Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8104 del 22/03/2019

Cassazione civile sez. trib., 22/03/2019, (ud. 03/10/2018, dep. 22/03/2019), n.8104

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA E. Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giusep – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 3639/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle dogane, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale

dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

S.C., quale erede di S.M., e

C.S., rappresentate e difese dagli Avv.ti Domenico Bechini e Bartolo

Spallina, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma Piazza

Sallustio n. 39, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e

ATIESSE Spa in liquidazione, F.G., S.C. in

qualità di tutrice di S.D.;

– intimati –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana n. 100/5/10, depositata il 13 dicembre 2010.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 3 ottobre 2018

dal Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Sorrentino Federico, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Udito l’Avvocato dello Stato Anna Collabolletta per l’Agenzia delle

dogane che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Udito l’Avv. Domenico Bechini per S.C. e C.S.

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle dogane emetteva nei confronti della Atiesse Spa (già Atiesse Group Spa), della First General Trading (FGT) Sas, di C.S., legale rappresentante della FGT Sas, nonchè di S.M., spedizioniere doganale dipendente della FGT Sas, quali responsabili solidali, avvisi di accertamento per il recupero di dazi e Iva all’importazione per gli anni 2003 e 2004 per merci importate dalla Cina, poichè, in esito alle risultanze dell’attività di mutua assistenza amministrativa con la Repubblica Popolare Cinese, era emerso che le fatture allegate al certificato Form A erano diverse da quelle originali e il valore delle merci (nella specie, calzature e indumenti) superiore a quanto dichiarato.

L’Ufficio evidenziava, in particolare, che l’immissione in libera pratica era avvenuta a cura del sig. S.M., spedizioniere doganale professionista, il quale aveva dichiarato – senza tuttavia fornire la relativa procura – di agire in rappresentanza diretta dell’importatore, CCM di H.W., su incarico ricevuto dalla First General Trading Sas, di cui era dipendente, la quale, a sua volta, aveva ricevuto l’incarico dalla Atiesse Spa, in rapporti con il suddetto importatore.

I contribuenti impugnavano, con separati ricorsi, gli avvisi di accertamento deducendo, quanto alla Atiesse Spa, la propria estraneità alla vicenda e la mancata conoscenza delle irregolarità, mentre la First General Trading Sas, C.S. e S.M. eccepivano il carattere diretto della rappresentanza e l’inesistenza dell’obbligazione tributaria.

La Commissione provinciale tributaria di Pisa, riuniti i ricorsi, li accoglieva; la sentenza era confermata dal giudice d’appello.

L’Agenzia delle dogane ricorre per cassazione con due motivi. Resistono, con controricorso, S.C., quale erede di S.M., e C.S., che depositano altresì memoria ex art. 378 c.p.c..

Atiesse Spa in liquidazione e gli altri eredi di S.M., F.G. e S.C. in qualità di tutrice di S.D., sono invece rimasti intimati.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ inammissibile, preliminarmente, l’eccezione proposta dai controricorrenti di estinzione del giudizio d’appello per tardiva riassunzione in esito all’interruzione per il decesso del sig. S.M..

La CTR, infatti, ha espressamente statuito sulla questione, ritenendola infondata, sicchè essa doveva essere riproposta con ricorso incidentale condizionato, in mancanza del quale deve ritenersi formato il giudicato (v. Sez. U., n. 11799 del 12/05/2017).

2. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 5 c.d.c., dell’art. 1717 c.c., degli artt. 201 e 202 c.d.c., del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 38.

Il secondo motivo denuncia insufficiente motivazione circa fatti decisivi e controversi per il giudizio.

2.1. L’Agenzia delle dogane lamenta, in sostanza, che la CTR, con erronea applicazione delle norme richiamate, abbia ritenuto che il sig. S.M. avesse operato in rappresentanza diretta, derivandone, con motivazione apodittica, l’esclusione della responsabilità nei confronti degli altri soggetti, e, comunque, non fosse provata la consapevolezza dell’irregolarità della dichiarazione.

3. Le doglianze, da esaminare unitariamente in quanto strettamente e logicamente connesse, sono fondate.

4. Occorre premettere, in primo luogo, che la vicenda in esame resta disciplinata nell’ambito dell’art. 201 c.d.c., per essere avvenuta l’importazione in base ad una dichiarazione doganale.

L’art. 4 c.d.c., punto 9, definisce l’obbligazione doganale come l’obbligo di una persona di corrispondere l’importo dei dazi all’importazione applicabili a una determinata merce.

L’immissione in libera pratica, ossia l’atto di introdurre, nel territorio comunitario, merce di provenienza extracomunitaria, rappresenta, dunque, il presupposto dell’obbligazione doganale.

