Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8117 del 23/04/2020

Cassazione civile sez. III, 23/04/2020, (ud. 13/12/2019, dep. 23/04/2020), n.8117

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22385/2018 proposto da:

PROVINCIA RELIOSA DI (OMISSIS), in persona del Legale Rappresentante

pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIULIANO MARIA POMPA;

– ricorrente –

contro

CATTOLICA DI ASS.NI COOP SOC A R.L., in persona del procuratore Dott.

B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE, 38, presso lo studio dell’avvocato PIERFILIPPO COLETTI, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AMISSIMA ASSICURAZIONI SPA, N.N., N.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3234/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2019 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GIULIANO MARIA POMPA;

udito l’Avvocato FRANCESCO ALESSANDRO MAGNI;

udito l’Avvocato GIORGIO CAPUIS;

udito l’Avvocato PIERFILIPPO COLETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con citazione 12-1-2012 N.N. e P., in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sui minori N.F., E. e B., convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la Provincia Religiosa di (OMISSIS), per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti a seguito della condotta negligente tenuta dai sanitari della detta struttura ospedaliera in occasione dell’assistenza prestata in data (OMISSIS) alla gestante N.P., che nell’occasione aveva partorito il figlio F. con gravissimi postumi permanenti.

Si costituì la Provincia chiedendo il rigetto della domanda e l’autorizzazione a chiamare in causa le proprie compagnie assicuratrici per la responsabilità civile al fine di essere dalle stesse manlevate.

Ottenuta l’autorizzazione, si costituirono la Cattolica Assicurazioni e la Duomo Uni-One (in co-assicurazione) nonchè la Carige Ass.ni, eccependo in particolare l’inoperatività delle stipulate polizze per la presenza nelle stesse di clausole c.d. “claims made”.

Con sentenza 27-9-2016 l’adito Tribunale, affermata la responsabilità della convenuta struttura ospedaliera, la condannò al risarcimento in favore degli attori; rigettò, invece, per inoperatività delle polizze, la domanda di manleva proposta dalla Provincia; in particolare, al proposito, in fatto, precisò: 1) che la condotta colposa dei sanitari della Provincia si era realizzata nel (OMISSIS), mentre la richiesta risarcitoria era stata formula dalla Provincia per la prima volta nell’agosto del 2009; 2) che tra la Provincia, da una parte, e le Compagnie assicurative Cattolica e Duomo One in coassicurazione (rispettivamente per il 90% ed il 10%), dall’altra, erano state stipulate la polizza (OMISSIS), efficace per il periodo 1-1-2001/31-12-2001 e rinnovata sino al 31-12-2003 (valida per le richieste di risarcimento presentate all’assicurato durante il periodo di efficacia dell’assicurazione “purchè il fatto che ha dato origine alla richiesta di risarcimento sia stato commesso nel medesimo periodo od anche in epoca antecedente tale periodo ma comunque non prima di tre anni dalla data di perfezionamento del presente contratto”), nonchè la polizza (OMISSIS), efficace per il periodo dal 31-12-2003 al 31-12-2005 (contenente analoga clausola); 3) che tra la Provincia e la Compagnia assicurativa Carige era stata stipulata la polizza (OMISSIS), efficace per il periodo 31-12-2005/3112-2008, rinnovata sino al maggio 2009, valida per le richieste di risarcimento presentate all’assicurato durante il periodo di efficacia dell’assicurazione “a condizione che tali richieste siano conseguenti a fatti colposi posti in essere durante il periodo di validità della garanzia e anche in data antecedente l’effetto della presente polizza e comunque non prima del 31-12-2000”; ciò precisato in fatto, ritenne non vessatorie le clausole “claims made” contenute nelle tre polizze in questione, atteso che nelle stesse la copertura era estesa ai fatti commessi nei tre anni precedenti la data di perfezionamento dei contratti, così ampliandosi l’obbligo di garanzia (c.d. clausola “claims made” con garanzia pregressa); al riguardo evidenziò che, in tal caso, infatti, il sinallagma contrattuale, pur operando sicuramente con minore incisività nel periodo finale di validità della polizza con riferimento ai comportamenti posti in essere nel relativo arco temporale, continuava invece ad operare per le richieste di risarcimento relative a comportamenti posta in essere nel periodo anteriore l’inizio di efficacia della polizza.

