Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8107 del 23/04/2020

Cassazione civile sez. III, 23/04/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 23/04/2020), n.8107

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 27110/2018 proposto da:

F.L., e B.E., domiciliati in Roma, alla via G.

Avezzana, n. 31, presso l’avvocato Alessandra Flauti che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Ambrogio Robecchi

Majnardi;

– ricorrenti –

contro

Cassa dei Risparmi di Forlì e della Romagna S.p.a., in persona del

legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in Roma

alla via in Arcione, n. 71, presso lo studio dell’avvocato Alberto

Jorio che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Luigi

Nuzzo;

– controricorrente –

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/11/2019 da Dott. Cristiano Valle, osserva.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Ancona, con sentenza n. 00909 del 14/06/2018, ha rigettato l’appello proposto da F.L. ed B.E. avverso la sentenza del Tribunale di Pesaro, che aveva accolto l’azione revocatoria della Cassa dei Risparmi di Forlì e della Romagna (d’ora in prosieguo Cassa) S.p.a. del fondo patrimoniale costituito per atto notarile del 08/01/2010 dai suddetti coniugi e dichiarato inefficace l’atto pure notarile, in pari data, di vendita della metà della nuda proprietà di immobile, effettuata dal F. in favore della B..

La sentenza d’appello è gravata per cassazione, con atto affidato a cinque motivi, da F.L. ed B.E..

Resiste con controricorso la Cassa S.p.a..

Le parti hanno entrambe depositato memorie.

Non constano conclusioni del Procuratore Generale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I ricorrenti F. – B. impugnano, con cinque motivi, la sentenza d’appello in punto di sussistenza dei requisiti di cui all’art. 2901 c.c., con riferimento ad un atto di costituzione di fondo patrimoniale e ad un atto di vendita della nuda proprietà, in ragione di un mezzo, effettuato dal F. in favore della moglie B.E., entrambi per atti di notaio in data 08/01/2010.

La Cassa S.p.a. deduceva, dinanzi al Tribunale di Pesaro, che detti atti erano stai compiuti in violazione della sua posizione creditoria, in quanto il F. era stato amministratore della A. S.p.a., e si era costituito fideiussore, per ingenti cifre, della detta società, al fine di agevolare la concessione di crediti, da parte della Cassa S.p.a., in favore della stessa. Il Tribunale dichiarava inefficaci, nei confronti della Cassa S.p.a., entrambi gli atti di disposizione. La sentenza, resa nel 2013, era confermata nel 2018 dalla Corte di Appello di Ancona.

I motivi di ricorso sono proposti: il primo per violazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c. e contesta errore procedimentale per avere la Corte territoriale ritenuto che il credito della Cassa S.p.a. fosse provato per mancata contestazione.

Il secondo mezzo deduce errore di giudizio in relazione all’art. 2901 c.c., per avere la Corte d’Appello ritenuto che il credito della Cassa S.p.a. fosse anteriore agli atti dispositivi colpiti dall’azione revocatoria.

Il terzo motivo afferma errore di giudizio (error in judicando) per avere la Corte territoriale ritenuto sussistente il requisito soggettivo previsto dall’art. 2901 c.c., ossia verte sulla ritenuta sufficienza della sola consapevolezza del pregiudizio” in conseguenza della ritenuta (dai giudici di merito) anteriorità del credito agli atti dispositivi.

Il quarto motivo censura la sentenza d’appello, in via gradata, nel caso di ritenuta infondatezza del terzo mezzo, ancora alla stregua dell’art. 2901 c.c. sulla insussistenza della conoscenza della precaria situazione economico patrimoniale della A. S.p.a., società in favore della quale il F. si era costituito fideiussore.

Il quinto ed ultimo mezzo contesta errore nel procedimento (error in procedendo) per non avere la Corte d’appello ammesso, come già il Tribunale, le prove testimoniali ritualmente chieste da B.E..

I primi quattro motivi possono essere congiuntamente esaminati, in quanto strettamente connessi.

