Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8112 del 22/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 8112 Anno 2016
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: GRECO ANTONIO

C

SENTENZA
sul ricorso proposto da;
AGENZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato
presso la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n.
12;

ricarrente

=trio
GERVASTO CALZATURE ari,

rappresentata e difesa dall’avv.

Francesco Di Ciommo, presso il quale è elettivamentn domiciliata
in Roma alla via Tacito n. 41;
– xmstenbe

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
della Campania, sezione 02, n. 180, depositata il 18 settembre
2008;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 30 gennaio 2015 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
udito l’avvocato dello Stato Barbara Tidore per la
ricorrente e l’avv. Sergio De Felice per la resistente;
udito il P.M., in

persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Federico Sorrentino, Che ha concluso per

frt

Data pubblicazione: 22/04/2016

l’inamissibilità ed in subordine per il rigetto del ricorso.
SVCIZINENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cessazione,
affidato a cinque motivi, nei confronti della sentenza della
Commissione tributaria regionale della Campania che, rigettandone
l’appello, ha confermato l’annullamento dell’avviso di
accertamento, emesso a carico della srl Gervasio Calzature, con
il quale, per l’anno 1999, veniva determinato un maggior reddito

m.

Il giudice d’appello ha infatti ritenuto infondata la
pretesa dell’ufficio in quanto: a) in ordine all’ampia
documentazione extra contabile acquisita, l’illegittimità
dell’accesso (autorizzato per il domicilio

dell’amministratore,

ma in concreto eseguito in altro immobile, costituente domicilio

della madre di quello) “provata inconfutabilmente” aveva
determinato “l’inammissibilità delle

prove raccolte nel corso

dell’attività ispettiva”; b) in ordine alla verifica dei
movimenti sui conti correnti bancari, essi erano intestati “ad
altri soggetti d’imposta, persone fisiche, senza mai dimostrare
(l’ufficio) un collegamento diretto e/o indiretto con la società
verificata”, laddove nel riscontro dei c/c propriamente intestati
alla srl Gervasio Calzature, i movimenti bancari erano “risultati
congrui, corretti e conformi alle risultanze contabili evenienti
dalla verifica delle scritture contabili della medesima società
(libro giornale, mastro ecc.)”.
La società contribuente non ha depositato nei termini
controricorso, ma si è costituita con “controricorso e/o memoria”
al fine di partecipare alla discussione, depositando successiva
memoria in prossimità dell’udienza di discussione.
IVX DEUADECISIONE

Con il primo motivo, denunciando “violazione e falsa
applicazione dell’art. 32, primo comma, n. 7, e dell’art. 39,
primo coma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600”,
l’amministrazione ricorrente assume che, ai fini
dell’accertamento di maggiori redditi d’impresa, i prelevamenti
ed i versamenti su conti bancari intestati ai soci,

ma che siano

comunque utilizzati per il compimento di operazioni riferibili
alla società contribuente si presumono inerenti a ricavi non

t

d’impresa, e quindi maggiori IRPEG, IRAP ed

contabilizzati, qualora lo stesso contribuente non dimostri che
ne ha tenuto conto ai fini della determinazione del reddito o che
non riguardano l’attività d’impresa, e Che pertanto sarebbe
illegittima la sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto
che i prelevamenti ed i versamenti risultanti dai conti intestati
ai soci, recanti movimentazioni finanziari assolutamente
incompatibili con le loro proprie personali attività e fonti di
reddito, non costituissero prova dei maggiori redditi ascritti

Con il secondo motivo denuncia insufficiente motivazione su
tali punti decisivi della causa, esaurendosi la motivazione
stessa in poche ed apodittiche affermazioni, che non tengono
nessun conto degli elementi su cui concretamente si basa
l’accertamento, e cioè sulle movimentazioni dei conti correnti
bancari intestati ai soci ed utilizzati per il compimento di
operazioni societarie, e più specificamente per il pagamento di
svariate forniture esattamente individuate dai verificatori.
I due motivi, da trattare congiuntamente in quanto legati,
si rivelano fondati.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, “in
sede di rettifica e di accertamento d’ufficio delle imposte sui
redditi, ai sensi dell’art. 37, terzo coma, del d.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, l’utilizzazione dei dati risultanti dalle
copie dei conti correnti bancari acquisiti dagli istituti di
credito non può ritenersi limitata, in caso di società di
capitali, ai conti formalmente intestati all’ente,

ma

riguarda

anche quelli formalmente intestati ai soci, amministratori o
procuratori generali, allorché risulti provata
dall’Arministrazione finanziaria, anche tramite presunzioni, la
natura fittizia dell’intestazione o, comunque, la sostanziale
riferibilità all’ente dei conti medesimi o di alcuni loro singoli
dati.” “Ne consegue in ordine alla distribuzione dell’onere
probatorio che una volta dimostrata la pertinenza alla società
dei rapporti bancari intestati alle persone fisiche con essa
collegate, l’Ufficio non è tenuto a provare Che tutte le
movimentazioni che risultano da quei rapporti rispecchino
operazioni aziendali, ma al contrario la corretta interpretazione
dell’art. 32 del d.P.R. n. 600/73 impone alla società

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alla società.

