Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8105 del 21/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8105 Anno 2016
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

SENTENZA
sul ricorso 18263-2011 proposto da:
LABOR S.p.a. – Casa di cura “VILLA IGEA” c.f.
00204460422, in persona del Presidente del CdA e
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 30, presso lo studio
dell’avvocato PAOLO RIM-1IUTO, che la rappresenta e
2016

difende;
– ricorrente

297

contro
GARANTE per la PROTEZIONE dei DATI PERSONALI, in
persona del

legale rappresentante pro tempore,

Data pubblicazione: 21/04/2016

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ape legis;
controrícorrente

avverso la sentenza n. 1704/2010 del TRIBUNALE di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO
COSENTINO;
udito l’Avvocato PAOLO RICCHIUTO, difensore della
ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

ANCONA, depositata il 12/01/2011;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Labor spa — Casa di Cura Villa Igea ha proposto ricorso contro il Garante per la
protezione dei dati personali (di seguito, “il Garante”) per la cassazione della sentenza con cui il
tribunale di Ancona ha rigettato l’opposizione ex art. 152 d.lgs 196/03 (codice della privacy) dalla
stessa proposta avverso l’ordinanza ingiunzione del medesimo Garante del 15.1.07. Con tale

aver omesso, in violazione del disposto dell’articolo 37, comma 1, lett. b), dello stesso codice, la
notificazione al Garante del trattamento, dalla stessa effettuato, dei dati personali relativi alla
diagnosi g gura di putologie medico-chirurgiche concernenti la rilevazione di malattie infettive

E

diffusive e sieropositività.
Il tribunale di Ancona ha fondato la propria decisione sulla seguente catena argomentativa:
la Casa di cura si occupa di attività di diagnosi e cura;
nell’ambito di detta attività essa tratta, avvalendosi di banche dati sia cartacee che
elettroniche, dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, tra cui quelli
concernenti la rilevazione, attraverso le normali indagini su campioni ematici, di malattie
infettive e diffusive e sieropositività.
ricorrevano quindi i presupposti dell’obbligo di notificazione del trattamento al Garante, ai
sensi dell’articolo 37, comma l, lett. b), del codice della privacy;
la Casa di cura non poteva giovarsi dell’esonero dal suddetto obbligo di notificazione
disposto dal Garante – con la delibera n. 1 del 31.3.04, adottata ai sensi del secondo
comma del suddetto articolo 37 del codice della privacy – in relazione ai trattamenti di dati
effettuati da esercenti le professioni sanitarie; ciò in quanto l’espressione “esercenti le
professioni sanitarie” non poteva che riferirsi a persone fisiche e non a strutture sanitarie,
pubbliche o private.
Il ricorso si fonda su un solo motivo, riferito alla violazione dell’articolo 37, comma 1, lett. b) del
codice della privacy.
Il Garante ha depositato con controricorso.
Solo la ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cpc.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 5.2.16 nella quale il Procuratore Generale ha
concluso come in epigrafe.

MOTIVI DELLA DECISIONE

ordinanza la Casa di Cura era stata sanzionata ai sensi dell’articolo 163 del codice della privacy per

Con l’unico mezzo di ricorso si censura l’assunto del giudice territoriale secondo cui la Casa di
Cura Villa Igea sarebbe tenuta a notificare al Garante il trattamento, da lei effettuato, di dati
idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, trattandosi di dati “inerenti la rilevazione di

malattie infettive e diffusive e sieropositività attraverso le normali indagini su campioni ematici”
(pag. 4 della sentenza gravata), ossia di dati da cui “è possibile rilevare la sussistenza di malattie

infettive e diffusive e sieropositività” (pag. 5 della sentenza gravata).
a) l’articolo 37, comma 1, lett. b), del codice della privacy collega l’obbligo di notificare al
Garante i trattamenti di dati idonei a rilk‘are lo stato di salute e la vita sessuale non in
relazione al contenuto di tali dati, ma in relazione alla finalità del relativo trattamento,
normativamente indicata, tra l’altro, nella

