Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8109 del 23/04/2020

Cassazione civile sez. III, 23/04/2020, (ud. 02/12/2019, dep. 23/04/2020), n.8109

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26601/2016 proposto da:

D.F.A., DI.FA.AG., domiciliati ex lege in ROMA, presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIUSEPPE PETINO;

– ricorrenti –

contro

HDI ASSICURAZIONI SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO

7, presso lo studio dell’avvocato RODOLFO CORONATI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 696/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 28/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato RODOLFO CORONATI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

I ricorrenti sono rispettivamente proprietario e conducente del ciclomotore a bordo del quale, come terzo trasportato, viaggiava M.A., all’epoca ancora minorenne. Il ciclomotore ha avuto un impatto con altro motociclo, ed il M., precipitato al suolo, ha riportato gravissime lesioni.

La compagnia di assicurazione del veicolo dei due ricorrenti, la HDI Ass.ni, ha definito la controversia con il M., terzo trasportato su quel veicolo, con una transazione stragiudiziale corrispondendo urla somma a titolo di risarcimento che ha tenuto conto sia del concorso di colpa del trasportato medesimo, il quale oltre a non dover essere tale, per il tipo di motociclo su cui viaggiava, era altresì sprovvisto di casco, sia del concorso di colpa del ciclomotore antagonista.

Dopo aver in tali termini definito la controversia, la HDI As.ni ha però agito in rivalsa verso i due D.F., ossia il proprietario ed il conducente del motociclo, a cagione del fatto di aver dovuto corrispondere un risarcimento al terzo pur non essendo il sinistro coperto da polizza.

Nel giudizio di rivalsa si sono costituiti i due attuali ricorrenti contestando i presupposti del diritto della compagnia e soprattutto eccependo di non essere stati posti in condizione di partecipare alla transazione, ma anzi di essersi a questa opposti.

Il Giudice di primo grado ha respinto la domanda di rivalsa della HDI Ass.ni, mentre quello di appello ha ritenuto che non vi fosse mala gestio della compagnia nella conduzione e definizione di una intesa stragiudiziale volta a risarcire il terzo danneggiato, con conseguente diritto di rivalsa sui propri assicurati.

Ricorrono i due D.F. con sette motivi di ricorso. V’è costituzione della HDI Ass.ni con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della decisione impugnata.

La sentenza di appello osserva come non vi fosse alcun litisconsorzio necessario nella fase stragiudiziale, essendo quest’ultimo un istituto afferente al processo, nè alcuna lesione dei diritti dei due ricorrenti nel fatto di non aver partecipato alla conclusione di quella trattativa, ben potendo essi far valere le loro ragioni, cosi come hanno fatto, nel giudizio di rivalsa da parte della compagnia di assicurazione. La decisione di appello esclude altresì che, nel definire la lite in via stragiudiziale, la HDI Ass.ni abbia potuto incorrere in mala gestio, agendo ossia ai danni dell’assicurato, avendo, piuttosto la compagnia agito in ragione di un mandato in rem propriam, ed avendo conseguentemente poi agito correttamente in rivalsa, dal momento che il trasporto del terzo era vietato dalla legge, e non era dunque coperto da assicurazione.

1.1.- In via preliminare va rilevato che il ricorso è stato notificato a mezzo posta elettronica certificata, ma difetta l’attestazione (con sottoscrizione autografa del difensore) di conformità delle copie digitali alla documentazione telematica.

La questione della improcedibilità, in tal caso del ricorso, è stata risolta dalle Sezioni Unite, di recente, nei termini seguenti: ” Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore della L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità ove il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale notificatogli del D.Lgs. n. 82 del 2005, ex art. 23, comma 2. Viceversa, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato (così come nel caso in cui non tutti i destinatari della notifica depositino controricorso) ovvero disconosca la conformità all’originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in Camera di consiglio”.

(Cass. sez. U. 22438/ 2018 e di seguito Cass. 27480/2018).

Il controricorrente, pur costituitosi, non ha disconosciuto la conformità della copia a lui notificata all’originale.

2.- Nel merito.

