Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8120 del 23/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/03/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 23/03/2021), n.8120

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17201-2019 proposto da:

ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE (OMISSIS), in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende

– ricorrente –

contro

C.P., nella qualità di erede della Signora R.L.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE N. 34, presso

lo studio dell’Avvocato AGOSTINO ROCCO, che lo rappresentata e

difende unitamente all’Avvocato LOGOZZO MAURIZIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5113/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 23/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RUSSO

RITA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. – R.L. ha impugnato una intimazione di pagamento relativa alla cartella di pagamento notificata in data 12 novembre 2004 per a IRPEF e addizionali regionale IRPEF inerente l’anno di imposta 2000. Il ricorso della contribuente è stata accolto in primo grado ritenendosi prescritta la pretesa tributaria. Ha proposto appello l’Agenzia e la CTR della Lombardia ha confermato la sentenza impugnata affermando che “agli atti di riscossione coattiva comunque denominati si applica la prescrizione breve”. Il giudice d’appello ha rilevato che non vi è stato alcun accertamento giudiziale definitivo tra la cartella non pagata, notificata in data 12 novembre 2004 e l’intimazione di pagamento notificata il 17 ottobre 2014 con la conseguenza che deve ritenersi prescritto il diritto azionato dall’agente riscossione oltre il termine di prescrizione quinquennale.

2. – Averso la predetta sentenza l’Agenzia propone ricorso per cassazione affidandosi a un motivo. Resiste con controricorso il C.P. n.q. di erede di R.L.. Assegnato il procedimento alla sezione sesta, su proposta del relatore è stata fissata l’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. notificando la proposta e il decreto alle parti. C.P. ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO

Che:

3. – Con il primo e unico motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2946 e 2953 c.c. nonchè del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 20. Deduce che la CTR ha fatto una erronea applicazione del principio affermato dalle sezioni unite di questa Corte con la sentenza 23397 del 2016, poichè il termine di prescrizione deve comunque ricollegarsi alla natura del credito azionato. Il controricorrente osserva che oggetto di esecuzione sono somme dovute anche a titolo di sanzioni che si prescrivono in cinque anni e che in ogni caso non si applicano agli eredi.

Il motivo è fondato nei termini di cui appresso.

La CTR cita il principio di carattere generale, affermato da questa Corte, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato (Cass. sez. un. 23397/2016).

Ciò non significa che tutti i crediti tributaria abbiano una prescrizione più breve di quella ordinaria, nè che a tutti gli atti di riscossione si applichi la prescrizione breve: anzi è vero il contrario: secondo consolidata interpretazione di questa Corte (cfr. Cass. n. 24322/2014; n. 22977/2010; n. 2941/2007 e n. 16713/2016), “il credito erariale per la riscossione dell’imposta (a seguito di accertamento divenuto definitivo) è soggetto non giù al termine di prescrizione quinquennale previsto all’art. 2948 c.c., n. 4, “per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, bensì all’ordinario termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c., in quanto la prestazione tributaria, attesa l’autonomia dei singoli periodi d’imposta e delle relative obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, derivando il debito, anno per anno, da una nuova ed autonoma valuta5cione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivo”.

I crediti di imposta sono pertanto, in via generale, soggetti alla prescrizione ordinaria decennale, ex art. 2946 c.c., a meno che la legge disponga diversamente (come, ad esempio, la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, per i contributi previdenziali) e, in particolare che i crediti IRPEF, IVA e IRAP, nonchè imposta di registro sono soggetti alla prescrizione decennale, non producendosi alcuna riduzione dell’ordinario termine di prescrizione proprio del credito solo per il fatto della iscrizione a ruolo e emissione della cartella (Cass. 9906/2018; 19969/2019; Cass. 12740/2020).

Sono invece soggette alla prescrizione quinquennale le sanzioni, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 20 (Cass. 5577/2019) che, peraltro, non si applicano agli eredi secondo quanto dispone il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 8 (Cass. 19988/2019).

Per quanto attiene agli interessi, quest’ultima obbligazione è accessoria a quella per sorte capitale e suscettibile di autonome vicende, sicchè il credito relativo a tali accessori rimane sottoposto al proprio termine di prescrizione quinquennale come fissato dall’art. 2948 c.c., n. 4 decorrente dalla data in cui il credito principale è divenuto esigibile (Cass. 30901/2019).

Ne consegue, l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio alla CTR della Lombardia in diversa composizione per un nuovo esame attenendosi ai principi sopra enunciati e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata rinvio alla CTR della Lombardia in diversa composizione per un nuovo esame attenendosi ai principi sopra enunciati e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, camera di consiglio, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2021

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