Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8097 del 08/04/2011

Cassazione civile sez. II, 08/04/2011, (ud. 09/03/2011, dep. 08/04/2011), n.8097

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI MILANO, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e

difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.

SURANO Maria Rita, Elena Savasta e Francesco Pirocchi, elettivamente

domiciliato nello studio di quest’ultimo in Roma, Largo Temistocle

Solera, n. 7/10;

– ricorrente –

contro

PROMOTRADING s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore

R.R., e R.R. in proprio, rappresentati

e difesi, in forza di procura speciale in calce al controricorso,

dagli Avv. LUCCHESI Federico e Claudio Larussa, elettivamente

domiciliati nello studio di quest’ultimo in Roma, Via Tibullo, n. 13;

– controricorrenti –

e sul ricorso proposto da:

PROMOTRADING s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore

R.R., e R.R. in proprio, rappresentati

e difesi, in forza di procura speciale in calce al controricorso,

dagli Avv. Federico Lucchesi e Claudio Larussa, elettivamente

domiciliati nello studio di quest’ultimo in Roma, Via Tibullo, n. 13;

– ricorrenti in via incidentale –

contro

COMUNE DI MILANO, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e

difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.

Maria Rita Surano, Elena Savasta e Francesco Pirocchi, elettivamente

domiciliato nello studio di quest’ultimo in Roma, largo Temistocle

Solera, n. 7/10;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza del Giudice di pace di Milano n. 2480 in data

1/3/2005;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 9

marzo 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

uditi gli Avv. Francesco Pirocchi e Claudio Larussa;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per la riunione dei

ricorsi, per l’accoglimento del terzo motivo del ricorso principale,

con il rigetto del resto, e per l’accoglimento del terzo motivo del

ricorso incidentale, con il rigetto del resto.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

In data 20 dicembre 2001, il Corpo di polizia municipale di Milano notificava alla s.r.l. Promotrading ed al suo legale rappresentante, R.R., 1008 verbali, con cui venivano contestate le violazioni dell’art. 93 C.d.S., comma 9 (Formalità necessarie per la circolazione degli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi), per omessa iscrizione al pubblico registro automobilistico (d’ora in poi, anche PRA) e omessa richiesta del certificato di proprietà entro il termine prescritto, e dell’art. 103 C.d.S., commi 1 e 5 (Obblighi conseguenti alla cessazione della circolazione dei veicoli a motore e dei rimorchi), per mancata comunicazione al PRA della cessazione della circolazione per definitiva esportazione all’estero del veicolo.

Con ricorso della L. 24 novembre 1981, n. 689, ex art. 22, depositato nella cancelleria del Tribunale di Milano in data 14 febbraio 2002, la s.r.l. Promotrading e il R. proponevano opposizione.

Il Comune si costituiva in giudizio.

L’adito Tribunale di Milano, con sentenza n. 15041 del 31 ottobre 2003, dichiarava la propria incompetenza per materia per essere l’opposizione proposta di competenza del Giudice di pace della stessa città.

Riassunta la causa, il Giudice di pace di Milano, con sentenza n. 2480 del 24 novembre 2004, ha accolto parzialmente il ricorso, annullando i verbali nella parte in cui si riferiscono alla contestazione della violazione dell’art. 103 C.d.S., commi 1 e 5.

Per la cassazione di questa sentenza il Comune ha proposto ricorso, con atto notificato il 23 novembre 2005, sulla base di tre motivi.

La società Promotrading e il R. hanno resistito con controricorso, proponendo a loro volta ricorso incidentale, affidato a tre motivi.

Il ricorso incidentale è resistito dal Comune con controricorso.

In prossimità dell’udienza, il Comune ha depositato una memoria illustrativa.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Preliminarmente, il ricorso principale ed il ricorso incidentale devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., essendo entrambe le impugnazioni riferite alla stessa sentenza.

2. – Con il primo motivo del ricorso principale (art. 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 3 e 5: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata in relazione all’eccezione comunale di nullità e inammissibilità dei ricorsi; violazione di norme di diritto – art. 164 cod. proc. civ., in relazione all’art. 163 cod. proc. civ., n. 2), il Comune si duole che non sia stata accolta l’eccezione di nullità, assoluta ed insanabile, del ricorso introduttivo dinanzi al Tribunale, erroneamente proposto contro il Corpo di polizia municipale di Milano anzichè contro il Comune.

2.1. – Il motivo è infondato.