Con sentenza 3234/2018 del 15-5-2018 la Corte d’Appello di Roma ha rigettato il gravame della Provincia e confermato l’impugnata sentenza.

In particolare la Corte, dopo avere precisato (riportando in sintesi la statuizione di primo grado) il contenuto delle specifiche polizze in questione, ha ribadito la validità e l’efficacia delle clausole “clams made” presenti nelle stesse, che ha ritenuto immuni da censure di vessatorietà ed immeritevolezza. Nello specifico, al riguardo, con riferimento alla polizza Cattolica ((OMISSIS)), dopo avere ribadito le su riportate argomentazioni del primo Giudice, ha ritenuto valida ed efficace la clausola, così come strutturata, anche perchè: 1) doveva comunque considerarsi esistente il rischio (la consapevolezza, da parte dell’assicurato, si aveva, infatti, solo al momento dell’inoltro della richiesta risarcitoria da parte del danneggiato); 2) la clausola doveva ritenersi diretta ad individuare l’oggetto del contratto; 3) le parti avevano valutato, in concreto, la convenienza e l’opportunità di pervenire alla stipulazione di accordi quali quelli in questione (la Provincia, che da anni sottoscriveva garanzie per la responsabilità civile, era infatti ben conscia di come operavano le garanzie stipulate e non vi era alcuna forma di imposizione da parte di un contraente più forte); 4) non era emersa in alcun modo la ragione per la quale la Provincia aveva stipulato, per il periodo successivo al 31-12-2005, nuova polizza con diversa Compagnia (la Carige), sicchè non poteva ipotizzarsi un uso strumentale della facoltà di recesso da parte della Compagnia; 5) al momento della denuncia dell’evento assicurato (agosto 2009), la polizza non era, quindi, più operativa.

Con riferimento, poi, alla polizza Carige ((OMISSIS)), ha ribadito la non operatività della stessa, atteso che, sebbene l’evento dannoso (accaduto nel marzo 2002) rientrasse nel periodo retroattivo di copertura (1-1-2001/30-52009), la richiesta di danno era stata avanzata nell’agosto del 2009, oltre il termine ultimo di validità della garanzia (maggio 2009); la clausola claims made doveva ritenersi, anche in tal caso, non vessatoria (per le ragioni già esposte) e, sebbene carente di una copertura postuma (e cioè della possibilità di una denuncia oltre il periodo di efficacia), anche esente dalla censura di immeritevolezza, atteso che oggetto dell’assicurazione non poteva ritenersi l’evento dannoso (il fatto sinistro-danno) ma il fatto sinistro-denuncia: al riguardo ha quindi osservato che nell’ultimo giorno di validità di una polizza “claims made” possono verificarsi sinistri-denunce afferenti a tutto il periodo pregresso (e quindi anche ad un fatto storico verificatosi molti anni prima), sicchè la copertura offerta dalla “claims made” all’ultimo giorno di validità è assolutamente identica a quella offerta al primo giorno.

Avverso detta sentenza la Provincia Religiosa di (OMISSIS) propone ricorso per Cassazione, affidato a quattro motivi ed illustrato anche da successiva memoria.

