Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8106 del 23/04/2020

Cassazione civile sez. III, 23/04/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 23/04/2020), n.8106

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4194/2018 proposto da:

APS HOLDING SPA, in persona dell’Amministratore delegato, legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato ORLANDO SIVIERI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO GIANOLIO;

– ricorrente –

contro

REGIONE VENETO, in persona del Presidente della Giunta regionale pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA MANZI, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati FRANCESCO ZANLUCCHI, EMANUELE MIO,

EZIO ZANON;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1319/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 28/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/11/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato GIANOLIO PAOLO;

udito l’Avvocato FEDERICA MANZI per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- La società HPS Holding spa ha esercitato il servizio di trasporto locale, sia urbano che extraurbano, sin dal 2001, in forza di contratti stipulati, uno con il Comune di Padova, e l’altro con la Provincia di Padova. Contratti scaduti nel 2003 ma reiteratamente prorogati fino al 2012.

Nell’ambito di tali rapporti, la società ha altresì effettuato trasporti a favore delle cosiddette fasce deboli a prezzi inferiori a quelli di mercato, giusta la L.R. n. 19 del 1996, emanata sulla base di previsioni nazionali e comunitarie, con pattuizione contrattuale che riconosceva una eventuale compensazione dello svantaggio economico dovuto all’applicazione delle tariffe agevolate, al momento di chiusura del consuntivo.

La società sostiene di avere ricevuto una compensazione inferiore a quella spettante in base al Regolamento Comunitario n. 1191 del 1969 ed alla Legge Nazionale n. 422 del 1997.

Ha dunque agito non nei confronti delle controparti contrattuali, ossia Comune e Provincia di Padova, bensì della Regione Veneto, obbligata per legge a tali compensazioni, rivendicando il diritto ad avere la differenza tra il ricavo del trasporto imposto per le fasce deboli e quello di mercato.

Sia in primo che in secondo grado la domanda è stata respinta.

I giudici di merito hanno ritenuto non applicabile alla fattispecie il Regolamento UE n. 1191 del 1969 e successive modificazioni, essendo il rapporto regolato esclusivamente dal contratto stipulato nel 2001, e poi rinnovato, nel quale era previsto un corrispettivo unico sia per gli obblighi di servizio che per quelli tariffari, salva la possibilità di un indennizzo all’esito del consuntivo, indennizzo effettivamente erogato.

2. – Ricorre la società HPS Holding spa con due motivi, con i quali censura la mancata applicazione del Regolamento e della legge nazionale.

3.- V’è costituzione della Regione Veneto, con controricorso, che chiede il rigetto.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della decisione impugnata.

La corte di merito ritiene che il diritto al compenso per le prestazioni di trasporto è quello pattuito in contratto, ossia che, pur nascendo dalla legge un obbligo di praticare tariffe più basse per le fasce deboli, il corrispettivo per tale prestazione è stato contrattualmente accettato dalla parte privata, cosi che null’altro è dovuto oltre a quanto pattuito.

Nè può dirsi che, oltre a tale corrispettivo contrattualmente previsto, possa sorgere a carico della Regione, soggetto terzo rispetto ai contratti, un obbligo di integrare (rectius, compensare) il corrispettivo contrattuale aggiungendovi quello calcolato in base al Regolamento n. 1191 del 1969, e successive modifiche.

Secondo la corte di merito i criteri legali, aventi fonte nel regolamento e nella Legge Nazionale, non si applicano in presenza di una specifica contrattazione.

E comunque se anche fosse, essi non danno diritto ad avere la differenza tra la tariffa piena e quella scontata, ma danno diritto ad una compensazione calcolata con il metodo indicato negli artt. 10 ed 11 dello stesso Regolamento.

2.- La società ricorrente, con il primo motivo, lamenta violazione dell’art. 911 del regolamento UE n. 1191 del 1969 (e successive modifiche).

Secondo la società ASP Holding spa il Regolamento prevede un obbligo per l’ente pubblico di compensare la società di trasporti del minor guadagno avuto per via dell’applicazione di tariffe agevolate alle categorie disagiate, tariffe di certo inferiori a quelle di mercato; il Regolamento prevedrebbe (in particolare all’art. 11) il diritto di chi effettua il trasporto a vedersi riconosciuto il rimborso integrale degli svantaggi conseguenti alla imposizione di tariffe agevolate per le categorie disagiate.

