Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8100 del 08/04/2011

Cassazione civile sez. VI, 08/04/2011, (ud. 17/12/2010, dep. 08/04/2011), n.8100

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3435/2010 proposto da:

L.B. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE MAZZINI 88, presso lo studio dell’avvocato AMICONI MAURO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FALANCA Domenico, giusta procura

alle liti in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 305/2009 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA del 16.7.09, depositata il 29/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. VINCENZO MAZZACANE.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARMELO

SGROI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 22-4-1995 L.B. conveniva in giudizio dinanzi al Pretore di Reggio Calabria il Ministero dei Trasporti e della Navigazione e, premesso di essere proprietario di un fondo sito in (OMISSIS), confinante con demanio marittimo, e di avere ricevuto dalla locale Capitaneria di Porto la notifica di una ordinanza di sgombero per occupazione abusiva di mq. 22 di suolo demaniale, nonchè una richiesta di indennizzo per quella occupazione, chiedeva accertarsi l’esatto confine tra il suo terreno e la spiaggia, con relativa apposizione di termini.

Costituendosi in giudizio l’Amministrazione convenuta eccepiva l’inammissibilità della domanda per l’insussistenza di qualsiasi situazione di incertezza sulla demarcazione dei fondi oggetto delle domanda, e contestava comunque nei merito la fondatezza delle pretese avversarie.

Devoluta successivamente la causa al Tribunale di Reggio Calabria Sezione Stralcio quest’ultimo con sentenza del 30-9-2003 dichiarava inammissibili le domande proposte dall’attore che condannava al rimborso delle spese processuali.

Proposto gravame da parte del L. cui resisteva il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti la Corte di Appello di Reggio Calabria con sentenza del 29-9-2010 ha accolto parzialmente l’appello nei limiti di cui in motivazione e, in parziale riforma della sentenza impugnata, ritenuta l’ammissibilità dell’azione ex art. 950 c.c., introdotta dal L., ha dichiarato che il confine tra l’immobile di proprietà di quest’ultimo, identificato al foglio 28 particella 361 del Catasto terreni di (OMISSIS), ed il demanio marittimo, identificato con la particella 8, era quello risultante dalle mappe catastali, ha rigettato la domanda di apposizione di termini, ha confermato nel resto ed ha condannato l’appellante al pagamento delle spese del grado.

Avverso tale sentenza il L. ha proposto un ricorso per cassazione articolato in due motivi cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha resistito con controricorso; il ricorrente ha successivamente depositato una memoria senza il rispetto del termine di cui all’art. 378 c.p.c..

Il Consigliere designato con relazione ex art. 380 bis c.p.c. del 27/7/2010 ha concluso per la decisione del ricorso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione o falsa applicazione dell’art. 951 c.c., censura la sentenza impugnata per aver rigettato la domanda di apposizione di termini ritenendo erroneamente insussistente il suo presupposto, ovvero la ricorrenza di confini certi e pacifici; in realtà, avendo la Corte territoriale stabilito che il confine tra i due fondi di proprietà delle parti era quello risultante dalle mappe catastali, e dunque avendo riconosciuto che vi era un limite certo e ben individuato, avrebbe dovuto accogliere anche la domanda di apposizione dei termini quale pretesa accessoria e consequenziale a quella di regolamentazione dei confini.

La menzionata relazione ha ritenuto infondata tale censura assumendo in proposito che il giudice di appello ha rilevato che la domanda di apposizione dei termini proposta dall’appellante, lungi dall’essere autonoma rispetto alla domanda di regolamentazione dei confini, era chiaramente collegata a quest’ultima sul presupposto che il confine unilateralmente stabilito dal L. fosse quello reale, e che quindi egli non avesse occupato il terreno demaniale; la Corte territoriale ha poi affermato che presupposto dell’azione disciplinata dall’art. 951 c.c., è che il confine tra i due fondi sia certo, pacifico ed incontestato, laddove l’appellante anche nel secondo grado di giudizio aveva insistito nella sua domanda principale ex art. 950 c.c., assumendo che il confine reale fosse diverso da quello dedotto da controparte.

La suddetta relazione ha considerato il convincimento del giudice di appello corretto e dunque immune dai profili di censura sollevati dal ricorrente, posto che nella prospettazione stessa del L. – confermata in questa sede – l’azione per l’apposizione dei termini è stata configurata quale pretesa accessoria e consequenziale a quella formulata in via principale con la domanda di regolamentazione dei confini, cosicchè non solo era stata dedotta la mancanza di un confine certo e determinato, ma era stato sostenuto anche il difetto dei segni esteriori del confine stesso (vedi al riguardo Cass. 15/12/1984 n. 6573), e pertanto dalla ritenuta infondatezza della domanda ex art. 950 c.c., logicamente conseguiva anche il rigetto di quella prevista dall’art. 951 c.c.; sotto ulteriore profilo ha poi ritenuto indubitabile che comunque, come riconosciuto dalla stesso ricorrente, la domanda di apposizione dei termini presuppone l’esistenza di un confine certo e determinato, cosicchè, nell’ipotesi in cui il convenuto contesti l’indicazione dei confini data dall’attore in tale domanda, come nella fattispecie, tale tema si sviluppa in tutta la sua implicita estensione, e si configura quindi come un’azione di regolamento di confini (Cass. 20-7-1979 n. 4330), e non come un’azione di apposizione di termini.

Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., censura la sentenza impugnata per non aver liquidato le spese del giudizio in favore dell’esponente, considerato che avrebbe dovuto accogliere le sue domande, e per non aver comunque compensato le spese del giudizio di appello, avendo accolto parzialmente la domanda.

La predetta relazione ha ritenuto infondato anche tale motivo, atteso che la Corte territoriale, dopo aver ritenuto l’ammissibilità della domanda proposta ex art. 950 c.c., la ha comunque rigettata nel merito, ed ha poi rigettato anche la domanda per l’apposizione dei termini, cosicchè nel condannare il L. al rimborso delle spese del grado di appello (e nel confermare la statuizione in ordine alle spese di primo grado), ha applicato puntualmente il principio della soccombenza.

La Corte ritiene di poter condividere pienamente le conclusioni della relazione.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 2500,00 per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2011

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