Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8101 del 21/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8101 Anno 2016
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA

sul ricorso 12300-2011 proposto da:
GELLI

LUCIANO

GLLLCN64E16F384C,

elettivamente

domiciliato in ROMA, P.ZA CAMERINO 15, presso lo
studio dell’avvocato ROMOLO GIUSEPPE CIPRIANI,
rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO
MENCARELLI;
– ricorrente –

2016

contro

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CALISTRI

SILVANO

CLSSVN4A25G713Z,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCALOJA 3, presso lo
studio dell’avvocato NICOLA RIVELLESE, rappresentato

Data pubblicazione: 21/04/2016

e difeso dall’avvocato FABIO CANNIZZARO;

controricorrente

avverso la sentenza n. 447/2010 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 23/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
Dott. LINA

MATERA;
udito l’Avvocato Marco Farneti con delega depositata
in udienza dell’Avv. Mencarelli Alessandro difensore
del ricorrente che si riporta ed insiste per
l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per
l’accoglimento dei primi quattro motivi del ricorso,
l’assorbimento del resto.

udienza del 19/01/2016 dal Consigliere

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 20-9-1997 Silvano Calistri adiva
Luciano Gelli davanti al Pretore di Pistoia, lamentando che il medesimo
aveva sopraelevato il fabbricato di sua proprietà e costruito un piccolo

legali e del suo diritto di veduta dalla confinante abitazione. Il
ricorrente chiedeva, pertanto, che fosse ordinata l’interruzione della
turbativa arrecata al suo possesso, mediante la demolizione della
suddetta sopraelevazione e l’arretramento del summenzionato piccolo
manufatto.
Luciano Gelli si costituiva e chiedeva il rigetto del ricorso.
Il Pretore di Pistoia, con provvedimento depositato 1’11-4-2000,
ordinava a Luciano Gelli di interrompere la turbativa arrecata al
possesso del ricorrente, disponendo l’immediata demolizione delle
opere murarie comportanti la sopraelevazione del fabbricato sito in
Pistoia, località Orsigna, limitatamente alla parte realizzata a distanza
inferiore a quella legale, nonché del piccolo manufatto, con condanna al
pagamento delle spese legali a carico del soccombente.
Luciano Gelli proponeva appello avverso la predetta decisione.
La Corte di Appello di Firenze, nella resistenza di Silvano
Calistri, rigettava il gravame. A sostegno della decisione adottata, la
Corte distrettuale evidenziava che:
– il possesso del Calistri non era stato tempestivamente contestato!
nel giudizio di primo grado;

manufatto nella corte a questo antistante, in violazione delle distanze

- l’eccezione di tardività della domanda di manutenzione nel
possesso era inammissibile perché proposta per la prima volta in
appello;
– le opere realizzate dal Gelli integravano gli estremi della

Avverso la indicata sentenza della Corte di Appello di Firenze ha
proposto ricorso per cassazione Luciano Gelli, sulla base di dieci
motivi.
Silvano Calistri ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con i primi quattro motivi di ricorso il Gelli impugna la
sentenza della Corte di Appello di Firenze per violazione degli articoli
703, 669 sexies, 669 octies, 112, 115, 116, 167, 180, 183, 314, 324 e
345 c.p.c. e 1170 e 2909 c.c., in relazione all’articolo 360 n. 4 c.p.c. e
360 n. 3 c.p.c.
Il ricorrente, in particolare, contesta il fatto che il giudice di
secondo grado abbia ritenuto rilevante la sua non contestazione del
possesso del Calistri, senza considerare che il procedimento possessorio
davanti al Pretore si era limitato alla fase sommaria, mentre quella a
cognizione piena era stata totalmente omessa. A suo avviso, solamente
all’esito del c.d. merito possessorio il giudice avrebbe potuto ritenere
sussistente una non contestazione del possesso di controparte ex artt.
115 e 116 c.p.c. Ciò perché egli avrebbe potuto avvalersi del termine
previsto dall’art. 180, comma 2, c.p.c., per presentare eccezioni non

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lamentata turbativa del possesso.