I due ricorrenti contestano alla compagnia di assicurazione la mala gestio, ossia di aver condotto trattative con il danneggiato e poi concluso accordo di risarcimento con quest’ultimo, non solo estromettendo loro da tali trattative, ma altresì pur nell’espresso divieto di risarcire il terzo trasportato. Contestano inoltre alla assicurazione di aver accettato di risarcire il terzo pur consapevole del comportamento illecito di quest’ultimo, che non doveva salire a bordo del motociclo e che era altresì sprovvisto di casco di protezione.

2.1. Con il primo motivo, infatti, i ricorrenti deducono violazione dell’art. 102 c.p.c..

Ritengono che, cosi come l’assicurato proprietario del veicolo ed il conducente del medesimo, sono litisconsorti necessari nel giudizio per danni, allo stesso modo lo sono nella trattativa stragiudiziale per il risarcimento. Ed invece essi non sono stati coinvolti in tale trattativa, ragione per cui il suo esito non può essere loro opposto, e di conseguenza la HDI Ass.ni non avrebbe diritto di rivalsa.

Il motivo è evidentemente infondato.

Altro infatti è il rapporto processuale, che deve essere comune all’assicurato (litisconsorzio), altro è invece il rapporto (precontrattuale prima e contrattuale poi) che si instaura con le trattive stragiudiziali e termina con la conclusione di una transazione. La regola del litisconsorzio prevista per il processo non si estende di certo anche alla composizione stragiudiziale della lite, nè, al contrario di quanto assunto dai ricorrenti, può ritenersi che la loro esclusione dalle trattative ha leso il diritto di agire in giudizio o in qualche modo di difendersi nella controversia con il danneggiato (essi invocano infatti anche violazione dell’art. 24 Cost.).

Ed infatti, resta impregiudicato, cosi come è accaduto, il diritto di difesa dei due nel giudizio di rivalsa, dove proprietario e conducente del veicolo possono, e lo hanno fatto del resto, opporre alla compagnia le loro ragioni a contrasto dell’azione di rivalsa.

2.2.- Con il secondo motivo invece i ricorrenti deducono violazione degli artt. 1723 e 1917 c.c..

Secondo la tesi dei ricorrenti, la corte di appello avrebbe errato nel ritenere che la HDI ass.ni ha agito in forza di un mandato irrevocabile in quanto in rem propriam, e dunque senza mala gestio.

Secondo i ricorrenti, invece, il mandato non è affatto in rem propriam perchè l’incarico è previsto anche e soprattutto nell’interesse dell’assicurato, cosi che non essendo irrevocabile (in quanto non in rem propriam) è soggetto al contrario a revoca da parte del mandante, e la revoca v’è effettivamente stata, poichè essi hanno diffidato la compagnia dal condurre trattative finalizzate al risarcimento.

Il motivo è infondato.

Non è tanto questione di natura del mandato.

In ragione della L. n. 990 del 1969, art. 18, il terzo danneggiato ha azione diretta verso l’assicurazione, la quale non può opporgli le eccezioni derivanti dal contratto con il danneggiante.

Secondo una ragionevole ricostruzione la norma fa sorgere una obbligazione ex lege dell’assicurazione verso il terzo, obbligazione che presuppone il contratto ed il fatto illecito dell’assicurato ai danni del terzo, ma che, verificatisi questi due presupposti, ha la sua fonte nella legge stessa.

L’obbligazione ex lege è suscettibile di transazione come ogni altra obbligazione. La compagnia dunque nel concludere una transazione con il terzo danneggiato altro non fa che transigere una propria obbligazione, senza che venga in discussione un mandato da parte del danneggiante, e senza che dunque rilevi la natura (revocabile o meno) di tale mandato.

E’ per questo che la medesima norma consente poi alla assicurazione di agire in rivalsa.

3.- Con il terzo motivo invece i ricorrenti ritengono violato l’art. 1292 c.c.. Secondo loro una solidarietà tra assicurazione ed assicurato che giustifica la rivalsa dell’una nei confronti dell’altro ha senso solo se il danneggiato ha preteso il risarcimento; solo in tal caso sorge l’obbligo della compagnia di risarcire, ed il correlativo suo diritto di rivalsa verso l’assicurato. Nella fattispecie invece il terzo danneggiato (ossia il passeggero) non avrebbe esercitato alcuna pretesa di risarcimento, poichè le lettere da lui scritte alla assicurazione (prima dai genitori come rappresentati legali, e poi da lui direttamente, una volta maggiorenne) non hanno la caratteristica di una tale richiesta. Il motivo è inammissibile.