In tema di sanzioni amministrative per violazione delle norme sulla circolazione stradale, la circostanza che le conclusioni del ricorso introduttivo dell’opposizione al verbale elevato dai vigili urbani siano rivolte contro la polizia municipale, anzichè nei confronti del Comune, costituisce una mera irregolarità, che non importa alcun vizio nella instaurazione del contraddittorio, ove si consideri, per un verso, che il procedimento di opposizione configurato dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, è ad iniziativa officiosa nella individuazione dell’autorità amministrativa che deve stare in giudizio, e, per l’altro verso, che, nella specie, il ricorso ed il pedissequo decreto di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti sono stati notificati, a cura della cancelleria, al vero legittimato passivo, il Comune di Milano, in persona del sindaco pro tempore, il quale si è regolarmente costituito in giudizio con una memoria difensiva che affronta il merito delle questioni (cfr. Cass., Sez. 1^, 9 luglio 2004, n. 12672).

3. – Il secondo mezzo del medesimo ricorso è rubricato “art. 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 3 e 5: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata e violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 22, in relazione all’eccezione comunale di tardività dei ricorsi”. Sostiene il Comune che l’originario ricorso è stato proposto ad un giudice incompetente, oltre il termine di trenta giorni previsto dalla L. n. 689 del 1981, art. 22: il fatto che il Tribunale, con la pronuncia declinatoria, abbia assegnato un termine per l’eventuale riassunzione, non inciderebbe in alcun modo sulle decadenze nel frattempo verificatesi. Inoltre, stante il principio tempus regit actum, non sarebbe applicabile, ad avviso del ricorrente in via principale, l’art. 204 bis C.d.S., che prevede per il ricorso al giudice di pace il termine di sessanta giorni, essendo questa norma stata introdotta successivamente, con il D.L. 27 giugno 2003, n. 151, art. 4, comma 1 septies, convertito, con modificazioni, nella L. 1 agosto 2003, n. 214.

3.1. – Il motivo è privo di fondamento.

E’ pacifico che i verbali di contestazione sono stati notificati in data 20 dicembre 2001 e che il ricorso è stato depositato nella cancelleria del Tribunale di Milano in data 14 febbraio 2002, nel rispetto, quindi, del termine di sessanta giorni.

Contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, anche per le situazioni alle quali non si applica, ratione temporis, l’art. 204 bis C.d.S., la giurisprudenza di questa Corte è attestata nel senso che l’atto di opposizione contro il verbale di contravvenzione al codice della strada deve essere depositato, a pena d’inammissibilità, nella cancelleria del giudice nel termine di sessanta giorni dalla contestazione o dalla notificazione della contravvenzione stessa, e non di trenta giorni come stabilito dalla L. n. 689 del 1981, art. 22, atteso che il primo termine meglio si armonizza con le altre previsioni esistenti nell’ordinamento, quali quelle che, nello stesso termine di sessanta giorni, consentono al contravventore sia il pagamento della sanzione in misura ridotta (art. 202 C.d.S.), sia il ricorso amministrativo al prefetto, e all’amministrazione la formazione del titolo esecutivo, una volta che quello sia spirato (Cass., Sez. 3^, 29 settembre 1999, n. 10768;

Cass., Sez. 1^, 17 aprile 2003, n. 6167; Cass., Sez. 1^, 14 maggio 2003, n. 7398).

Nè rileva che il ricorso sia stato depositato presso un giudice incompetente.

Infatti, poichè il Tribunale, con la sentenza declinatoria, ha fissato il termine di sei mesi dal deposito della sentenza per la riassunzione del giudizio dinanzi al Giudice di pace di Milano, e poichè la causa è stata riassunta tempestivamente, trova applicazione il principio per cui quando la riassunzione della causa dinanzi al giudice dichiarato competente avviene nel termine fissato nella sentenza che dichiara l’incompetenza (ed, in mancanza, in quello, secondo la disciplina ratione temporis applicabile, di sei mesi dalla comunicazione di tale sentenza), il processo continua, ai sensi dell’art. 50 cod. proc. civ., davanti al nuovo giudice mantenendo una struttura unitaria e, perciò, conservando tutti gli effetti sostanziali e processuali del giudizio svoltosi dinanzi al giudice incompetente.

4. – Con il terzo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 103 C.d.S., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione) il Comune si duole che la sentenza impugnata abbia ritenuto la violazione dell’art. 103 C.d.S., commi 1 e 5, strutturalmente incompatibile con la contestata infrazione all’art. 93 C.d.S., comma 9.

