Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8108 del 29/03/2017
Cassazione civile, sez. trib., 29/03/2017, (ud. 09/03/2017, dep.29/03/2017), n. 8108
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22265/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma alla via dei
Portoghesi n. 12 domicilia ex lege;
– ricorrente –
contro
N.L., rappresentato e difeso dall’Avv. Brunella Caiazza,
presso di lei domiciliato in Roma alla via Ricciotti n. 9, per
procura ad litem in forma notarile;
– intimato con procura –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Toscana n. 81/17/12 depositata il 9 maggio 2012;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 9 marzo 2017 dal
Consigliere Enrico Carbone;
Uditi gli Avv.ti Sergio Fiorentino per la ricorrente e Brunella
Caiazza per l’intimato;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso per quanto di ragione.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Su ricorso di N.L., la Commissione tributaria provinciale di Pistoia annullava l’avviso di accertamento emesso nei di lui confronti per recupero IRPEF anno d’imposta 2002 a rettifica del valore di avviamento dell’azienda dallo stesso ceduta alla N.L. s.r.l.; il giudice di primo grado riteneva che ai fini delle imposte dirette il valore di avviamento andasse determinato per come pattuito (Euro 45.000,00), essendo illegittima l’estensione del maggior valore accertato ai fini dell’imposta di registro (Euro 106.300,00).
La Commissione tributaria regionale della Toscana respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate, ritenendo congruo il valore di avviamento rideterminato nella misura di Euro 45.000,00.
L’Agenzia ricorre per cassazione sulla base di due motivi.
Il N. ha depositato procura ad litem autenticata del 6 febbraio 2014.
Il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 76 e 86, D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, per aver il giudice d’appello ritenuto non estensibile ai fini delle imposte dirette l’accertamento di maggior valore operato ai fini dell’imposta di registro, nonostante a quest’ultimo il contribuente avesse prestato acquiescenza.
1.1. Il motivo è infondato.
Il D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma 3, norma retroattiva perchè interpretativa, esclude che ai fini delle imposte dirette l’amministrazione possa accertare in via induttiva la plusvalenza da cessione immobiliare o aziendale solo sulla base del valore definito ai fini dell’imposta di registro (Cass. 30 marzo 2016, n. 6135, non massimata; Cass. 6 giugno 2016, n. 11543, Rv. 640048).
2. Il secondo motivo di ricorso denuncia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo, per aver il giudice d’appello immotivatamente stimato congruo “il valore dichiarato in atto di Euro 45.000,00”.
2.1. Il motivo è infondato.
Il giudice d’appello non ha omesso di motivare sulla congruità del valore di avviamento, che anzi ha ritenuto assai modesto o quasi inesistente – coperto quindi dal pattuito importo di Euro 45.000,00 – per un’azienda affittata da lungo tempo alla società poi divenutane acquirente; circa l’importo di Euro 45.000,00, è palese da quanto sinora detto che il giudice d’appello si riferisca al valore dichiarato per l’avviamento, sicchè la sua pronuncia non decurta affatto – come invece rimprovera l’Agenzia – il corrispettivo pattuito nell’atto di cessione (Euro 50.000,00 in totale, di cui Euro 5.000,00 per le attrezzature e appunto Euro 45.000,00 per l’avviamento).
3. Il ricorso deve essere rigettato; l’intimato ha diritto alla rifusione delle spese per la sola attività di discussione.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all’intimato le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 9 marzo 2017.
Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2017