Ritiene il ricorrente che il Regolamento, per sua natura, si deve applicare direttamente al rapporto contrattuale.

Con il secondo motivo questa prospettiva è ribadita rispetto alla legge nazionale. Secondo la società di trasporti la corte di merito avrebbe erroneamente inteso la L. n. 422 del 1997, art. 17: l’errore starebbe nell’aver ritenuto che tale norma rinvia ai singoli contratti di prevedere e determinare il corrispettivo, dovendo invece intendersi, a parere della ricorrente, tale previsione come non applicabile al caso concreto, in quanto non immediatamente dispositiva.

3.- Sono motivo connessi, che possono trattarsi congiuntamente.

Il giudizio, va detto preliminarmente, è condizionato da una precisa circostanza. La domanda di pagamento delle differenze è stata introdotta dalla ricorrente nei confronti della Regione Veneto, e non nei confronti delle controparti contrattuali, ossia il Comune e la Provincia di Padova.

Si tratta quindi di una pretesa che non ha titolo nel contratto, rispetto a cui la Regione Veneto è estranea, piuttosto è da ritenersi come fondata su un obbligo che per la Regione deriverebbe dalla legge direttamente, a prescindere da ciò che le parti del contratto di trasporto hanno pattuito.

31.- Ciò detto, i motivi sono infondati.

Il Regolamento UE n. 1191 del 1969, che ha subito parziali modifiche ad opera del regolamento n. 1893 del 1991, ha come obiettivo quello di imporre condizioni uniformi per la compensazione da concedere alle imprese cui viene imposto di fornire il servizio di trasporto a condizioni economiche “scontate” rispetto alla tariffa ordinaria.

Quando il Regolamento è stato emanato la situazione cui si rivolgeva era quella degli obblighi di trasporto imposti con provvedimenti delle autorità nazionali, con la conseguenza che il Regolamento prevedeva la possibilità (art. 4) per le imprese di trasporto di presentare istanza di soppressione del servizio imposto, e, nel caso di rifiuto, di ottenere la compensazione.

Questo onere (fare prima la richiesta di soppressione per poter ottenere la compensazione economica) secondo quanto deciso da Corte Giustizia n. 516 del 2014 (cause riunite C-516 e C-518 del 2012), era imposto solo per i servizi di trasporto pubblico sorti anteriormente al Regolamento, ed in essere al momento della sua promulgazione. La Corte di Giustizia ha rilevato come, a seguito della modifica apportata dal Regolamento 1893/ 1991, “il regime ordinario è stato completato da un secondo regime fondato su un nuovo atto giuridico, vale a dire il contratto di servizio pubblico, ai sensi del nuovo art. 14 del regolamento n. 1191 del 1969”.

In pratica, dopo la riforma del 1991, gli obblighi di servizio (e dunque anche tariffari) possono gravare sulle imprese di trasporto sia per effetto di provvedimenti unilaterali (ma sempre meno frequenti) sia per effetto di contratti appositi.

La fattispecie presente fa riferimento a questo secondo regime, ossia quello contrattuale.

Infatti, la società di trasporti ha stipulato un contratto con il Comune di Padova ed un altro con la Provincia di Padova, nei quali era espressamente previsto che il corrispettivo pattuito copriva tutti i servizi offerti (“l’affidatario è tenuto al rispetto di ogni altro obbligo di servizio previsto dalla normativa applicabile nel periodo di vigenza contrattuale senza che ciò implichi la revisione del corrispettivo dovuto”) e veniva pattuita una facoltativa integrazione del corrispettivo a titolo di compensazione per lo svantaggio derivante dall’applicazione delle tariffe di trasporto agevolate (“l’importo… potrà essere integrato a consuntivo, tenuto conto dell’eventuale mancato introito derivante dall’applicazione delle agevolazioni tariffarie in relazione a specifici interventi finanziari disposti dalla regione Veneto”).

Va dunque da sè che in base al contratto non può dirsi che alla società di trasporti si debba una compensazione nei termini in cui essa la pretende, ossia nei termini della differenza tra tariffa agevolata e tariffa intera.

Ed infatti la società ricorrente non invoca il contratto, ma postula un obbligo derivante dalla legge a carico della Regione, obbligo che dunque è la ragione dei due motivi di ricorso.