4.1. – Il motivo è fondato.

Sotto la rubrica “Obblighi conseguenti alla cessazione della circolazione dei veicoli a motore e dei rimorchi” , l’art. 103 C.d.S., comma 1, prevede che l’intestatario dell’autoveicolo, motoveicolo o rimorchio o comunque chi abbia titolo per disporre dello stesso, anche senza risultare intestatario, deve, entro sessanta giorni, comunicare al competente ufficio del pubblico registro automobilistico la definitiva esportazione all’estero del veicolo stesso, restituendo la carta di circolazione, il certificato di proprietà e le targhe. Viene così coinvolto dall’interessato un u-nico ufficio pubblico (il PRA, appunto), con la consegna allo stesso dei documenti e delle targhe, prevedendosi che sia il PRA a dover poi dare comunicazione all’ufficio competente per territorio del dipartimento per i trasporti terrestri, trasmettendo ad esso la carta di circolazione e le targhe.

Poichè, ai sensi del citato art. 103 C.d.S., comma 1, l’obbligo di comunicazione, nel termine di legge, della definitiva esportazione all’estero del veicolo mira a consentire la radiazione del veicolo attraverso la restituzione, non solo del certificato di proprietà, ma anche della carta di circolazione e delle targhe, rilasciate a seguito dell’immatricolazione del veicolo stesso presso il dipartimento per i trasporti terrestri, è da ritenere che l’illecito, sanzionato dal comma 5, conseguente alla violazione della norma sussista anche nel caso in cui l’interessato sia incorso nella violazione dell’art. 93 C.d.S., commi 5 e 9, per non avere provveduto a richiedere al PRA il rilascio del certificato di proprietà.

Da questo principio il giudice del merito si è discostato, ritenendo che l’obbligo di comunicare la cessazione della circolazione per definitiva esportazione all’estero del veicolo presupponga, non solo l’immatricolazione del veicolo presso il dipartimento per i trasporti terrestri, ma anche la precedente iscrizione del veicolo stesso nel pubblico registro automobilistico.

5. – Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 93 C.d.S., commi 1, 5 e 9, nonchè omessa ed insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5), i ricorrenti in via incidentale – premesso che la richiesta di immatricolazione delle autovetture è stata effettuata in via facoltativa, e solo per finalità contrattuali, su richiesta delle case costruttrici – deducono che la Promotrading non era obbligata a richiedere l’iscrizione al PRA ed il rilascio del certificato di proprietà entro 60 giorni dalla data di effettivo rilascio della carta di circolazione, e ciò per una pluralità di ragioni: (a) perchè detto obbligo sussisterebbe solamente per i veicoli soggetti all’obbligo di immatricolazione e di rilascio di carta di circolazione, sicchè non può competere a chi svolge soltanto attività di semplice intermediario; (b) perchè alcune vetture sono state alienate anteriormente all’immatricolazione, avendo la Promotrading cessato di esserne proprietaria ancor prima che ne richiedesse facoltativamente l’immatricolazione; (c) perchè la quasi totalità delle rimanenti vetture sono state alienate successivamente alla loro immatricolazione, ma entro il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 93 C.d.S., comma 5; (d) perchè – attesa la funzione pubblicistica del PRA, che è quella di certificare chi risulta essere proprietario di un determinato veicolo – chi non è più proprietario di una vettura non potrebbe vedersi obbligato a richiedere il certificato di proprietà a suo nome con contestuale iscrizione al PRA. 5.1. – La censura è infondata.

L’immatricolazione è il momento della nascita giuridica del veicolo che si concretizza con il rilascio della carta di circolazione, ossia con l’autorizzazione amministrativa a circolare su strada.

Ai sensi dell’art. 93 C.d.S., la carta di circolazione è rilasciata dal dipartimento per i trasporti terrestri “a chi si dichiara proprietario del veicolo”. Per i veicoli soggetti ad iscrizione al PRA, oltre alla carta di circolazione è previsto il certificato di proprietà, rilasciato dallo stesso ufficio, ai sensi della L. 9 luglio 1990, n. 187, art. 7, comma 2 (Norme in materia di tasse automobilistiche e automazione degli uffici del pubblico registro automobilistico), a seguito di istanza da presentare “a cura dell’interessato” entro sessanta giorni dalla data di effettivo rilascio della carta di circolazione.