Amissima (ex Carige) e Società Cattolica di Assicurazione Coop a r.l., anche quale avente causa della Duomo Uni-One, resistono con separati controricorsi, anch’essi illustrati da successiva memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., art. 1341 c.c., comma 2, artt. 1917 e 1882 c.c., sostiene la vessatorietà, e quindi l’inefficacia, della “condizione speciale” (“claims made”) contenuta in tutte le polizze in questione, per non essere stata specificamente sottoscritta; ribadisce, quindi, la validità di tutte le polizze e l’idoneità delle stesse a garantire il sinistro in questione, intervenuto entro il tempo dell’assicurazione di cui all’art. 1917 c.c.; in particolare sostiene la natura di “condizione” della “claims made”, essendo la fornitura della garanzia assicurativa condizionata all’avverarsi di un circostanza (la richiesta di risarcimento) non gestibile dalle parti, in quanto proveniente da un terzo; nella specie detta clausola limitava l’oggetto del contratto, ed era quindi da ritenersi vessatoria; tanto anche perchè derogava alla disciplina di cui all’art. 1917 c.c., aggravando la posizione contrattuale dell’assicurato e determinando così uno “squilibrio” dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto; il “fatto” (o, meglio, la responsabilità dell’assicurato in ordine al “fatto”) costituiva l’oggetto del contratto/polizza, mentre la richiesta di risarcimento doveva ritenersi mera condizione apposta in polizza e non poteva assurgere ad “oggetto” del contratto; la ricorrente si duole, inoltre, che la Corte territoriale abbia ritenuto, in base a mere congetture, l’assicurato consapevole dei meccanismi della clausola “claims made”.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 1322 c.c., comma 2, con riferimento specifico alla polizza Cattolica (OMISSIS), si duole che la Corte territoriale, sull’erroneo presupposto che la clausola “claims made” sia stata voluta dalla Provincia nella consapevolezza della convenienza della stessa, abbia sostenuto la “meritevolezza” della clausola “claims made”.

Con il terzo motivo la ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 1322 c.c., comma 2 e art. 1932 c.c., sostiene che la clausola “claims made” che esclude le richieste postume sia immeritevole di tutela, sia in quanto attribuisce all’assicuratore un vantaggio ingiusto e sproporzionato senza contropartita sia in quanto pone l’assicurato in una posizione di indeterminata soggezione rispetto all’assicuratore, facendo dipendere la prestazione di quest’ultimo da un evento futuro ed incerto (la richiesta di risarcimento proveniente da un terzo) non ascrivibile all’assicurato.

Con il quarto motivo la ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 4 – violazione dell’art. 112 c.p.c., si duole che la Corte territoriale non si sia pronunciata in ordine alla polizza (OMISSIS).

I motivi, da esaminare congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono infondati.

In linea con le recenti pronunce di questa S.C. a sezioni unite (9140/2016 e 22437/2018), va innanzitutto premesso, in termini generali, che, nel corpo del tipo “assicurazione contro i danni” (artt. 1882 e 1904 e 1918 c.c.), si inquadra il sottotipo “assicurazione della responsabilità civile”, caratterizzato dalla circostanza che il sinistro, delle cui conseguenze patrimoniali l’assicurato intende traslare il rischio sul garante, è collegato non solo alla condotta dell’assicurato danneggiante ma anche alla richiesta, avanzata dal danneggiato, di risarcimento per detta condotta; ove, infatti, al comportamento lesivo non faccia seguito alcuna domanda di ristoro, non sorge ovviamente nessun diritto di indennizzo e, specularmente, nessun obbligo di manleva; siffatto sottotipo, delineato dall’art. 1917 c.c., è improntato al sistema “loss occurrence” o “act committed” (e cioè della “insorgenza del danno”), ove la copertura opera, come evidente dal tenore letterale del menzionato art. 1917 c.c., comma 1, in relazione a tutte le condotte generatrici di domande risarcitorie insorte nel periodo di durata del contratto, indipendentemente dalla data della richiesta risarcitoria; siffatto modello codicistico, tuttavia, non essendo l’art. 1917 c.c., comma 1, menzionato dall’art. 1932 c.c., tra le norme inderogabili, non è intangibile, sicchè è consentito alle parti, nell’esercizio della loro facoltà di determinare il contenuto del contratto (art. 1322 c.c., comma 1), modulare l’obbligo del garante di tenere indenne il garantito; nell’ambito di detta determinazione del contenuto contrattuale va inquadrato il contratto di assicurazione per responsabilità civile con clausola “claims made” (e, cioè, “a richiesta fatta”), che si caratterizza per il fatto che la copertura assicurativa è condizionata alla circostanza che il sinistro venga denunciato (dal danneggiato all’assicurato e da questi all’assicurazione) nel periodo di vigenza della polizza (o anche in un delimitato arco temporale successivo, ove sia pattuita la c.d. “sunset clause”); detta clausola “claims made”, a sua volta, può essere “pura”, se la copertura assicurativa è condizionata solo alla circostanza che il sinistro venga denunciato nel periodo di vigenza della polizza, indipendentemente dalla data di commissione del fatto illecito; oppure “impura” (o “mista”), se la copertura assicurativa è condizionata alla circostanza che sia la denuncia sia il fatto illecito intervengano nel periodo di efficacia del contratto (con retrodatazione, in alcuni casi, alle condotte poste in essere anteriormente; in genere due o tre anni dalla stipula del contratto).

