Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8111 del 08/04/2011

Cassazione civile sez. II, 08/04/2011, (ud. 18/02/2011, dep. 08/04/2011), n.8111

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.G., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale in calce al ricorso, dall’Avv. TASSOTTI Teobaldo,

elettivamente domiciliato nello studio dell’Avv. Andrea De Marchi in

Roma, Piazza Morosini, n. 12;

– ricorrente –

contro

P.M. e CA.Al., rappresentati e difesi, in

forza di procura speciale in calce al controricorso, dagli Avv.

MORGIA Giuseppe e Marina Lilli, elettivamente domiciliati nello

studio di quest’ultima in Roma, Via M. Dionigi, n. 29;

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Venezia n.

1025 in data 16 giugno 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18 febbraio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso: “nulla

osserva”.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che il Consigliere designato ha depositato, in data 7 dicembre 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.:

“Con sentenza in data 20 dicembre 2004 il Tribunale di Bassano del Grappa – decidendo sulla domanda proposta da P.M. e Ca.Al. – dichiarava che T.S. e C. G. non avevano alcun diritto di parcheggiare le loro autovetture nella porzione del mappale attoreo, inibendo loro ogni ulteriore utilizzazione della predetta area come parcheggio.

La Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 1025 resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 16 giugno 2009, ha rigettato sia il gravame principale del T. e del C., sia il gravame incidentale sulle spese del P. e del Ca..

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il C. ha proposto ricorso, sulla base di tre motivi.

Gli intimati P. e Ca. hanno resistito con controricorso, mentre il T. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il primo motivo, con cui si denuncia iter motivazionale illogico e contraddittorio nell’escludere il requisito dell’apparenza della servitù in discussione, è inammissibile, perchè non è stato osservato l’onere, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., della indicazione chiara e sintetica del fatto controverso. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, all’inizio o al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass., Sez. 3^, 7 aprile 2008, n. 8897; Cass., Sez. 1^, 8 gennaio 2009, n. 189;

Cass., Sez. 1^, 23 gennaio 2009, n. 1741). In altri termini, il prescritto quesito di sintesi deve sostanziarsi in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenere questo requisito rispettato quando, come nella specie, solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli – all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis cod. proc. civ. – che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichi quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea a sorreggere la decisione.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa pronuncia su questione di merito dedotta, sostenendo che la Corte di merito, nel rigettare la domanda principale di acquisto a titolo originario della servitù di parcheggio, non avrebbe esaminato la domanda, proposta in via subordinata, di acquisto per usucapione del diritto d’uso dell’area.

Il motivo è infondato, non essendo configurabile il dedotto vizio di omessa pronuncia. La Corte di merito ha infatti rilevato che il possesso ad usucapionem è stato utilmente interrotto ai sensi dell’art. 1067 cod. civ., nel periodo dal 1990 al 1991 per più di un anno. Tale argomentazione è idonea a sostenere il rigetto sia della domanda di usucapione del diritto di servitù, sia della domanda di usucapione del diritto d’uso.

Il terzo mezzo (con cui il ricorrente lamenta falsa applicazione dell’art. 1167 cod. civ., con difetto di motivazione) è infondato.

E’ erroneo il presupposto da cui muove la censura, posto che – contrariamente a quanto opina il ricorrente – è consentito attribuire efficacia interruttiva del possesso anche ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa. Nella specie la Corte d’appello ha congruamente valutato, sulla base delle risultanze in atti, l’interruzione del possesso.

Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici;

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta, il ricorso e condanna, il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti in solido, liquidate in complessivi Euro 2.200,00 di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2011

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