Da tanto consegue che, per effetto del rilascio della carta di circolazione, si determina per il soggetto che ha avviato l’iter procedurale dell’immatricolazione l’obbligo di procedere alla richiesta di rilascio del certificato di proprietà, non essendo consentita una immatricolazione a fini esclusivamente statistici, che prescinda dalla registrazione del veicolo nell’apposito archivio destinato a consentire la possibilità di individuare in ogni momento il titolare del diritto di proprietà sul veicolo stesso.

A tale riguardo, non rileva nè che, nelle intenzioni della s.r.l.

Promotrading, i veicoli non fossero di fatto destinati a circolare, nè che alcune vetture siano state vendute addirittura prima della immatricolazione da parte della stessa società o subito dopo il rilascio della carta di circolazione e delle targhe, ma prima dello spirare del termine di sessanta giorni.

E’ la legge, infatti, che stabilisce le conseguenze dell’immatricolazione, sicchè la circostanza – accampata dai ricorrenti in via incidentale – della non circolazione del veicolo è un’ evenienza di mero fatto che non incide sull’osservanza dell’obbligo previsto dall’art. 93 C.d.S., comma 5; e, d’altra parte, la commercializzazione del veicolo stesso prima o dopo l’immatricolazione (ma, in questo secondo caso, entro lo scadere del termine prescritto) non fa venir meno l’obbligo di inoltrare la richiesta del certificato di proprietà al PRA, obbligo che dalla legge è posto a carico di chi, essendosi dichiarato proprietario del veicolo ai fini dell’immatricolazione, è il soggetto “interessato” ai fini degli adempimenti conseguenti.

L’interpretazione delle disposizioni del codice della strada – chiara in relazione al tenore letterale delle stesse ed al contesto normativo che è destinato ad accoglierle – non può essere piegata in funzione delle particolari scelte di mercato perseguite dai ricorrenti in via incidentale.

Il sistema, del resto, non ammette, in relazione alla titolarità del veicolo immatricolato, una dissociazione tra quanto risulta dalla carta di circolazione e le iscrizioni nel pubblico registro automobilistico. Lo si ricava dall’art. 245 reg. esec. att. nuovo C.d.S., comma 4, approvato con il D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, ai cui sensi “Qualora l’ufficio provinciale del PRA accerti che il proprietario di un veicolo sia una persona diversa da quella le cui generalità sono indicate nella carta di circolazione, deve darne comunicazione, trasmettendo nel contempo la carta di circolazione, all’ufficio provinciale della direzione generale della M.C.T.C. che provvede, a richiesta del nuovo intestatario, ad una nuova immatricolazione con il rilascio di nuove targhe e nuova carta di circolazione contenente gli estremi della targa precedentemente rilasciata e la data di rilascio della stessa. Anche dell’effettuato nuovo rilascio è data comunicazione all’ufficio provinciale del PRA”.

6. – Con il secondo motivo del ricorso incidentale si chiede la disapplicazione dell’art. 93 C.d.S., commi 5 e 9, e art. 103 C.d.S., commi 1 e 5, in quanto contrastanti con gli artt. 2, 3, 10, 14, 28, 29, 30 e 31 del Trattato CE, ovvero, in subordine, la rimessione, in via pregiudiziale, alla Corte di giustizia della questione riguardante la compatibilità con il Trattato CE delle disposizioni nazionali che impongono agli operatori del settore e ai consumatori procedure e adempimenti amministrativi che – si sostiene – di fatto impediscono (o sono comunque di grave ostacolo al)l’esportazione dall’Italia di vetture “chilometri zero” e che hanno come ulteriore effetto quello di falsare notevolmente il gioco della concorrenza.

6.1. – Il motivo è privo di fondamento.

6.1.1. – La regolamentazione attuale della pubblicità automobilistica è contrassegnata da un intreccio inestricabile fra aspetti privatistici e funzione pubblicistica.

Come ha ricordato la Corte costituzionale nella sentenza n. 42 del 1997, se l’originaria funzione privatistica del PRA, ancora permanente, “è analoga a quella che la trascrizione svolge per i beni immobili, com’ è dimostrato anche dalla collocazione di una parte della materia nel sesto libro del codice civile (art. 2683, e segg.)”, parimenti non può negarsi che “la possibilità di individuare in ogni momento il titolare del diritto di proprietà sul veicolo” risponde “ad un interesse più generale”, tenuto conto del crescente fenomeno dell’infortunistica stradale e degli “aspetti tributari connessi alle risultanze del PRA”. Infatti, numerose leggi – successive all’istituzione del PRA, avvenuta con il R.D.L. 15 marzo 1927, n. 436, convertito in L. 19 febbraio 1928, n. 510 – “hanno collegato il compimento di atti da iscrivere nel PRA o la mera appartenenza di un autoveicolo al pagamento di una serie di tributi, l’esazione dei quali è curata … direttamente dall’ACI, presso il quale ente è organizzato il predetto registro”.