rilevabili d’ufficio, o spiegare integrazioni difensive mediante comparsa
di costituzione ex art. 167 c.p.c. o nel termine e nelle forme previsti
dall’art. 180 comma 2 c.p.c. e dall’art. 183 c.p.c.
Il ricorrente, inoltre, lamenta la circostanza che la Corte

l’eccezione dallo stesso proposta di tardività della domanda di
manutenzione nel possesso ex art. 1170 c.c., sul presupposto che
sarebbe stata avanzata per la prima volta in sede di appello. Egli deduce
che il Pretore, non avendo disposto che il giudizio proseguisse con la
fase a cognizione piena ex artt. 703-669 sexies-octies c.p.c., aveva reso
impossibile la tempestiva presentazione di tale eccezione in primo
grado.
Il Gelli, infine, afferma che la Corte di Appello non ha tenuto
conto che il Pretore aveva ritenuto tempestiva la proposizione del
ricorso; il che escludeva la novità della questione.
2) Con il quinto motivo il ricorrente si duole dell’omessa
motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art.
360, n. 5, c.p.c., in quanto la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto
di una lettera esposto da lui depositata che dimostrava, a suo avviso,
l’inesistenza del possesso in capo a Silvano Calistri.
3) Con il sesto motivo il Gelli lamenta la violazione degli articoli
873, 907, 1140 ed 1170 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.e., per
avere la Corte di Appello ritenuto che costituissero nuove costruzioni
una sopraelevazione di un tetto ed un manufatto che assolveva ad una

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territoriale abbia ritenuto preclusa, ai sensi dell’art. 345 c.p.e.,

funzione di contenimento di un declivio naturale già svolta da un
terrapieno.
4) Con il settimo motivo il ricorrente deduce l’insufficiente
motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio, in quanto i
criteri di misurazione utilizzati dal consulente sarebbero stati incerti,

non sarebbero state valutate in maniera adeguata le modalità di
adattamento delle costruzioni alla normativa antisismica e non
sarebbero stati formulati al perito dell’ufficio i quesiti richiesti.
5) Con l’ottavo e il nono motivo il Gelli contesta la violazione
degli articoli 873 e 907 c.c. in relazione all’articolo 360, n. 3, c.p.c.,
poiché, nella specie, verrebbero in rilievo vani non abitabili, con
conseguente non applicabilità delle disposizioni da ultimo menzionate,
in particolare dell’art. 907 c.c. Il ricorrente deduce altresì che, poiché
le costruzioni in questione sono unite od aderenti, sarebbe pure
preclusa, ex art. 873 c.c., la tutela possessoria. Inoltre, l’articolo 8,
punto 2, delle norme di attuazione del piano regolatore generale del
Comune di Pistoia non avrebbe, ad avviso del Gelli, carattere
integrativo del codice civile, per cui la relativa violazione, nella specie
accertata dai giudici di merito, avrebbe potuto comportare solamente un
obbligo risarcitorio.
6) Con il decimo motivo il ricorrente si duole della violazione
degli articoli 884, 885, 1102 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.e., in
quanto, avendo gli edifici oggetto di causa un muro in comune, egli

wo

aveva il diritto di utilizzare detto muro anche sopraelevandolo, senza
che il resistente potesse agire per la manutenzione del proprio possesso.
7) I primi quattro motivi di ricorso, che per ragioni di
connessione possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.

ad oggetto l’omessa dimostrazione della qualità di possessore vantata
dal ricorrente, rilevando che la sussistenza del possesso in capo al
Calistri non era stata contestata dal Gelli nel corso del giudizio di primo
grado e che, pertanto, trattandosi di una circostanza di fatto, la stessa,
in base al principio generale di non contestazione, doveva ritenersi
provata, senza necessità di specifica dimostrazione. Il giudice del
gravame ha altresì disatteso la censura mossa dall’appellante riguardo
alla decadenza del Calistri dalla proponibilità dell’azione, osservando
che la decadenza dalla proposizione della domanda di manutenzione
prevista dall’art. 1170 c.c. deve essere fatta valere dalla parte
interessata mediante specifica eccezione in senso stretto; e che,
conseguentemente, non essendo stata tale eccezione sollevata nel corso
del giudizio di primo grado, la sua proposizione per la prima volta in
sede di gravame doveva ritenersi preclusa ai sensi dell’art. 345 comma 2
c.p.e.
Così statuendo, la Corte territoriale non ha tenuto conto del fatto
che il procedimento possessorio dinanzi al Pretore si è svolto
unicamente nella fase sommaria, avendo il giudice definito la procedura
con provvedimento emesso (nelle forme dell’ordinanza, ma avente,

