legittimo di

Z.G., Z.A. quale figlio e coerede

legittimo di Z.G., Z.L. quale figlia

e coerede legittima di Z.G., Z.S.

quale figlio e coerede legittimo di Z.G., tutti

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIULIA DI COLLOREDO 46/48,

presso lo studio dell’avvocato DE PAOLA Gabriele, che li rappresenta

e difende, giusta procura alle liti in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 641/07 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

30.4.08, depositato il 15/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. FEDERICO

SORRENTINO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che C.A., Gi., A., L. e Z.S. – quali eredi di Z.G. – con ricorso del 15 gennaio 2010, hanno impugnato per cassazione – deducendo due motivi di censura nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Venezia depositato in data 15 dicembre 2008, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso di detti eredi – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze il quale, costituitisi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare ai ricorrenti la somma di Euro 1.625,00 a titolo di equa riparazione, oltre gli interessi dalla domanda;

che resiste, con controricorso, il Ministro dell’economia e delle finanze;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 17.666,66, ovvero di Euro 5.833,33 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 12 luglio 2007, era fondata sui seguenti fatti incontestati: a) Z.G. aveva adito la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per il Veneto – con ricorso del 10 gennaio 1998 – chiedendo la riliquidazione della pensione; b) Z.G. era deceduto in data (OMISSIS); c) la Corte adita aveva deciso la causa con sentenza dell’8 novembre 2006;

che la Corte d’Appello di Venezia, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver determinato in tre anni il periodo di tempo necessario per la definizione secondo ragionevolezza del processo presupposto ed aver sottolineato che i predetti eredi, dopo la morte del loro dante causa, non si erano costituiti nel processo pendente dinanzi alla Corte dei conti -, ha determinato il periodo eccedente la ragionevole durata in tre anni e tre mesi ed ha liquidato equitativamente, a titolo di equa riparazione per danno non patrimoniale, la somma di Euro 1.625,00, calcolata sulla base di Euro 500,00 per ogni anno di ritardo, tenuto conto e della natura collettiva del ricorso e della modesta pretesa economica fatta valere nel giudizio presupposto (e, conseguentemente, della modestia della sofferenza patita).

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con i motivi di censura – i quali possono essere congiuntamente esaminati -, il ricorrente denuncia come illegittima, anche sotto il profilo del vizio di motivazione: a) l’applicazione di un parametro di liquidazione dell’indennizzo ingiustificatamente inferiore a quello indicato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo; b) la riduzione dell’indennizzo in considerazione della modesta pretesa economica fatta valere nel giudizio presupposto (e, conseguentemente, della modestia della sofferenza patita) e delle peculiarità del giudizio presupposto;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito precisati;

che, in particolare, le censure sub a) e sub b) sono fondate, perchè i Giudici a quibus si sono discostati dal consolidato orientamento di questa Corte che, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni, orientamento che, nella specie, avrebbe condotto ad una liquidazione dell’indennizzo in misura pari ad Euro 2.500,00, per i tre anni e tre mesi di irragionevole ritardo, da distribuirsi, jure hereditatis, tra tutti gli eredi pro quota;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alle censure accolte;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2;

che, nella specie, il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, va determinato in Euro 2.500,00 per i tre anni e tre mesi di irragionevole ritardo, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4, e B, paragrafo 1, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi – in complessivi Euro 1.080,00 di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 310,00 per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge;

che le spese del presente grado di giudizio compensate per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso – seguono la residua soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze a pagare ai ricorrenti la somma di Euro 2.500,00, oltre gli interessi dalla domanda, da distribuirsi pro quota, condannandolo altresì al rimborso, in favore delle parti ricorrenti, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, in complessivi Euro 1.080,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 310,00 per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore degli avv. Gabriele e Francesco De Paola, dichiaratisene antistatari, e, per il giudizio di, legittimità, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dello stesso avv. Gabriele De Paola, dichiaratosene antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 10 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2011

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