L’immatricolazione – che in Italia si completa, attesa la natura di bene mobile registrato del veicolo stradale, con l’iscrizione nel pubblico registro automobilistico – è il corollario naturale all’esercizio dei poteri fiscali nel campo degli autoveicoli.

Essa agevola i controlli tanto per lo Stato d’immatricolazione che per gli altri Stati membri nei confronti dei quali l’immatricolazione costituisce la prova del pagamento in tale stato delle tasse automobilistiche (sentenza della Corte di giustizia, 21 marzo 2002, Cura Anlagen GmbH contro Auto Service Leasing GmbH – ASL, in causa C- 451/99).

L’obbligo, ex art. 93 C.d.S., di richiedere, per gli autoveicoli per i quali sia stata rilasciata la carta di circolazione, l’iscrizione nel pubblico registro automobilistico ed il rilascio del certificato di proprietà, è posto per l’autovettura immatricolata in Italia, non per il fatto che essa attraversa la frontiera, ma in considerazione della sua immatricolazione nel territorio dello Stato e della scelta, compiuta da chi se ne dichiara proprietario, non semplicemente di detenerla come cosa, ma di destinarla alla circolazione stradale.

Poichè, dunque, tale previsione normativa non introduce alcuna differenza di trattamento tra la messa in circolazione amministrativa di un veicolo destinato a circolare in Italia e quella di un veicolo destinato all’esportazione, ma si preoccupa di completare il procedimento conseguente all’ottenimento del nulla osta alla circolazione, l’obbligo da essa contemplato non si risolve in un dazio doganale all’esportazione nè in una tassa di effetto equivalente, ai sensi dell’art. 30 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (ex art. 25 del Trattato CE), e – non essendo d’altra parte diretto a restringere quantitativamente le esportazioni o ad introdurre una misura di effetto equivalente, secondo quanto previsto dall’art. 35 TFUE (ex art. 28 del Trattato CE) – non comporta alcuna violazione del principio di libera circolazione delle merci fra gli Stati membri in normali condizioni di concorrenza.

Invero, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, affinchè si abbia un ostacolo all’esportazione, rilevante ai fini dell’art. 35 TFUE, occorre che ci si trovi di fronte ad un provvedimento nazionale che abbia “per oggetto o per effetto di restringere specificamente le correnti di esportazione e di costituire in tal modo una differenza di trattamento tra il commercio interno di uno Stato membro e il suo commercio d’esportazione, così da assicurare un vantaggio particolare alla produzione nazionale od al mercato interno interessato, a detrimento della produzione o del commercio di altri Stati membri” (sentenza 8 novembre 1979, Groenveld, in causa C-15/79;

più di recente, nello stesso senso, sentenza 2 ottobre 2003, Marco Grilli, in causa C-12/02).

Nè si pone in contrasto con il principio di libera circolazione delle merci l’art. 103 C.d.S., comma 1: questa norma infatti – con la previsione dell’obbligo di comunicare al PRA, entro un dato termine, la definitiva esportazione all’estero del veicolo, restituendo il certificato di proprietà, la carta di circolazione e le targhe – non altera il flusso quantitativo delle esportazioni, nè il gioco della concorrenza tra merci nazionali e merci destinate allo scambio intracomunitario, mirando semplicemente a far constare la cessazione dell’originaria immatricolazione del veicolo nello Stato a seguito della già intervenuta esportazione.

Poichè l’insussistenza del denunciato contrasto si impone con tale evidenza da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio, il Collegio si astiene dal sottoporre in via pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea la questione se le disposizioni del Trattato riguardanti la libera circolazione delle merci ostino all’applicazione di una normativa del tipo di quella prevista dall’art. 93 C.d.S., comma 5, e art. 103 C.d.S., comma 1.

6.1.2. – Onde dimostrare che le previsioni dell’art. 93 C.d.S., comma 5, e art. 103 C.d.S., comma 1, rappresenterebbero una misura destinata, in concreto, a sfavorire le esportazioni, i ricorrenti in via incidentale deducono che occorrerebbero circa cinque mesi per lo svolgimento dell’iter amministrativo rivolto ad ottenere l’immatricolazione, l’iscrizione al PRA e la radiazione di una singola vettura: un tempo che, di fatto, ostacolerebbe gravemente – si assume – “il regolare svolgimento dell’attività imprenditoriale della Promotrading (e delle altre migliaia di operatori del settore italiani) nella vendita all’estero di vetture c.d. chilometri zero”.