contribuente di dimostrare la estraneità di ciascuna di quelle
operazioni alla propria attività di impresa” (Cass. n. 16575 del
2013; n. 20199 del 2010).
Il giudice d’appello incorre in entrambi i vizi ad esso
addebitati, affermando: che “i rilievi di diritto, esposti
dall’ufficio ed oggetto di appello appaiono pretestuosi,
inammissibili e comunque non supportano l’accertamento neanche
con labili indizi e/o prove Che possano far collegare tali indizi

alle motivazioni”, trascritte in sentenza, della decisione di
primo grado, secondo cui era escluso “che potesse attribuirsi una
qualsiasi rilevanza ai risultati della verifica parziale
effettuata sui conti correnti bancari dei soci, risultati che ben
potevano essere posti a base e fondamento di accertamenti nei
confronti dei titolari dei conti correnti quali persone fisiche,
ma non utilizzabili quali elementi di collegamento con operazioni
commerciali fiscalmente rilevanti riconducibili in capo al
soggetto accertato”; rilevando – a fronte della contestazione Che
le movimentazioni dei conti dei soci non trovavano corrispondenza
con le scritture contabili e si riferivano nella massima parte a
fornitori e clienti della società contribuente -, Che “il
riscontro dei movimenti bancari della srl Gervasio Calzature sono
risultati congrui, corretti e conformi alle risultanze contabili
evenienti dalla verifica delle scritture contabili della medesima
società (libro giornale, mastro ecc.)…, e a nulla rileva che
alcuni soci della medesima società avessero C/C personali con
movimentazioni di somme non collegabili a clienti/fornitori della
società”.
Con il quarto motivo l’amministrazione denuncia “illogica
motivazione su punti decisivi della controversia”, censurando la
sentenza impugnata per aver ritenuto, condividendo le statuizioni
rese con la sentenza della CTR della Campania n. 272 del 2005,
depositata il 24 febbraio 2005, l’illegittimità dell’accesso,
eseguito nell’ambito di una precedente fase di indagine, presso
il domicilio di un socio al corso Romuleo n. 106 di Bisaccia, e
cioè in luogo diverso da quello autorizzato.
Il motivo è inammissibile, in quanto questa Corte, con le
sentenze n. 21779 e n. 21780 del 2011, costituenti nel presente

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ad operazioni commerciali della società accertata”; “riportandosi

giudizio, sul punto, giudicato esterno, rigettando il ricorso
dell’amministrazione (nel secondo caso, avverso la pronuncia
della Un< della Campania da ultimo richiamata), ha confermato, nel giudizio introdotto con l'impugnazione da parte della srl Gervasio Calzature dell'iscrizione di ipoteca e del sequestro conservativo, l'annullamento delle misure, in quanto l'acquisizione dei documenti su cui era fondata la richiesta era avvenuta in domicilio, corso Romuleo n. 106 di Bisaccia, non S. Angelo dei Lombardi, Che si riferiva ad altri luoghi (sul tema, oltre a Cass. n. 21779 del 2011, rv. 619845, cfr Cass. n. 4498 del 2013). Con il terzo motivo, l'Agenzia delle entrate denuncia vizio di insufficiente ed illogica motivazione, per non avere la sentenza impugnata spiegato il nesso tra l'asserita illegittimità dell'accesso eseguito presso il domicilio di un socio nel corso di una precedente verifica generale, e l'accertamento in esame, fondato su un'autonoma indagine bancaria, insensibile ai vizi di un atto compiuto nel corso della fase precedente. Con il quinto motivo, denunciando violazione dell'art. 52 del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell'art. 33 del d.P.R. n. 600 del 1973, dell'art. 270 cod. civ., e degli artt. 2727 cod. civ., l'amministrazione assune che l'illegittima acquisizione di documenti contabili effettuata dai verificatori nel corso dell'accesso domiciliare non debitamente autorizzato comporterebbe come unica conseguenza l'inutilizzabilità della documentazione illegittimamente acquisita, e non anche la nullità di altri atti di indagine che siano assolutamente autonomi ed indipendenti dall'attività viziata. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto strettamente legati, sono fondati. Con riguardo al terzo motivo, e sotto il profilo del vizio di motivazione, la sentenza è equivoca sul punto. Per il resto, è sufficiente considerare che, secondo il principio affermato da questa Corte, "l'inutilizzabilità delle prove acquisite a mozzo di un accesso domiciliare illegittimo riguarda solo le prove e/o le fonti di prova per le quali l'accesso medesimo costituisca una condizione necessaria e non quelle Che trovano nell'accesso una mera 5 contemplato nell'autorizzazione della Procura della Repubblica di occasione, con la conseguenza che sono utilizzabili le informazioni di terzi e le dichiarazioni del contribuente raccolte nell'arribito di un accesso non autorizzato, rispettando i criteri di cui all'art. 52 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 norma dettata in materia di Iva ma applicabile con riferimento alle imposte dei redditi in virtù del richiamo operato dall'art. 33 del d.P.R. 29 sette/re 1973, n. 600 - in quanto le stesse sono collegate all'accesso in rapporto di mera occasionalità, per strada o negli uffici dell'organo deputato all'indagine" (Cass. n. 25335 del 2010). Nella specie le operazioni di verifica dei movimenti bancari costituiscono attività del tutto estranea all'accesso domiciliare. In conclusione, vanno accolti il primo, il secondo, il terzo ed il quinto motivo del ricorso, mentre va dichiarata l'inammissibilità del quarto motivo, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania. P.Q.M. La Corte accoglie il primo, il secondo, il terzo ed il quinto motivo del ricorso, e dichiara l'inammissibilità del quarto motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania. Così decise in Roma il 30 gennaio 2015 Il Consigliere estensore (Antonio Gre ) Il Presidente (Biagio Trgpo) / potendo essere ugualmente acquisite sull'uscio dell'abitazione,

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