Tale atto, nelle operazioni doganali regolari, è preceduto dalla dichiarazione doganale, che – come anche osservato in dottrina costituisce la manifestazione di volontà dell’importatore (o, comunque, dell’operatore che la presenta) di rendere liberamente commerciabili i beni esteri in un mercato diverso da quello di origine.

La fattispecie è espressamente regolata dall’art. 201 c.d.c. che dispone “1. L’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito: a) all’immissione in libera pratica di una merce soggetta a dazi all’importazione, oppure b) al vincolo di tale merce al regime dell’ammissione temporanea con parziale esonero dai dazi all’importazione.

2. L’obbligazione doganale sorge al momento dell’accettazione della dichiarazione in dogana.

3. Il debitore è il dichiarante. In caso di rappresentanza indiretta è parimenti debitrice la persona per conto della quale è presentata la dichiarazione in dogana.

Quando una dichiarazione in dogana per uno dei regimi di cui al paragrafo i è redatta in base a dati che determinano la mancata riscossione, totale o parziale, dei dati dovuti per legge, le persone che hanno fornito detti dati necessari alla stesura della dichiarazione, e che erano o avrebbero dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della loro erroneità, possono parimenti essere considerate debitori conformemente alle vigenti disposizioni nazionali”.

L’art. 202 c.d.c., invece, prevede che l’obbligazione doganale sorge con l’immissione in libera pratica nel territorio comunitario anche nei casi di “introduzione irregolare” e di “sottrazione indebita al controllo doganale”.

In altri termini, nelle ipotesi contemplate dall’art. 201 c.d.c. la nascita dell’obbligazione è collegata – come per la vicenda in esame – alla dichiarazione doganale, mentre negli altri casi, venendo a mancare l’elemento dichiarativo e l’indicazione della destinazione della merce, opera una presunzione legale di immissione in libera pratica.

5. Così determinato l’ambito di riferimento normativo, occorre valutare se e come possano venire in rilievo le posizioni dei diversi partecipanti alle operazioni di importazione.

5.1. Con riferimento, in primo luogo, al ruolo svolto dal dichiarante in dogana – nella vicenda in esame S.M., spedizioniere doganale – la norma distingue tra colui che agisce in rappresentanza diretta (che è esente da responsabilità, salva la sua eventuale negligenza o mala fede) e colui che opera in rappresentanza indiretta, che si ha quando il soggetto agisce per conto altrui senza aver ricevuto una procura ad hoc e ciò a prescindere dalla spendita o meno del nome (nel primo caso è configurabile una ipotesi di falsus procurator e gli effetti dell’attività si consolidano sul rappresentante apparente).

L’art. 201 c.d.c., nel prevedere esplicitamente la responsabilità del dichiarante – quando operi quale rappresentante indiretto, che, anzi, è il primo obbligato per essere la responsabilità estesa al soggetto per cui agisce – mira, da un lato, a responsabilizzare il soggetto che pone in essere l’attività doganale e, dall’altro, ad ampliare il novero dei debitori dell’obbligazione doganale, sì da assicurarne, con maggiore efficienza, la riscossione; tale ratio, del resto, assiste anche la previsione della responsabilità delle “altre persone” (v. Corte di Giustizia, sentenza 17 novembre 2017, A, in C-522/16).

Va poi rilevato, quanto alla ripartizione dell’onere della prova sul carattere della rappresentanza, che l’art. 5 c.d.c., comma 5, nel prevedere che “L’autorità doganale può chiedere a chiunque dichiari di agire in nome o per conto di un’altra persona di fornirle le prove del suo potere di rappresentanza” postula che essa incomba sul dichiarante che spenda una tale qualità e ciò sull’evidente assunto che la rappresentanza diretta integra una ipotesi di esenzione di responsabilità” sicchè incombe su colui che la invoca dimostrarla.

Tale conclusione trova poi esplicita conferma nel disposto di cui all’art. 5 c.d.c., comma 4, secondo periodo, che, in caso di falsus procurator, stabilisce che “la persona che non dichiari di agire a nome o per conto di un terzo o che dichiari di agire a nome o per conto di un terzo senza disporre del potere di rappresentanza è considerata agire a suo nome e per proprio conto”.

Ne deriva, quindi, che, in caso di contestazione da parte dell’Ufficio, incombe sul dichiarante provare il conferimento della procura, nella cui mancanza deve ritenersi che abbia agito quale rappresentante indiretto.

5.2. Va, dunque, affermato il seguente principio di diritto:

“In tema di obbligazioni doganali” incombe sul dichiarante che affermi di agire in rappresentanza diretta fornire la prova del suo potere di rappresentanza, nella cui mancanza deve ritenersi che abbia agito quale rappresentante indiretto”.