La Corte di Appello ha respinto la censura dell’appellante avente

secondo la giurisprudenza, natura sostanziale di sentenza) a
scioglimento di riserva, con il quale ha accolto l’istanza di tutela e
regolato le spese, senza fissare l’udienza per la trattazione del c.d.
merito possessorio.

in materia, la disciplina introdotta dalla legge n. 353 del 1990
-applicabile alla fattispecie in esame ratione temporis- non ha inciso
sulla struttura del procedimento possessorio, che resta caratterizzato da
una duplice fase: la prima, di natura sommaria, limitata all’emanazione
dei provvedimenti immediati; la seconda, a cognizione piena, avente ad
oggetto il merito della pretesa possessoria, da concludersi con sentenza
soggetta alle impugnazioni ordinarie. Il giudice adito in sede
possessoria, pertanto, con il provvedimento conclusivo della fase
interdettale, deve fissare l’udienza di prima trattazione del giudizio
ordinario di cognizione, ai sensi dell’art. 183 c.p.c. (v. Cass. Sez. Un.
24-2-1998 n. 1984, Cass. 16-11-2006 n. 24388; Cass. 19-6-2007 n.
14281).
Ne discende che, a seguito della conclusione della fase sommaria
e del passaggio alla fase di merito, il giudice deve assegnare al
convenuto, ai sensi dell’art. 180 comma 2 c.p.c., un termine non
inferiore a venti giorni prima dell’udienza di trattazione per la
proposizione delle eccezioni processuali o di merito non rilevabili
d’ ufficio.

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Si osserva, in proposito, che, secondo la giurisprudenza formatasi

L’esigenza di assicurare alle parti il rispetto delle regole
processuali previste per la fase di merito a cognizione ordinaria, infatti,
comporta la necessità che il giudice conceda alle parti termini per
adeguarsi alle regole di tale fase.

l’ordinanza-sentenza dell’11-4-2000, ha definito l’intero giudizio
possessorio, senza disporre il passaggio della causa alla fase di merito
per l’ordinaria trattazione, mediante fissazione di un’apposita udienza.
Poiché, pertanto, il convenuto non è stato posto nelle condizioni
di proporre nel giudizio di primo grado, nei termini previsti dal codice
di rito, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio,
l’eccezione di decadenza dal medesimo formulata in appello non poteva
considerarsi inammissibile.
Né appariva invocabile, in relazione al possesso dedotto
dall’attore, il principio di non contestazione, che avrebbe potuto
ritenersi apprezzabile solo nell’ambito della fase di merito a cognizione
piena, nella quale il convenuto sarebbe stato tenuto a prendere
definitivamente posizione sui fatti posti dalla controparte a fondamento
della domanda.
Diversamente opinando, la parte convenuta in un giudizio
possessorio risulterebbe gravata dall’onere di svolgere -anche agli
effetti del c.d. “merito possessorio”- tutte le sue difese nell’ambito
della prima fase a cognizione sommaria, soggetta a tempi anche molto
brevi, vedendosi, quindi, privata della possibilità di usufruire dei tempi

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Nella specie, come si è rilevato, il giudice di primo grado, con

di proposizione delle eccezioni e di articolazione delle attività difensive
secondo le scansioni previste per il processo di cognizione ordinaria che
caratterizza la seconda fase del procedimento possessorio.
Deve, in definitiva, affremarsi che, nella ipotesi in cui il giudice

procedimento possessorio con ordinanza, provvedendo anche al relativo
regolamento delle spese processuali, senza procedere alla fissazione
dell’udienza di prosecuzione del giudizio di merito, al convenuto non
possa ritenersi precluso in appello l’espletamento delle attività
difensive che avrebbero dovuto trovare naturale collocazione nella fase
del c.d. merito possessorio, ove questo avesse avuto effettivo
svolgimento.
Per le ragioni esposte, in accoglimento ei motivi in esame, la
sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra Sezione della Corte di
Appello di Firenze, la quale si atterrà agli enunciati principi di diritto e
provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Gli altri motivi di ricorso rimangono assorbiti.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi quattro motivi di ricorso, assorbiti gli
altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia
anche per le spese ad altra Sezione della Corte di Appello di Firenze.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 19-1-2016
Il Consigliere estensore

Il residente

adito con ricorso ai sensi dell’articolo 703 c.p.c. concluda il

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