Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8102 del 21/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8102 Anno 2016
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: ORICCHIO ANTONIO

SENTENZA

sul. ricorso 19276-2011 proposto da:
MOLINARO

CARLO

MLNCRL61A05H816M,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 13, presso
lo studio dell’avvocato MARIO ETTORE VERINO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCO
ZAMBELLI;
– ricorrente –

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contro

COMUNE FORGARIA NEL FRIULI, c.f. 80016510309, in
persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 34, presso

Data pubblicazione: 21/04/2016

lo studio dell’avvocato NICOLO’ PAOLETTI, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO
MUSSATO;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 55/2011 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/01/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO
ORICCHIO;
udito l’Avvocato MARIO ETTORE VERINO, difensore del
ricorrente, che ha chiesto raccoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato GINEVRA PAOLETTI, con delega
dell’Avvocato

NICOLO’

PAOLETTI

difensore

del

resistente, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
ALBERTO CELESTE che ha concluso per il

di TRIESTE, depositata il 04/02/2011;

CONSIDERATO in FATTO
Con sentenza n. 24052/2009 della Terza Sezione civile di questa
Corte veniva cassata la sentenza della Corte di Appello di Trieste
in data 6 maggio 2006.

proposto da Molinaro Carlo confermando l’impugnata sentenza
del Tribunale di Pordenone in punto —e per quanto oggi
interessa- di insussistenza dei requisiti legittimanti il riscatto
agrario da parte del medesimo Molinaro in relazione
all’immobile, da lui già acquistato dopo l’alienazione da parte
dello Stato i originario proprietario e per il quale era stato
esercitato il diritto di prelazione ad opera del Comune di
Forgaria.
Con la citata sentenza di questa Corte, nel rinviare per un nuovo
giudizio di appello, veniva enunciato principio con cui si
affermava, in sostanza, che il conflitto fra il diritto di prelazione
dell’ente territoriale e quello di riscatto ex art. 9 L. n. 590/1965
del ricorrente Molinaro andava risolto non con riferimento al
criterio temporale ma “attraverso la valutazione della sussistenza
o meno in capo al retraente dei requisiti di legge e della
perdurante destinazione del bene in causa ad uso agricolo o con

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Con tale decisione la Corte distrettuale aveva rigettato l’appello

esso compatibile del terreno, attesa l’impossibilità di riscatto per
un bene con destinazione urbanistica differente.”
Riassunto — a seguito del rinvio- il giudizio l’adita Corte di
Appello di Appello di Trieste, con sentenza n. 55/2011, rigettava

spese di tutti i gradi del giudizio.
Per la cassazione della suddetta ultima decisione della medesima
Corte distrettuale ricorre il Molinaro Carlo con atto affidato a
quattro ordini di motivi.
Resiste con controricorso il Comune di Forgaria.
Hanno depositato memorie, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., sia il
ricorrente che la parte intimata.
RITENUTO in DIRITTO
I.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di
violazione degli art. 392, 394„ 384 e 372 c.p.c..
2.- Con il secondo motivo del ricorso si prospetta la violazione
e/o falsa applicazione dell’art. 8 della L. n. 590/1965, nonché
omessa motivazione in ordine alla esclusiva zonizzazione
agricola del terreno ed alla sua affermata natura urbana.
3.- Con il terzo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione
e/o falsa applicazione dell’art. 27 delle N.T.A. della variante di
P.R.G. del Comune di Forgaria, nonché omessa pronuncia in

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l’appello proposto dal Molinaro, compensando integralmente le

ordine alla questione relativa al carattere non ostativo rispetto
all’invocata prelazione dela. destinazione paesistica
4.- Con il quarto motivo del ricorso si denuncia l’omessa
pronuncia e la violazione della circolare 2.7.1988 n. 172/T

diritto di prelazione.
5.- ll primo motivo del ricorso censura, in sostanza, l’errore in
cui sarebbe incorsa la Corte distrettuale in sede di giudizio di
rinvio allorchè “ha inspiegabilmente ammesso” i documenti
(asseritamente indicati, secondo il ricorrente, da 1 a 12)
depositati dalla controparte il 28 maggio 2010.
Il motivo non può essere accolta per vari ordini di ragioni.
L’ impugnata sentenza, con motivazione non adeguatamente
contrastata dall’allegazione dell’odierna parte ricorrente, ha
ritenuto, rifacendosi al dictinn di Cass. 12 ottobre 2009, n.
211:57, che la detta produzione non doveva “essere espunta dagli
atti processuali” riguardando “fatti sopravvenuti” ; e che la stessa
poteva essere esaminata nell’insieme degli altri profili rilevanti
nel merito della causa. Tanto anche al comprensibile scopo di
trarre ulteriore ed esaustivo convincimento del perseguimento e
della realizzazione da parte della P.A. della destinazione a verde
pubblico del terreno per cui è causa.