5.3. Quanto alla posizione degli altri soggetti che abbiano fornito un contributo causale alle operazioni di importazione, assume rilievo la previsione del capoverso dell’art. 201 c.d.c., comma 3, per cui “Quando una dichiarazione in dogana per uno dei regimi di cui al paragrafo 1 è redatta in base a dati che determinano la mancata riscossione” totale o parziale, dei dati dovuti per legge, le persone che hanno fornito detti dati necessari alla stesura della dichiarazione, e che erano o avrebbero dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della loro erroneità, possono parimenti essere considerate debitori conformemente alle vigenti disposizioni nazionali”.

5.4. In tale ambito rientrano, dunque, le condotte riferibili agli altri soggetti di cui al giudizio – l’Atiesse Spa e la First General Trading Sas (e, quindi, nel presente giudizio, C.S.) dovendosi sicuramente escludere che il loro ruolo fosse sussumibile nell’ambito della rappresentanza diretta o indiretta, non fosse altro per il fatto che nessuna dichiarazione doganale è stata presentata da essi.

Il ruolo ricoperto dalle due società nella complessa operazione di importazione è, in realtà, quello di intermediari: la Atiesse, sul piano formale, è stata incaricata dalla CCM di importare merci dalla Cina e, poi, ha dato incarico ad FGT Sas di effettuare le relative operazioni, la quale, a sua volta, ha incaricato un proprio dipendente, il sig. S. con qualifica di spedizioniere doganale, di svolgere le operazioni di immissione in libera pratica.

Si tratta, dunque, dei soggetti che hanno intrattenuto rapporti con l’importatore (Atiesse Spa), che hanno fornito e detenuto la documentazione utilizzata dal S. per redigere la dichiarazione doganale (entrambe), ed hanno assegnato l’incarico a quest’ultimo (la FGT Sas).

6. Orbene, quanto alla posizione del S. (e, dunque, degli eredi nel presente giudizio), la CTR ha affermato, come se si trattasse di dato di fatto incontestato, che egli operava in regime di rappresentanza diretta (“il riconoscimento al Signor S. della rappresentanza diretta”), omettendo, peraltro, ogni motivazione a giustificazione della conclusione raggiunta e ciò senza tenere conto, in alcun modo, nè dei principi di diritto sopra esposti, nè delle specifiche e articolate censure dell’Ufficio (riprodotte per autosufficienza).

7. Quanto alla posizione delle società Atiesse Spa e First General Trading Sas, la CTR ha affermato, in primo luogo, che “la Agenzia delle Dogane non ha fornito alcuna prova relativamente alla consapevolezza, da parte di tutti i partecipanti all’operazione, della dichiarazione… le fatture apparivano regolari e non si vede, in base a quali elementi, i soggetti partecipanti all’operazione potessero essere coscienti e consapevoli di irregolarità dell’operazione medesima”.

Va invero sottolineato che, nella vicenda in esame, venendo in riferimento una introduzione regolare di merci su presentazione con dichiarazione doganale, la disamina, qui omessa, andava operata, in primo luogo, sulla documentazione fornita al dogazionalista dalla Atiesse Spa (e dalla FGT Sas) alla luce degli elementi introdotti nel giudizio dall’Ufficio.

7.1. In tal senso, la CTR, a fronte della indiscussa falsità delle fatture, ha omesso di considerare – come invece dedotto dall’Ufficio e pacificamente documentato nel giudizio anche alla stregua della decisione penale riprodotta dalle controricorrenti – il diretto e rilevante coinvolgimento della Atiesse. Spa con riguardo alla filiale di (OMISSIS), il cui titolare ( S.F.) è stato altresì sottoposto a processo penale proprio in relazione ai fatti in giudizio, nonchè del rinvenimento presso la sede della filiale stessa di documentazione in bianco e timbri per la falsificazione delle fatture.

Giova sottolineare, sul punto, che la circostanza che venga in rilievo una persona giuridica e non una persona fisica non ha carattere ostativo poichè, da un lato, “l’art. 202, par. 3, primo trattino, di tale codice” – conclusione pienamente mutuabile per l’art. 201, paragrafo 3 – “menziona la “persona” che ha proceduto all’introduzione irregolare, senza precisare se tale persona sia una persona fisica o una persona giuridica. Può quindi essere considerata debitrice dell’obbligazione doganale qualunque “persona” ai sensi della detta disposizione, ossia quella che può essere considerata, con i suoi atti, all’origine dell’irregolare introduzione della merce” (Corte di Giustizia, 25 gennaio 2017, Ultra-Brag AG, in C-679/15; in precedenza v. Corte di Giustizia 23 settembre 2004, Spedition Ulustrans, in C-414/02) e, dall’altro, le sanzioni, in forza del D.L. n. 269 del 2003, art. 7, sono esclusivamente a carico delle persone giuridiche.