Secondo la prospettazione della ricorrente la Regione Veneto sarebbe tenuta al pagamento delle differenze, in ragione del Regolamento, della legge nazionale e di quella regionale, ossia di una obbligazione che ha fonte per l’appunto nelle predette leggi, non essendovi alcun impegno contrattuale della Regione Veneto nei riguardi della società di trasporto, nè potendosi la Regione ritenere obbligata ad altro titolo, tra quelli indicati dall’art. 1173 c.c..

In realtà, ogni volta che si invoca una ipotesi di obbligazione ex lege, si tratta pur sempre di una obbligazione che nasce da un fatto o da un atto giuridico, cui la legge riconduce la nascita di obbligazioni.

Uno schema simile a quello invocato nella fattispecie è previsto dalla legge sulla rca del 1969, in cui l’assicuratore è tenuto a pagare direttamente il danneggiato non già per un obbligo assunto nei confronti di quest’ultimo, nè per via del fatto illecito a danno dell’avente diritto (essendo autore dell’illecito semmai l’assicurato).

Qui, similmente, la Regione è terza rispetto alle parti del contratto, come l’assicuratore della responsabilità civile è terza rispetto a danneggiante e danneggiato: in entrambi ci casi vi sarebbe obbligo per legge.

Ma, al di là della configurabilità di una obbligazione ex lege, il problema è che l’obbligazione ex lege è pur sempre un’obbligazione, nel senso che la legge deve prevedere una condotta imposta ad un soggetto nell’interesse di un altro.

Dalle norme invocate dalla società ricorrente e richiamabili nella fattispecie, invece, non è dato individuare alcun obbligo di tal genere a carico della Regione Veneto.

Infatti, il Regolamento ha come scopo quello di fissare criteri comuni per attuare la compensazione a favore delle imprese obbligate ad applicare tariffe di favore per i clienti. Lo scopo ultimo di questa armonizzazione è di impedire che, attraverso il meccanismo della compensazione degli svantaggi economici, si venga a realizzare un aiuto di Stato contrario agli interessi dell’Unione: del resto la Corte di Giustizia, n. 280 del 2003, ha precisato quando, nel rispetto dei criteri fissati dal Regolamento per determinare la compensazione, possa ritenersi che non si tratta di un aiuto di stato. Conferma di questa prospettiva, ossia del fatto che il Regolamento si limita a stabilire i criteri della compensazione, non già ad imporla, viene dalla legislazione nazionale.

La L. n. 422 del 1997, che viene invocata con il secondo motivo di ricorso, ha riformato il settore, prevedendo che i servizi di pubblico trasporto siano gestiti da imprese scelte tramite gare di evidenza pubblica, con il passaggio da un sistema di concessione a quello di contratto di servizio. Sicchè il sostegno economico pubblico alle imprese, rappresentato dai contributi di esercizio, si è trasformato da sovvenzione a corrispettivo contrattuale (cosi testualmente Cass. sez. un. 397 del 2011).

La legge nazionale, all’art. 17, demanda infatti ai contratti di servizio pubblico di cui all’art. 19, di stabilire le compensazioni economiche nel rispetto dei criteri indicati dal Regolamento UIE.

Infine, la legge regionale del Veneto (n. 25 del 1998) affida alla Giunta di fissare i criteri della politica tariffaria tenendo conto dell’art. 11 del Regolamento (art. 27).

Come si può agevolmente dedurre, nè dal Regolamento UE, nè dalla legge nazionale, nè da quella regionale deriva un obbligo a carico della Regione Veneto di compensare lo svantaggio economico nei termini pretesi dalla società ricorrente; piuttosto la compensazione è rimessa alla contrattazione delle parti, la quale deve tener conto dei criteri fissati nel Regolamento UE.

Si potrebbe dire che si tratta di norme che possono integrare il contenuto contrattuale, nel senso che ogni volta che è previsto un corrispettivo per lo svantaggio economico, il suo ammontare non è liberamente determinabile, ma deve seguire i criteri fissati dal Regolamento.

Se è cosi tuttavia, a parte la questione se si tratta di norme cogenti e dunque derogabili dall’autonomia privata, o invece imperative, a parte ciò, gli obblighi che la legge impone, ad integrazione del contratto, sono obblighi che gravano sugli stipulanti, sulle parti del contratto e non nei confronti di terzi.

Il contratto ha previsto (art. 7) una forma di compensazione onnicomprensiva, con eventuale indennizzo a chiusura del consuntivo e dunque a verifica dell’esistenza di fondi, che è stato poi erogato.

Il ricorso va pertanto rigettato e le spese compensate per la novità delle questioni.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso. Compensa le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2020

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