“rilevazione di malattie mentali, infettive e

diffusive, sieropositività”;
b) per “rilevazione” si dovrebbe intendere “l’attività di indagine conoscitiva che può essere

finalizzata a diversi scopi (dalla tutela della salute alla ricerca scientifica o statistica)”;la
“rilevazione” a cui deve essere finalizzato il trattamento dei dati perché sorga l’obbligo della
relativa notifica al Garante sarebbe cioè, secondo la ricorrente, solo quella destinata alla
formazione e all’implementazione di banche dati specificamente realizzate per la raccolta e
l’organizzazione di dati relativi a quelle specifiche patologie;
e) conseguentemente, sempre secondo la ricorrente, l’obbligo della notificazione ex art. 37,
conuna 1, lett. b), del codice della privacy non riguarderebbe le banche dati generali nelle
quali le strutture sanitarie fanno confluire, insieme con i dati anagrafici dei pazienti e le altre
informazioni sanitarie a costoro relative, anche i dati relativi a malattie infettive e diffusive
acquisiti nell’ambito della normale attività diagnostica, bensì soltanto i trattamenti di dati
posti in essere dai centri specializzati nello studio, la diagnosi e la cura delle patologie
specificamente indicate nella disposizione in commento.
La tesi della ricorrente non può essere condivisa.
È opportuno, per comodità di discorso, trascrivere integralmente il testo dell’articolo 37, comma 1,
lettera b), del codice della privacy, alla cui stregua vanno notificati al Garante i trattamenti dei

“dati idonei a rivelare Io stato di salute e la vita sessuale, trattati a fini di procreazione assistita,
prestazione di servizi sanitari per via telematica relativi a banche di dati o alla fornitura di beni,
indagini epidemiologiche, rilevazione di malattie mentali, infettive e diffusive, sieropositività,
trapianto di organi e tessuti e monitoraggio della spesa sanitaria”
La semplice lettura del testo ora riportato rende palese che l’interpretazione operatane dal giudice
territoriale, e sostenuta dalla difesa del Garante, non è, come pretende la ricorrente,

Al riguardo nel ricorso si sviluppano le seguenti argomentazioni:

un’interpretazione estensiva ma, al contrario, è una corretta interpretazione letterale, fondata, come
prescritto dall’articolo 12 delle preleggi, sul significato proprio delle parole e, precisamente, della
parola “rilevazione”, ossia atto (e risultato dell’atto) del rilevare. E’ il ricorrente che pretende di
operare una interpretazione arbitrariamente restrittiva leggendo la parola “rilevazione”, nel testo
sopra trascritto, come “indagine conoscitiva”, quasi che la stessa fosse seguita dall’aggettivo

“epidemiologica” o dall’aggettivo “statistica”.
dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale a cui la norma collega l’obbligo di
notifica al Garante è inclusa anche la finalità delle “indagini epidemiologiche”,

come finalità

diversa – ed autonomamente idonea a far insorgere l’obbligo della notifica al Garante, quali che
siano le patologie oggetto delle indagini stesse – rispetto a quella della “rilevazione di malattie

mentali, infettive e diffusive, sieropositività”.
Può ancora osservarsi che la ricorrente, per sostenere il proprio assunto, invoca le precisazioni
sulle notificazioni in ambito sanitario diffuse dal Garante con documento del 26.4.04, laddove, a
commento dell’esonero dall’ obbligo di notificazione disposto con la delibera del Garante
31.3.04 n. 1 in relazione ai trattamenti di dati effettuati da esercenti le professioni sanitarie, si
legge: “Per quanto riguarda poi le malattie mentali, infettive e diffusive, il trattamento da notificare

