Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8111 del 23/04/2020

Cassazione civile sez. III, 23/04/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 23/04/2020), n.8111

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13748/2018 proposto da:

L.F., M.S., elettivamente domiciliati in ROMA,

P.ZA DELLA LIBERTA’ 13, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

VIOLA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNA

CRESPI MARIOTTI;

– ricorrenti –

contro

D.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL VIMINALE 43,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO EUFRATE, rappresentato e

difeso dagli avvocati ANTONELLA GRIBALDO, ANTONELLO TABBO’;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1144/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 03/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/12/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

RILEVATO

che:

a fronte dello sfratto per morosità loro intimato – in relazione ad un immobile ad uso abitativo – da D.S., i coniugi L.F. e M.S. proposero opposizione assumendo di avere provveduto – nel giugno 2013 – alla registrazione del contratto di locazione stipulato verbalmente e di avere versato il canone nella misura stabilita dal D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 3, comma 8;

il Tribunale di Savona, ordinato il rilascio dell’immobile e disposto il mutamento del rito, ha pronunciato sentenza con cui ha dichiarato la nullità del contratto per carenza di forma e ha condannato i convenuti al rilascio e al risarcimento dei danni;

la Corte di Appello di Genova ha rigettato il gravame del L. e della M., ritenendo infondato l’assunto degli appellanti secondo cui la registrazione del contratto aveva sanato la nullità del contratto per vizio di forma; la Corte ha osservato, in particolare, che le pronunce di illegittimità costituzionale hanno naturale efficacia retroattiva, in quanto eliminano la norma dichiarata illegittima con effetto ex tunc, a fronte della sua invalidità originaria, “fermo restando il principio che gli effetti dell’incostituzionalità non si estendono esclusivamente ai rapporti ormai esauriti in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l’ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ovvero per essersi verificate preclusioni processuali, o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia di incostituzionalità”;

hanno proposto ricorso per cassazione il L. e la M., affidandosi ad un unico motivo; ha resistito il D. con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

l’unico motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 136 Cost., “del diritto di rango costituzionale all’abitazione e del D.Lgs n. 23 del 2011, art. 3, commi 8 e 9”: i ricorrenti dichiarano di condividere la premessa della Corte di merito “circa l’efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità costituzionale”, ma assumono che “tale principio si infrange contro la necessità di non compromettere la certezza dei rapporti giuridici preesistenti e di evitare che attraverso la retroattività possano risultare travolti altri diritti di rilievo costituzionale”; ciò premesso, rilevano che Corte Cost. n. 50/2014 “nulla dice in ordine ai suoi effetti temporali” e aggiungono che “gli effetti dell’incostituzionalità non si estendono ai rapporti esauriti o che possano essere considerati ormai consolidati”, precisando che, nel caso specifico, “l’intervenuta registrazione (…) aveva determinato il definitivo consolidamento del diritto soggettivo spettante ai conduttori circa l’esistenza di un rapporto di locazione ad uso abitativo diverso da quello originariamente instaurato”, cosicchè “l’intervenuta abrogazione della norma stessa non ha inciso ed ha lasciato indenne la registrazione del contratto”, “posto che quest’ultima aveva definito in maniera istantanea i suoi effetti”; sotto altro punto di vista, evidenziano che nella stessa giurisprudenza di legittimità è consolidata “l’esigenza di evitare la compromissione di diritti di rilievo costituzionale attraverso la pedissequa applicazione del principio di retroattività delle pronunce di incostituzionalità” e che, nella specie, deve valutarsi “la rilevanza costituzionale del diritto all’abitazione degli odierni ricorrenti”;

il motivo è infondato, in quanto:

l’avvenuta registrazione del contratto verbale non è idonea a costituire limite alla naturale efficacia retroattiva della pronuncia di illegittimità costituzionale di cui a Corte Cost. n. 50/2014, giacchè l’effetto di “consolidamento” del contratto di locazione che i ricorrenti vorrebbero far conseguire alla registrazione risulta “travolto” – ex tunc – proprio per effetto di tale pronuncia, che ha negato legittimità al meccanismo di sostituzione sanzionatoria della durata del contratto di locazione per uso abitativo e di commisurazione del relativo canone in caso di mancata registrazione del contratto entro il temine di legge (cfr. Cass. n. 23637/2019);

una diversa opzione interpretativa comporterebbe la vanificazione del pur pacifico effetto retroattivo delle pronunce di illegittimità costituzionale, a fronte di una situazione giuridica – quale quella attinente alla validità del contratto di locazione e alla misura del canone – ancora “viva”, ossia non divenuta intangibile per effetto di preclusioni nascenti dall’esaurimento del rapporto o dal maturare di preclusioni, decadenze o prescrizioni ovvero dalla formazione del giudicato;

nè risulta predicabile una compromissione di diritti di rango costituzionale per effetto dell’applicazione del principio di retroattività, giacchè il diritto di cui i ricorrenti lamentano la possibile lesione non risulta mai validamente sorto proprio per effetto dell’originaria incostituzionalità della norma disciplinante il meccanismo della tardiva registrazione;

affermata pertanto l’efficacia retroattiva della declaratoria di incostituzionalità del meccanismo di cui al D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 3, comma 8, deve escludersi che la registrazione effettuata dagli odierni ricorrenti in epoca antecedente a tale declaratoria sia valsa a sanare l’originario vizio di forma del contratto e a consolidarne gli effetti, rendendolo “insensibile” alla successiva pronuncia di incostituzionalità;

l’oggettiva difficoltà di inquadramento giuridico della vicenda, a fronte di una produzione normativa che ha determinato ripetuti interventi della Corte Costituzionale, giustifica la compensazione delle spese di lite;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2020

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