Quanto poi alla riferibilità della condotta del dipendente ai fini della responsabilità della società la già citata decisione Ultra-Brag AG, in C-679/15 ha affermato il principio secondo il quale “una persona giuridica, il cui dipendente, che non è il suo rappresentante legale, è all’origine dell’introduzione irregolare di una merce nel territorio doganale dell’Unione, può essere considerata come debitrice dell’obbligazione doganale sorta da tale introduzione, allorchè detto dipendente ha introdotto la merce di cui trattasi rispettando l’ambito dei compiti affidati dal suo datore di lavoro ed eseguendo gli ordini impartiti, a tal fine, da un altro dipendente di quest’ultimo, abilitato a tale riguardo nell’ambito delle proprie funzioni, e ha così agito nel quadro delle proprie attribuzioni, in nome e per conto del suo datore di lavoro”.

Tale principio, in relazione alla fattispecie in esame, va rapportato alle decisioni assunte quanto alla fornitura di dati errati e dunque, a maggior ragione, all’eventuale ruolo e coinvolgimento dei contribuenti nella preparazione dei dati stessi.

7.2. Va poi considerato che, come evidenziato dall’Ufficio, del tutto anomala era la situazione con riguardo al conferimento della rappresentanza al S..

Il D.P.R. n. 43 del 1973, art. 40, comma 2, nel testo ratione temporis applicabile, prevedeva che “la rappresentanza diretta, limitatamente alle dichiarazioni in dogana, è riservata agli spedizionieri doganali iscritti nell’albo professionale istituito con la L. 22 dicembre 1960, n. 1612, salvo quanto previsto nell’art. 43”, sicchè solo il S. poteva operare in rappresentanza diretta e ciò in base ad apposita procura rilasciata direttamente dall’importatore, CCM, mentre nella vicenda in esame è pacifico che quest’ultimo aveva intrattenuto rapporti solo con la Atiesse Spa, che, a sua volta, aveva attribuito l’incarico alla First General Trading Sas, che ne aveva officiato il S. quale proprio dipendente.

E’ quindi corretto, sul punto, che alla Atiesse Spa non poteva essere attribuita una efficace rappresentanza diretta.

Va rilevato, del resto, che la procura è un atto conferito intuitu personae, sicchè il rappresentante non può sostituire altri a sè nell’esecuzione dell’incarico ricevuto, a meno che tale facoltà non gli sia stata espressamente conferita (Cass. n. 15412 del 28/06/2010): ne deriva che l’eventuale conferimento in tali termini (e tale facoltà fosse stata sin dall’inizio prevista ai sensi dell’art. 1717 c.c.) non avrebbe impedito il conferimento di un sub mandato ad uno spedizioniere doganale.

Il conferimento della rappresentanza ad un’altra società (ossia la First General Trading Sas), invece, non era, per le medesime ragioni, comunque idoneo ad assicurare la rappresentanza diretta.

L’utilizzo da parte di questa società di un proprio dipendente con la richiesta qualifica, poi, imponeva o l’esistenza di un ulteriore mandato con espressa autorizzazione alla sostituzione ovvero che fosse lo stesso S. ad ottenere ‘dall’importatore una specifica procura, nella specie peraltro assente.

E’ dunque evidente che il complessivo rapporto presentava tenuto anche conto della già rilevata apoditticità della motivazione in punto di rappresentanza diretta – caratteri in ogni caso anomali atteso che, attraverso una serie plurima di atti unilaterali, all’ultimo soggetto della catena procedimentale sarebbero state attribuite, nella migliore delle ipotesi, facoltà invece precluse ai titolari delle posizioni pregresse.

La peculiarità della situazione, del resto, aveva portato l’ufficio doganale – come ampiamente dedotto dall’agenzia delle dogane (v. atto di gravame riprodotto per autosufficienza) – a chiedere, ai sensi dell’art. 5 c.d.c., comma 5, al S. la prova della relativa procura, questione su cui il giudice regionale omette, anche qui, ogni considerazione.

7.3. Da ultimo, la CTR ha ritenuto che il riconoscimento della rappresentanza diretta al S. comportasse l’esclusione della responsabilità degli altri soggetti (“Inoltre, è anche vero che il riconoscimento al Signor S. della rappresentanza diretta, esclude responsabilità nei confronti degli altri soggetti”).

Si tratta, tuttavia, di affermazione che, al di là dei rilievi sopra già esposti, realizza un (ulteriore) incomprensibile salto logico, distonico pure rispetto al dato normativo.

8. Il ricorso, pertanto, va accolto e la sentenza cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione per un nuovo esame in conformità ai principi esposti.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Toscana in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2019

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