è solo quello effettuato “a fini di … rilevazione …” di tali patologie. Questa circostanza ricorre nel
caso di insiemi organizzati di informazioni su tali aspetti – di cui sono spesso gestori strutture,
anziché persone fisiche – e non anche in caso di episodi occasionali di diagnosi e cura che
riguardano un singolo professionista (oppure nei casi in cui, presso un comune, occorre adottare in
conformità alla legge un provvedimento che dispone un trattamento sanitario obbligatorio)”. Al
riguardo il Collegio rileva che tale testo, lungi dal supportare le tesi della ricorrente, fornisce
ulteriore argomento per dissentirne. Da un lato, infatti, la nozione, ivi enunciata, di “insiemi

organizzati di informazioni su tali aspetti” ben può essere riferita alle banche dati dei pazienti delle
strutture sanitarie in cui confluiscano, con gli altri dati idonei a rivelare lo stato di salute, anche
quelli trattati per rilevare la presenza di malattie infettive e diffusive o la sieropositività; d’altro
lato, il rilievo testuale che la circostanza della finalizzazione del trattamento alla rilevazione non
ricorre

“in caso di episodi occasionali di diagnosi e cura che riguardano un singolo

professionista” conferma che essa invece ricorre, anche nell’interpretazione della legge seguita dal
Garante, nel caso “di insiemi organizzati di informazioni su tali aspetti – di cui sono spesso gestori

strutture, anziché persone fisiche”; caso in cui rientra quello delle banche dati delle ciniche in cui
confluiscano dati trattati per rilevare malattie mentali, infettive e diffusive.

Manifesta riprova di quanto qui si sostiene è, del resto, che nell’elenco delle finalità dei trattamenti

Né, per altro verso, appaiono concludenti le considerazioni del ricorrente in ordine alla ratio
semplificatrice che ha condotto il legislatore a passare, con il codice della privacy, dal “regime della
previgente legge n. 675/96 (tutti i titolari del trattamento sono tenuti a notificare tranne coloro che
sono espressamente esonerati) a quello ancora oggi in vigore (notificano solo coloro che rientrano
in determinati ambiti normativamente individuati)” (pagina 18 del ricorso). Nella specie, infatti, la
soggezione all’obbligo di notifica del trattamento dei dati relativi allo stato di salute che vengano
dalla legge.
Infine appare priva di pregio la considerazione, svolta dalla ricorrente nella memoria ex art. 378
c.p.c., secondo cui indiretta conferma dell’assunto sostenuto nel ricorso discenderebbe dalla
ordinanza di questa Corte n. 8184/14, che ha affermato l’onere della notificazione’ % carico di “una
struttura convenzionata con il Servizio sanitario nazionale per il ricovero e la degenza nella branca
medica specialistica di “ostetricia e ginecologia”, con annesso servizio per il trattamento della
sterilità”; il testo dell’articolo 37, comma 1, lett. b), del codice della privacy non offre infatti alcun
supporto all’assunto della difesa della ricorrente secondo cui l’obbligo di notificare al Garante il
trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute trattati a fini di procreazione assistita, come a
fini di rilevazione di malattie mentali, infettive e diffusive, sieropositività, come a fini di trapianto
di organi e tessuti, gravi solo sulle strutture specializzate in una di tali attività sanitarie e non gravi
sulle strutture che pratichino tali attività senza essere specializzate esclusivamente in una di esse
(per un caso di obbligo di notifica ex art. 37, comma 1, lett. b) del codice della privacy a carico di
un laboratorio di analisi cliniche, cfr. Cass 1030/14, ove si discute esclusivamente della sussistenza
di un errore scusabile).
In conclusione il ricorso va rigettato.
L’assenza di precedenti di legittimità e la presenza di taluni dissonanti precedenti di merito
inducono il Collegio a compensare le spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 5 febbraio 2016
Il Cons. estensore

Il Presidente

trattati per la rilevazione di malattie mentali, infettive e diffusive viene prevista espressamente

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