Ciò precisato in termini generali, va poi evidenziato, in particolare, che, per quanto concerne la sostenuta vessatorietà, nel contratto di assicurazione della responsabilità civile la clausola che subordina l’operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto, o comunque entro determinati periodi di tempo preventivamente individuati (e, cioè, la clausola “claims made” mista o impura), non è vessatoria, in quanto non può essere qualificata come limitativa della responsabilità, per gli effetti dell’art. 1341 c.c. (Cass. S.U. 9140/2016).

Una clausola, invero, è limitativa di responsabilità quando limita le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o esclude il rischio garantito, e cioè esclude una responsabilità che, rientrando nell’oggetto del contratto, sarebbe altrimenti (in mancanza appunto della clausola) insorta; la clausola, “claims made”, invece, è da ritenersi limitativa dell’oggetto del contratto, in quanto riguarda il contenuto ed i limiti stessi della garanzia assicurativa, atteso che la stessa specifica il rischio garantito, allo scopo di stabilire gli obblighi concretamente assunti dalle parti; in altre parole, la clausola in questione circoscrive la copertura assicurativa in dipendenza di un fattore temporale aggiuntivo rispetto al dato costituito dall’epoca in cui è stata realizzata la condotta lesiva, e stabilisce quali siano, rispetto all’archetipo fissato dall’art. 1917 c.c., i sinistri indennizzabili, così venendo a delimitare l’oggetto, piuttosto che la responsabilità (Cass. 17783/2014; Cass. S.U. 9140/2016).

