Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8104 del 21/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8104 Anno 2016
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

SENTENZA

sul ricorso 27951-2011 proposto da:
DRAGONE ANTONIETTA DRGNNT55A42E036L, PERITO MAURIZIO
PRTMRZ79H26A662J, PERITO

DANIELE PRTDNL83S02A662D,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NAZIONALE 204,
presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO BOZZA, che
li rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO
2016

FALDELLA;
– ricorrenti –

155

contro

MAIORANO ORLANDO MRNRND44M011,049H, domiciliato ex lege
in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della

Data pubblicazione: 21/04/2016

CORTE

DI

CASSAZIONE,

rappresentato

e

difeso

dall’avvocato GREGORIO DE PALMA;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 190/2010 della CORTE D’APPELLO
SEZ.DIST. DI di TARANTO, depositata il 01/10/2010;

udienza del 25/01/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO
COSENTINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’ingegner Orlando Maiorano otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di Maria Antonietta
Dragone e dei figli sigg.ri Maurizio e Daniele Perito, tutti quali eredi di Ivo Perito e la prima anche
in proprio, per il pagamento del corrispettivo del!’ opera professionale, commissionatagli dal
defunto Ivo Perito e da Antonietta Dragone, di progettazione e di direzione dei lavori di costruzione

Gli ingiunti si opponevano al decreto ingiuntivo, deducendo l’inesistenza del credito e rilevando che
il medesimo era stato escluso dalla procedura liquidatoria dell’eredità beneficiata di Ivo Perito, con
stato di graduazione non reclamato.
Il tribunale di Taranto, in parziale accoglimento dell’opposizione, determinava il credito dell’attore
nella minor somma di euro 15.444,34 e condannava al relativo pagamento la signora Dragone per
metà e la stessa signora Dragone insieme ai figli Maurizio e Daniele Perito per l’altra metà.
La Corte d’appello di Lecce, adita con l’appello principale della signora Dragone, presentato in
. e
nome propno drifigli, nonché con l’appello incidentale del Maiorano, rigettava entrambi gli appelli.
Per quanto qui ancora interessa, la Corte territoriale argomentava che l’articolo 506, primo comma,
del codice civile preclude le azioni esecutive ma non impedisce ai creditori di procurarsi un titolo
giudiziale di accertamento esecutivo.
Avverso la sentenza secondo grado ricorre per cassazione la signora Dragone, in proprio e in
rappresentanza di figli, sulla scorta di tre motivi concernenti, il primo, la statuizione sulla legittimità
della formazione di un titolo giudiziale di accertamento di un credito escluso da uno stato di
graduazione non impugnato, il secondo la statuizione sulla conclusione del contratto d’opera
intellettuale ed il terzo la quantificazione del credito professionale.
L’ingegner Maiorano si è costituito con controricorso.

Il

ricorso

è stato discusso alta pubblica udienza del 23.1.16, per la Ode non sono state depuhiute

memorie e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in cpigrafc,
MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo mezzo di ricorso, riferito al vizio di violazione di legge, i ricorrenti denunciano la
violazione degli articoli 499, 501, 502 e 506 c.c. e 778 c.p.c. in cui la Corte territoriale sarebbe
incorsa ritenendo ammissibile l’accertamento giudiziale di un credito che sia stato insinuato nella

di una villetta bifamiliare in Marina di Ginosa.

procedura concorsuale di liquidazione dell’eredità beneficiata ed in tale procedura sia stato escluso
con stato di graduazione non reclamato ai sensi dell’articolo 501 del codice civile.
Secondo i ricorrenti l’accertamento dei crediti insinuati nella sede concorsuale deve avvenire in tale
sede e, conseguentemente, l’azione proposta dal creditore escluso dallo stato di graduazione
dovrebbe ritenersi inammissibile. Al riguarda si argomenta che la disposizione di cui ali’ articolo
502, secondo comma, c.c. (“i creditori ed i legatari che non si sono presentati hanno azione contro

collocati nello stato di graduazione”), menzionando solo i “creditori ed i legatari che non si sono
presentati”,