La Corte territoriale ha, con motivazione logica ed esauriente, rilevato che il F. e la B., non solo coniugi, ma anche amministratore il primo nel 2010 e consigliere di amministrazione la seconda, fino al luglio 2009, della A. S.p.a., erano consapevoli dello stato di difficoltà economica della detta società, che venne posta in liquidazione il 20 gennaio del 2010, quindi solo pochi giorni dopo la costituzione del fondo patrimoniale e della stipula dell’atto di vendita immobiliare ed ha, pertanto, escluso che fosse necessaria la prova che il credito bancario fosse anteriore agli atti di disposizione patrimoniale revocandi.

I primi quattro mezzi non infirmano il ragionamento della Corte territoriale, in quanto deve rilevarsi che: il F. era stato amministratore della A. S.p.a., per la quale aveva prestato fidejussione in favore della Cassa S.p.a., ed era pertanto a conoscenza dello stato di precaria stabilità economica, che ne avrebbe causato il fallimento nell’agosto del 2010, mentre l’atto di costituzione del fondo patrimoniale (8 gennaio 2010) è anteriore di solo di quale mese prima (ed è praticamente coevo alla messa in liquidazione della società, il 20/01/2010); la dolosa preordinazione risulta ammessa dallo stesso F., laddove, come riportato nel controricorso, egli in primo grado aveva dedotto che l’atto di costituzione di fondo patrimoniale era stato effettuato al fine di sottrarre i beni alle richieste dell’ex (prima) moglie, il che implica, comunque, che l’atto fosse destinato a sottrarre beni alla garanzia generica.

La sentenza d’appello ha, altresì, fatto corretta applicazione dell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale (Cass. n. 00762 del 19/01/2016 Rv. 638649-01): “L’azione revocatoria ordinaria presuppone per la sua esperibilità la sola esistenza di un debito e non anche la sua concreta esigibilità, sicchè, prestata fideiussione a garanzia delle future obbligazioni del debitore principale nei confronti di un istituto di credito, gli atti dispositivi del fideiussore, successivi alla prestazione della fideiussione medesima, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti alla predetta azione, ai sensi dell’art. 2901 c.c., n. 1, prima parte, in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore (e, in caso di atto a titolo oneroso, del terzo) di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (“scientia damni”), ed al solo fattore oggettivo dell’avvenuto accreditamento di denaro da parte della banca, senza che rilevi la successiva esigibilità del debito restitutorio o il recesso dal contratto”.

Circa la natura di atto a titolo gratuito della costituzione di fondo patrimoniale le conclusioni alle quali è pervenuta la Corte territoriale sono, altresì, coerenti con l’orientamento di legittimità (in particolare Cass. n. 24757 del 07/10/2008 Rv. 604813-01): “L’atto di costituzione del fondo patrimoniale, anche quando è posto in essere dagli stessi coniugi, costituisce un atto a titolo gratuito che può essere dichiarato inefficace nei confronti del creditore, qualora ricorrano le condizioni di cui dell’art. 2901 c.c., n. 1. Nell’ambito della nozione lata di credito accolta dalla norma citata, non limitata in termini di certezza, liquidità ed esigibilità, ma estesa fino a comprendere le legittime ragioni o aspettative di credito – in coerenza con la funzione propria dell’azione revocatoria, la quale non persegue scopi specificamente restitutori, bensì mira a conservare la garanzia generica sul patrimonio del debitore in favore di tutti i creditori – deve considerarsi ricompresa la fideiussione”.

I primi quattro motivi di ricorso, incentrati sull’art. 2901 c.c., sono, quindi, rigettati.

Il quinto motivo, concernente (la mancata ammissione del) le prove testimoniali, è inammissibile: nulla esse potevano aggiungere alle risultanze documentali di causa e, quindi, correttamente i giudici di merito ne hanno escluso l’ammissione, e il relativo apprezzamento non è in questa sede censurabile, in coerenza con l’orientamento di legittimità, al quale il Collegio intende dare seguito (Cass. n. 16056 del 02/08/2016 Rv. 641328-01): “L’esame dei documenti esibiti e del/e deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata”.

Il ricorso è, conclusivamente, rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza, e tenuto conto del valore della causa, sono liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (stesso art. 13, comma 1 bis).

PQM

rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA ed IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione Sezione Terza Civile, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2020

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