In ordine, poi, alla meritevolezza, va ribadito che il modello dell’assicurazione della responsabilità civile con clausole “on claims made basis”, caratterizzato dal predetto meccanismo di operatività della polizza legato alla richiesta risarcitoria del terzo danneggiato comunicata all’assicuratore, non incide sulla funzione assicurativa (e, quindi, sulla causa in astratto del contratto), in quanto il contratto assicurativo è pur sempre volto ad indennizzare il rischio dell’impoverimento del patrimonio dell’assicurato; siffatto modello, già ampiamente diffuso nell’ambito del mercato assicurativo (anche internazionale), ha trovato, peraltro, di recente, espresso riconoscimento legislativo (con particolare riferimento alla L. n. 24 del 2017, art. 11 e D.L. n. 138 del 2011, art. 3, comma 5, convertito con modificazioni in L. n. 148 del 2011, come novellato dalla L. n. 124 del 2017, art. 1, comma 26), ed è divenuto, pertanto, legalmente tipico; dette disposizioni, infatti, nell’imporre l’obbligatorietà (per le strutture sanitarie) dell’assicurazione per la responsabilità civile, prevedono, al riguardo, un meccanismo non legato al “fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione”, di cui dell’art. 1917 c.c., comma 1 (le dette norme stabiliscono, infatti, tra l’altro, una operatività temporale della garanzia anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la conclusione del contratto, purchè denunciati all’impresa di assicurazione durante la vigenza temporale della polizza, e, in caso di cessazione definitiva dell’attività professionale, prevedono un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi); da siffatta collocazione del modello “claims made” nell’area della tipicità legale, consegue che, rispetto al singolo contratto di assicurazione, non si impone un test di meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, ai sensi dell’art. 1322 c.c., comma 2 (che presuppone l’aticipità), e la tutela invocabile dal contraente assicurato agisce invece sul solo piano della libera determinazione del contenuto contrattuale e della “causa concreta” del contratto (e, cioè dello scopo pratico del negozio, quale sintesi degli interessi che lo stesso negozio è concretamente diretto a realizzare), e concerne il rispetto, in detta determinazione, dei “limiti imposti dalla legge”, ai sensi dell’art. 1322 c.c., comma 1; siffatto test, necessario per ogni intervento conformativo sul contratto inerente al tipo (in ragione del suo farsi concreto regolamento dell’assetto di interessi perseguiti dai contraenti), può investire, in termini di effettività, diversi piani, dalla fase che precede la conclusione del contratto (v. obblighi informativi sul contenuto del contratto) sino a quella dell’attuazione del rapporto (v. facoltà di recesso, da parte dell’assicuratore, al verificarsi del sinistro compreso nei rischi assicurati), con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili implicati; a tal fine va dato massimo rilievo all’equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni, occorrendo accertare se vi sia stato un “arbitrario squilibrio giuridico” tra rischio assicurato e premio (Cass. 22437/2018); siffatti principi sono stati, peraltro, di recente confermati da Cass. 30309/2019, emessa tra la Cattolica e la Provincia ed avente ad oggetto la polizza (OMISSIS).

Nella specie la Corte territoriale, in corretta applicazione dei su esposti principi, ha esattamente ritenuto valide le clausole “claims made” contenute nelle polizze in questione (tutte esaminate dalla Corte medesima, atteso sia il rinvio alla sentenza di primo grado sia la sostanziale identità tra la polizza tra la polizza (OMISSIS) e la (OMISSIS)), escludendo di conseguenza l’operatività delle polizze stesse; nello specifico correttamente ha ritenuto valida anche la polizza (OMISSIS), atteso che la stessa, pur non prevedendo una copertura per denunce successive al periodo di efficacia (e cioè una copertura postuma), comprendeva nella garanzia anche condotte relative ad un lungo periodo precedente la stipulazione, sicchè doveva ritenersi che la clausola claims made offriva una tutela anche nel suo ultimo giorno di validità (o comunque nel suo periodo finale), in virtù del fatto che proficuamente anche l’ultimo giorno poteva essere presentata una richiesta di danno afferente a periodo pregresso; in particolare, poi, la Corte d’Appello ha valutato la sussistenza, in entrambe le parti, della consapevolezza sul modo con il quale operavano le polizze dalle stesse sottoscritte, ed ha escluso sia un uso strumentale della facoltà di recesso sia una imposizione del contenuto ad opera del contraente forte; siffatte valutazioni, implicando questioni di fatto, sono insindacabili in sede di legittimità, se non nei ristretti limiti di cui alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non invocato dalla ricorrente; inammissibili sono, di conseguenza, i rilievi, formulati in ricorso, in ordine alla nullità della clausola “claims made” per violazione del principio di buona fede.

In conclusione, pertanto, il ricorso va rigettato.

In considerazione dell’intervento di questa S.C. a sezioni unite con la sentenza 22437 del 24 settembre 2018 dopo la proposizione del ricorso (17-7-2018), si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese di lite relative al presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato rigettato, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; dichiara compensate tra le parti le spese relative al presente giudizio di legittimità; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA