Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8120 del 08/04/2011

Cassazione civile sez. I, 08/04/2011, (ud. 23/11/2010, dep. 08/04/2011), n.8120

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

G.G., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv. LOJODICE Oscar per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Lecce in data 4 maggio

2009, nel procedimento n. 423/08 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio in

data 23 novembre 2010 dal relatore, Cons. Dott. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto

Procuratore Generale, Dott. ABBRITTI Pietro, che nulla ha osservato.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

“Il Consigliere relatore, letti gli atti depositati;

ritenuto che:

1. G.G. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, avverso il decreto in data 4 maggio 2009, con il quale la Corte di Appello di Lecce ha respinto il ricorso con il quale egli, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, aveva chiesto la condanna del Ministero della Giustizia alla corresponsione di un’equa riparazione per i danni sofferti in relazione alla irragionevole durata del processo in materia di lavoro da lui promosso davanti al Tribunale di Trani in data 21 marzo 2005 e rinviato per la decisione al 15 ottobre 2008;

1.1. il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso;

Osserva:

2. la Corte di appello di Lecce ha respinto ricorso, rilevando che la durata del giudizio doveva ritenersi congrua, essendosi mantenuta nel termine di poco più di tre anni, e non aveva provocato alcuna ripercussione negativa nei confronti del ricorrente;

3. questi ha dedotto, con il primo motivo, contraddittorietà della motivazione e, con il secondo motivo, violazione di legge e vizio di omessa,contraddittoria e insufficiente motivazione; il ricorso appare inammissibile in quanto, con riferimento ai prospettati vizi di motivazione, con un’unica doglianza è stata dedotta genericamente sia la mancanza, che l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione, in violazione dell’obbligo di formulare le censure (e quindi anche i quesiti di diritti e i momenti di sintesi ex art. 366 bis c.p.c.) in modo rigoroso e preciso, secondo le regole di chiarezza indicate dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie ratione temporis, (Cass. 2008/9470), evitando doglianze multiple e cumulative (Cass. 2008/5471), così da non ingenerare incertezze in sede di formulazione e di valutazione della loro ammissibilità (Cass. 2008/2652); inoltre il ricorrente non ha illustrato il motivo di censura con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di detto fatto controverso possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897); con riferimento alla lamentata violazione di legge il motivo appare inammissibile, in quanto il ricorrente non ha concluso l’illustrazione del motivo di censura con la formulazione del quesito di diritto, che non può essere desunto dal contenuto del motivo, non idoneo ad integrare il rispetto del requisito formale specificamente richiesto dalla citata disposizione (Cass. 2007/16002; 2007/23153;

2008/16941; 2008/20409);

4. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi in precedenza formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione in atti;

ritenuto che, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che le spese del giudizio di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del Ministero della Giustizia delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 900,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2011

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