Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 810 del 16/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 810 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: FALASCHI MILENA

Requisiti
SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 30551/07) proposto da:
MARCHETTI RENATA (c.d. RENATE), rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in
calce al ricorso, dagli Avv.ti Aldo e Gian Alberto Ferretti del foro di Roma ed elettivamente
domiciliata presso il loro studio in Roma, piazza Cola di Rienzo n. 69;
– ricorrente o

contro
MARCHETTI HEIDRUN, rappresentata e difesa dall’Avv.to Giovanni Patrizi del foro di Roma, in
virtù di procura speciale apposta a margine del controricorso, ed elettivamente domiciliata presso
il suo studio in Roma, via Tirso n. 90;
– controricorrente e contro

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Data pubblicazione: 16/01/2014

PEDEVILLA RENE’
– intimata avverso la sentenza della Corte d’appello di Trento — Sezione distaccata di Bolzano n. 114
depositata il 4 giugno 2007 e notificata il 26.9.2007.

Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
udito l’Avv.to Gian Alberto Ferretti, per parte ricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa
Francesca Ceroni, che ha concluso per l’improcedibilità del ricorso, in subordine per
l’inammissibilità ed in via di ulteriore subordine, per il rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 15 marzo 2004 Heidrun MARCHETTI evocava, dinanzi al Tribunale
di Bolzano, Renate Marchetti e la figlia Reneè PEDEVILLA esponendo che a seguito di decesso,
il giorno 3.10.1996, del padre, i beni dello stesso venivano ereditati, per testamento olografo, dalle
figlie Heidrun, Erika e Renate, compreso l’immobile sito in Castelrotto, via Patener n. 7,
denominato ‘Villa di Siusi’; aggiungeva che a seguito di transazione, la sorella Erika le cedeva la
propria quota della Villa e dopo vari tentativi per poter godere pacificamente del bene, aveva
predisposto un regolamento della comunione, comunicato alla sorella Renate, che veniva
approvato nella riunione cui aveva partecipato solo lei, il quale prevedeva un godimento turnario
esclusivo in proporzione alla quota di comproprietà spettante a ciascuna delle sorelle; proseguiva
affermando che Renate e la figlia, Reneè PEDEVILLA, dal 9.1.2004 al 9.11.2004 occupavano in
via esclusiva la villa, contravvenendo a quanto disposto dall’art. 2 del Regolamento, per cui
chiedeva in via cautelare l’accertamento dell’intervenuto spoglio del possesso da parte delle

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Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 10 ottobre 2013 dal

resistenti, con conseguente ordine di reintegro immediato nel possesso dell’immobile, oltre al
risarcimento dei danni.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza delle convenute, le quali contestavano l’intervenuto
spoglio del possesso ed i danni, eccependo l’intervenuta decadenza dall’azione, nonché

favore della ricorrente nei confronti della sorella Renate e non anche nei confronti della nipote,
mera detentrice della Villa, ordinanza avverso la quale proponevano reclamo entrambe le
originarie resistenti, gravami che venivano respinti.
Esaurita la fase cautelare, anche del reclamo, la causa proseguiva nel merito ed il Tribunale, con
sentenza n. 548 del 2006, confermava i provvedimenti concessi in via interdittale, compresa la
condanna al risarcimento dei danni, liquidati in €. 18.000,00.
In virtù di rituale appello interposto da Renate MARCHETTI, con il quale lamentava che il giudice
di prime cure non avesse tenuto conto del fatto che l’appellante e la figlia non avevano fatto
alcunché per determinare una modificazione della situazione di fatto perdurante dalla morte del
genitore, la Corte di appello di Trento — Sezione distaccata di Bolzano, nella resistenza della
appellata, contumace la PEDEVILLA, rigettava il gravame.
A sostegno della decisione adottata la corte territoriale evidenziava che il principio di cui all’art.
704 c.p.c. trovava applicazione per le situazioni in cui tutte le parti del giudizio possessorio erano
anche parti del giudizio petitorio, ma non valeva per l’ipotesi — come nella specie – in cui nel
giudizio possessorio vi erano parti che non comparivano anche nella vicenda petitoria e pertanto i
due procedimenti dovevano restare separati.
Nel merito, riteneva la legittimità delle modalità di godimento dell’immobile disciplinate come da
regolamento della comunione, adottato in conformità allo schema tipico fissato dall’art. 1106 c.c.,
nell’assemblea appositamente fissata, che erano state violate dall’appellante.

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l’incompetenza del giudice ex art. 704 c.p.c., il Tribunale adito, riconosceva tutela interdittale in

Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Trento — Sezione distaccata di Bolzano ha
proposto ricorso per cassazione Renate MARCHETTI, articolato su tre motivi, al quale ha
replicato la Heidrun con controricorso. La PEDEVILLA non si è costituita sebbene ritualmente
intimata.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Occorre premettere che il procuratore di parte ricorrente ha documentato i propri poteri allegando
agli atti la procura speciale notarile (a firma del notaio Elisabetta Scaramellino di Bolzano del
19.11.2007 rep. N. 89343), come da annotazione in calce allo stesso ricorso.
Tanto chiarito, deve preliminarmente respingersi l’eccezione, sollevata dalla controricorrente, di
inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza. Il disposto dall’art. 366 c.p.c. n. 3,
secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere a pena d’inammissibilità l’esposizione
sommaria dei fatti di causa, può ritenersi osservato quando dall’atto sia possibile ricavare la
cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle
posizioni assunte dalle parti. Ora, nel caso in esame il ricorso si basa su una chiara ed esauriente
ricostruzione della vicenda sostanziale e della vicenda processuali, ricostruzione che è
sostanzialmente pacifica tra le parti, per cui deve ritenersi che contenga tutti gli elementi
essenziali prescritti dall’ad. 366 c.p.c. n. 3, consentendo il ricorso l’immediata percezione delle
censure sollevate, per quanto di seguito si esporrà.
Il primo motivo del ricorso nel lamentare violazione e falsa applicazione dell’art. 704 c.p.c.,
– per mancata convocazione dei partecipanti alla comunione con indicazione del testo del
regolamento da discutere che comporterebbe violazione dell’ad. 1105, comma 3, c.c. dovendo
essere tutti i partecipanti alla comunione informati dell’oggetto della deliberazione – a conclusione
pone il seguente quesito di diritto: “la Cassazione deve affermare il principio che la mancata

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Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria illustrativa.

preventiva informazione dei partecipanti alla comunione rende invalida la delibera dell’8 agosto
2003 e quindi non poteva aversi l’inversione del possesso da parte della Renate”.
La censura oltre a non prospettare una coordinazione fra il vizio denunciato e la formulazione del
quesito di diritto, introduce una questione nuova, che non risulta essere stata posta all’esame dei

In proposito va segnalato che nel giudizio di legittimità, una questione nuova, siccome non
affrontata dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata alcuna questione relativa alla validità
della deliberazione che ha approvato il Regolamento della comunione de qua tra le questioni
idoneamente prospettate e, quindi, esaminabili e non avendo la ricorrente dedotto di averla
tempestivamente prospettata in appello, è da ritenere inammissibile, implicando accertamenti di
fatto non consentiti per la prima volta in questa sede.
Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 713, 556,
674 e 1168 c.c., anche per vizio di motivazione, assumendo la ricorrente che la pendenza dei
giudizi volti allo scioglimento della comunione ereditaria e di riduzione non consentirebbero di
determinare l’attivo dell’eredità e l’attribuzione dei singoli beni ereditari. A corollario del motivo è
posto il seguente quesito di diritto: “La Cassazione dovrà affermare che il ricorso per reintegra nel

possesso 15 marzo 2004 andava esaminato dal giudice cui erano affidati i giudizi riuniti nn.
356/98 e 710/98 per evitare che uno spoglio ritenuto esistente fosse imputato a chi in sede di
determinazione dei beni non era parte lesa dello spoglio”.
L’art. 704 c.p.c., derogando alla generale regola della competenza in materia possessoria (artt. 8 703 c.p.c.) riserva al giudice del giudizio petitorio la competenza sulle domande relative al
possesso solo quando queste siano relative a fatti successivamente commessi dalle parti di
questo giudizio.
In tal senso, a parte la chiara dizione della norma, che, in quanto eccezionale, perché derogativa
di una regola generale, non può essere applicata oltre i casi in essa considerati (art. 14 preleggi

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giudici di merito.

c.c.), si è ripetutamente pronunciata questa Corte quando ha appunto precisato come la disciplina
dell’art. 704 c.p.c. presupponga la connessione oggettiva delle due cause e l’anteriorità del
giudizio petitorio rispetto all’accadimento dei fatti dedotti come lesivi del possesso, nonchè la
identità soggettiva delle parti, la quale ricorre solo se tutte le parti del giudizio possessorio siano

(Cass. n. 8203 del 1990; Cass. n. 1398 del 1989).
Nel caso in esame, non ricorre alcuno dei requisiti sopra richiesti: il giudizio di divisione pendente
fra le germane Marchetti non ha natura petitoria ed è affatto pacifico che la PEDEVILLA, contro la
quale la Heidrun Marchetti ha esercitato l’azione di spoglio, non è parte del giudizio di divisione
predetto. Mancano, dunque, tutti i presupposti essenziali per l’applicazione della speciale
disposizione sulla competenza contenuta nell’art. 704 c.p.c. e la conseguente esclusione della
regola generale in materia posta dall’art. 703 c.p.c. (in relazione all’art. 8 dello stesso codice).
Ne discende che legittimamente il giudice ha disposto la separazione delle diverse controversie,
provvedendo nel merito solo relativamente alla tutela possessoria.
Il motivo va pertanto disatteso.
Con il terzo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1168 c.c., 703
c.p.c. e 1809 c.c. in quanto la corte di merito non avrebbe considerato che la ricorrente abitava
nella villa ancora prima del decesso del genitore e con lo stesso titolo di comodato gratuito ha
continuato ad abitarlo, per cui non ha operato alcuna interversione del possesso, ma doveva
intervenire un provvedimento ‘per cessione del comodato con fissazione del termine’. A
conclusione del motivo è posto il seguente quesito di diritto: “La Cassazione dovrà affermare che

doveva venire fissato ragionevole termine per la restituzione del bene e solo dopo l’esecuzione
del provvedimento poteva sussistere il mutamento del titolo”.

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presenti in quello petitorio, essendo irrilevante soltanto che a quest’ultimo partecipino altri soggetti

Anche quest’ultimo motivo è inammissibile, trattandosi di questione nuova, quale quella del
comodato, che non risulta in alcun modo trattata nel giudizio di merito nè nella sentenza
impugnata.
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente, siccome soccombente, va

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di
Cassazione, che liquida in complessivi €. 2.700,00, di cui €. 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 10 ottobre 2013.

condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

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