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relativamente al carattere di specialità e prevalenza del vantato

Al cospetto di quanto, in punto, ritenuto ed evidenziato dalla
Colte distrettuale parte ricorrente non ha specificamente detto
quali documenti (ed in relazione a quali fatti successivi) erano
inammissibili, limitandosi a citare i documenti senza specificare

anteriore”.
In più la medesima parte ricorrente ha, poi, espressamente
riconosciuto ed evidenziato (con ciò certificando anche una
sostanziale carenze di interesse) che i medesimi documenti sono
stati comunque “ritenuti irrilevanti ai fini del contendere dal
medesimo giudice del rinvio”.
Il motivo, quindi, va rigettato in quanto infondato.
6.- I motivi di cui innanzi sub 2.,3. e 4. possono essere trattati
congiuntamente attesa la loro continuità e contiguità
argomentativa e logica.
La gravata decisione era vincolata, quanto all’oggetto del suo
decisum, alla verifica di una eventuale “perdurante destinazione
ad uso agricolo del terreno ovvero ad uso con esso compatibile”.
Il tutto tenuto conto dei chiari limiti al riesame della fattispecie in
sede di rinvio giusta la pregressa citata sentenza di questa Corte
che già aveva avuto modo di pronunciarsi una prima volta nella
causa.

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per quali di essi si trattava di atti risalenti ” ad un periodo

La mancanza, infatti, di una destinazione agricola o con essa
compatibile faceva venire meno, nell’ipotesi, ogni possibilità di
esercizio del retratto agrario a prescindere dal criterio del”prior in
tempore, potior in iure” della antecedente cassata decisione della

si era pure rifatta al succitato criterio nel confermare la decisione
di primo grado che, per ammissione della stessa sentenza n.
24052/2009, “aveva (già) fatto correttamente” la verifica della
“sussistenza o meno dei requisiti per l’esercizio di tale riscatto”).
Orbene l’ultima sentenza della Corte distrettuale, oggetto
dell’odierno gravame, ha svolto correttamente tale verifica.
E ciò ha effettuato, nell’ambito delle proprie prerogative di Corte
di merito quanto alla valutazione in fatto, rifacendosi —tuttavia- a
al principio largamente maggioritario, enunciato e ribadito da
questa Corte ( Cass. 16 novembre 1989, n. 4878; Cass. 28 giugno
2001, n. 8851 ; Cass. 29 marzo 2003, n. 4842; Cass. 6 marzo
2006, n. 4797; Cass. 16 maggio 2008, n. 12440 e Cass. 31 marzo
2010, n. 7796).
Alla stregua del suddetto principio al fine dell’esclusione del
riscatto agrario ex L. 26 maggio 1965, n. 590 non è necessaria la
certezza, ma anche solo la semplice possibilità di sfruttamento
del terreno per uso diverso da quello agrario.

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Corte distrettuale del 6 maggio 2006 (quest’ultima, per la verità,

Nella concreta fattispecie il terreno per cui è causa aveva
pacificamente ricevuto una diversa destinazione urbanistica
(quella di verde pubblico attrezzato) incompatibile con quella
prettamente agraria e, quindi, del tutto ostativa all’esercizio del

Deve, al riguardo, osservarsi e specificarsi che la zona per cui è
controversia risulta urbanisticamente destinata come “F2”
ovvero come zona per aree attrezzate per il tempo libero e non è
dato comprendersi la pretesa compatibilità di tale destinazione
con l’attività agricola di itticoltura, in base alla quale si
pretenderebbe la possibilità (secondo parte ricorrente)
dell’esercizio del riscatto agrario
A fronte di tale svolta corretta rivalutazione cui era tenuta la
Corte territoriale all’esito del predetto rinvio, parte ricorrente con
l’odierno ricorso non contrappone —in sostanza- alcuna valida
ragione a fondamento dei su riportati motivi di impugnazione.
In particolare con quest’ultimi non si contesta la sentenza
gravata, enunciando quale principio sarebbe stato violato nel
giudizio rinvio e ripercorrendo —per il resto- questioni precluse
dal giudicato già formatosi e l’esame del complesso dei motivi di
ricorso non offre, in ogni caso, alcun elemento per mutare
l’affermato e ribadito oriertamento di questa Corte.

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riscatto de quo.

7.- Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato.
8.- Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto, si
determinano come in dispositivo.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore
del contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in C
5.200,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed
accessori come per legge.
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione
Civile della Corte Suprema di Cassazione il 21 gennaio 2016.

La Corte

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