Infatti, la circostanza che quelle richieste manifestino o no la volontà di pretendere il risarcimento è questione di fatto, ossia è questione di interpretazione della volontà delle parti, che è apprezzamento rimesso al giudice di merito, che ha per contro ritenuto, con giiudizio non sindacato qui sotto il profilo della violazione di legge o del difetto di motivazione, che invece si trattava di richieste di risarcimento fatte dal danneggiato all’assicurazione.

4.- Con il quarto ed il quinto motivo, che possono essere valutati congiuntamente, i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 115 C.d.S. e art. 1227 c.c..

Sostengono i due ricorrenti che la mala gestio dell’assicurazione è insita nel fatto di aver risarcito un terzo trasportato pur sapendo della sua condotta colpevole e concorrente nel danno.

Egli era infatti passeggero su un motociclo che non poteva essere condotto da chi in quel momento guidava, non poteva trasportare un terzo, e quest’ultimo era sprovvisto di casco.

La corte non avrebbe dunque dato peso a questa circostanza ed al fatto che la stessa presenza del terzo, illegale, ha contribuito all’incidente rendendo meno stabile il motociclo.

In realtà la corte di merito, nell’escludere la mala gestio, non ha trascurato il concorso di colpa del danneggiato, in quanto ha preso atto che la compagnia, nella transazione, al concorso colpevole del danneggiato aveva comunque dato peso, decurtando dal totale la parte ascrivibile al terzo danneggiato, cosi che la transazione non poteva dirsi mal gestita.

5.- Con il sesto motivo si fa valere violazione dell’art. 118 c.p.c..

Secondo i ricorrenti, la corte non avrebbe dato peso al rifiuto del danneggiato di sottoporsi a visita medica nell’ambito della CTU, pur disposta dalla stessa corte. In sostanza, la corte di appello, su richiesta dei ricorrenti, aveva disposto una consulenza medica sulla persona di M., terzo trasportato e danneggiato dall’incidente, onde valutare se il risarcimento da questi lucrato in sede di transazione e poi oggetto di rivalsa da parte dell’assicurazione fosse o meno adeguato.

Il M. non si era presentato a visita medica, e cosi il giudizio espresso dal perito della compagnia, in sede di transazione, circa l’incidenza del sinistro sulle capacità intellettive del danneggiato, non è stato possibile rivederlo in senso favorevole ai ricorrenti.

Il motivo è infondato.

Va considerato che il rifiuto di sottoporsi ad indagine medica è stato opposto da un terzo, non dalla parte.

Solo quando sia la parte a rifiutarsi all’ordine di acconsentire ad indagini sulla sua persona, dell’art. 118, comma 2, prevede che se ne traggano argomenti di prova. Invece, quando il rifiuto sia opposto da un terzo, la medesima norma, al comma successivo, prevede solo la possibilità di una sanzione pecuniaria a carico di costui, ma non certo che possa ricavarsene argomento di prova, dal momento che la parte non può subire effetti probatori sfavorevoli dal comportamento di un terzo.

6.- Infine con il settimo motivo si lamenta violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.. Entrambi i ricorrenti, ma in realtà dovrebbe dolersene il solo D.F.A., conducente il motociclo, si dolgono del fatto che, pur essendo stato condannato in sede di rivalsa il solo Di.Fa.Ag., ossia il proprietario del motociclo, la condanna alle spese ha invece riguardato entrambi, e quindi anche D.F.A., che invece non è risultato essere soccombente.

Il motivo è fondato.

Non può disporsi condanna alle spese del soggetto non soccombente, che anzi sia risultata vittorioso in giudizio.

La corte ha accolto la domanda di rivalsa solo nei confronti di Di.Fa.Ag., l’ha rigettata dunque nei confronti di D.F.A., che pertanto non può essere tenuto al pagamento delle spese di lite, neanche in via solidale con l’altro. Il ricorso va dunque accolto quanto al solo settimo motivo.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, accogliendo la domanda originariamente proposta da D.F.A. quanto alla infondata sua condanna alle spese legali.

P.Q.M.

La Corte accoglie il settimo motivo, cassa in relazione, rigetta tutti gli altri, e, decidendo nel merito, annulla la condanna alle spese di D.F.A.. Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2020

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