implicherebbe che nessuna azione è data contro l’erede ai creditori che si siano

presentati e siano rimasti esclusi dallo stato di graduazione.
Il motivo è infondato.
Questa Corte ha infatti già chiarito, con la sentenza n. 4704/01, che la pendenza della procedura
concorsuale di liquidazione dell’eredità beneficiata non impedisce ai creditori ereditari di
promuovere nei confronti dell’erede azioni di accertamento e di condanna per procurarsi un titolo
giudiziale accertativo o esecutivo (azionabile per soddisfarsi sul residuo della suddetta procedura
di liquidazione), giacché il divieto di procedure individuali previsto dall’articolo 506 c.c. si
riferisce alle sole procedure esecutive. D’altra parte, se i ereditari – presentatisi o meno nella
procedura concorsuale di liquidazione dell’eredità beneficiata – possono promuovere nei confronti
dell’erede azioni di accertamento e di condanna in pendenza della stessa, non vi è ragione di ritenere
che tali azioni restino precluse dopo che detta procedura si sia conclusa. Ciò del resto si desume
dalla sentenza n. 25670/08 con cui questa Corte, pronunciandosi in ordine ad una pretesa fiscale
che il giudice tributario aveva ritenuto non azionabile perché l’ufficio creditore non aveva fatto
opposizione allo stato di liquidazione – ha affermato che l’erede contro il quale sia stato formato un
titolo esecutivo che lo condanni in qualità di erede beneficiato, pur se tenuto al pagamento non oltre
il valore dei beni a lui pervenuti (ex art. 490, secondo comma, n. 2, cod. civ.), non è esonerato dal
pagamento se non dimostra (non che l’asse ereditario fosse originariamente insufficiente a coprire la
passività, bensì) che l’asse ereditario sia rimasto esaurito nel pagamento di creditori presentatisi in
precedenza.
Il primo motivo di ricorso va quindi respinto.
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia l’insufficienza della motivazione della sentenza
gravata in relazione al fatto decisivo dell’affidamento dell’incarico professionale da parte di Ivo

l’erede solo nei limiti della somma che residua dopo il pagamento dei creditori e dei legatari

Perito e e Antonietta Dragone nei confronti dell’ingegner Maiorano. In particolare, secondo i
ricorrenti, la Corte distrettuale avrebbe omesso di considerare:
1) i rapporti di amicizia colleganza di studio tra Ivo Perito e il Maiorano
2) l’assenza di documentazione in ordine ai rapporti incorsi fra il direttore dei lavori e l’impresa
appaltatrice;
3) l’assenza del professionista dal luogo dei lavori;

(1981);
5) il comportamento complessivo tenuto dal professionista dopo la conclusione del contratto
d’opera e, segnatamente, la circostanza che il medesimo non avesse eccepito il proprio
credito professionale in compensazione dei crediti vantati nei suoi confronti dalla signora
Dragone.
Il motivo va disatteso perché si risolve nella richiesta alla Corte di cassazione di operare una
rivalutazione complessiva delle istanze istruttorie che esula dall’ambito del giudizio di legittimità.
Va infatti qui ricordato che, secondo il costante orientamento di questa Corte, Il ricorso per
cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera
vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e
della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in
via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne
l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle
ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così
liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente
previsti dalla legge (tra le tante, sentt. n. 27197/11 e 24679/13).

Con il terzo motivo, riferito al vizio di violazione di legge in relazione all’articolo 2697 c.c. i

4) l’assenza di richieste di pagamento parziali nell’arco di quasi nove anni dall’inizio dei lavori

ricorrenti lamentano che la Corte territoriale avrebbe fatto proprie le risultanze della consulenza
tecnica di ufficio senza considerare che l’ingegner Maiorano non aveva provato l’entità delle
prestazioni eseguite, al fine di consentire la determinazione del suo compenso.
Anche questo motivo deve essere disatteso, perché il giudice territoriale non ha trascurato la regola
di riparto dell’onere della prova fissata dalla norma di cui i ricorrenti lamentano la violazione, ma ha
ritenuto che il professionista abbia soddisfatto l’onere della prova su di lui incombente esibendo la
documentazione sulla cui base è stata svolta la consulenza tecnica di ufficio; il fatto che tale
documentazione fosse scarsa o frammentaria, o non consentisse di precisare la data della
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(2/

prestazione, come si legge negli stralci della consulenza tecnica trascritti a pag. 10 del ricorso per
cassazione, non ha tuttavia impedito al consulente di rispondere ai quesiti postigli dal giudice di
merito, né alla Corte d’appello di giudicare tale consulenza “logicamente motivate tecnicamente
corretta” (pag. 7 della sentenza), senza peraltro, che tale giudizio sia stato specificamente censurato
dai ricorrenti.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti a rifondere alla contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che
liquida in euro 3.000,00, oltre € 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma il 25 gennaio 2016
Il Cons. estensore

Il Presidente

In conclusione, il ricorso va respinto in relazione a tutti i motivi nei quali si articola.

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