Fermo quanto rilevato, in via assorbente, nel paragrafo che precede, la deduzione non coglie nel segno.

Già il disegno normativo del codice della strada del 1992 prevede un termine massimo entro il quale il PRA deve rilasciare il certificato di proprietà a seguito della immatricolazione del veicolo: un termine che – come si desume dall’art. 101, comma 3 – non può essere superiore a novanta giorni dal rilascio della carta di circolazione, e, quindi – tenuto conto della scansione procedimentale prefigurata dall’art. 93, comma 5, che impone di richiedere il suddetto certificato entro sessanta giorni dalla data di effettivo rilascio della carta di circolazione -, a trenta giorni dalla scadenza del termine per la relativa richiesta.

Ma quel termine massimo si è ridotto nella prassi grazie alle innovazioni apportate sul piano della semplificazione.

Infatti, la presente vicenda si colloca in un periodo nel quale era già in vigore il D.M. Finanze 2 ottobre 1992, n. 514 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 306, serie generale, del 31 dicembre 1992), con il quale, in attuazione della L. n. 187 del 1990, i servizi delle conservatorie del PRA sono stati automatizzati e sono cessate le annotazioni e le iscrizioni sui registri previsti dal R.D.L. n. 436 del 1927, art. 11, stabilendosi la registrazione nel PRA mediante l’aggiornamento degli archivi elettronici, attraverso l’impiego, appunto, di procedure automatizzate, con un sensibile risparmio nei tempi di attesa per il rilascio del certificato di proprietà.

Il processo riformatore è proseguito successivamente con l’emanazione del regolamento ad efficacia delegificante 19 settembre 2000, n. 358, con il quale è stato istituito e disciplinato lo sportello unico dell’automobilista, allo scopo di ulteriormente semplificare il procedimento relativo all’immatricolazione, alla reimmatricolazione, alla registrazione della proprietà e ai passaggi di proprietà degli autoveicoli.

6.1.3. – Il Collegio è consapevole del fatto che nel corso delle ultime legislature non sono mancate proposte legislative, anche d’iniziativa governativa, che si sono prefisse di innovare radicalmente il sistema speciale della circolazione giuridica dei veicoli e di ricondurlo alle previsioni già presenti negli altri Paesi europei: (a) eliminando, per i veicoli stradali, il regime giuridico del bene mobile registrato; (b) abolendo, di conseguenza, il pubblico registro automobilistico; (c) attribuendo al già esistente archivio nazionale dei veicoli un valore analogo a quello rivestito dai corrispondenti archivi degli altri Stati europei; (d) riducendo, in definitiva, i tempi e i costi delle pratiche automobilistiche, per riportarle a livelli di sempre maggiore efficienza.

Si tratta di prospettive de iure condendo, nel senso di un’ulteriore riduzione degli adempimenti amministrativi e delle intermediazioni burocratiche, la cui concretizzazione rientra nelle scelte di esclusiva competenza del Parlamento.

Il verso di quelle proposte non vale però a far ritenere che la disciplina attuale – di cui l’art. 93 C.d.S., comma 5, e art. 103 C.d.S., comma 1, la presupposizione – costituisca, per ciò solo che un altro sistema più fluido sarebbe possibile, un ostacolo alle esportazioni, rilevante sotto il profilo del contrasto con il principio di libera circolazione delle merci.

7. – Il terzo mezzo del ricorso incidentale (violazione e falsa applicazione dell’art. 209 del codice della strada e della L. n. 689 del 1981, art. 28, nonchè omessa ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia) lamenta che la sentenza non abbia accolto l’eccezione di prescrizione quinquennale. Poichè la notifica di tutti i verbali è avvenuta in data 20 dicembre 2001, il Giudice di pace avrebbe dovuto dichiarare prescritti gli illeciti amministrativi relativi agli anni 1994, 1995 e 1996, di cui ai verbali dal n. 4390001 al n. 4390763. Al riguardo, i ricorrenti in via incidentale sostengono che le violazioni contestate avrebbero carattere, non permanente, come ritenuto dal primo giudice, ma istantaneo, la situazione di illecito determinandosi immediatamente non appena superato il termine perentorio di sessanta giorni.

L’illecito si consumerebbe al momento della scadenza del termine ultimo per adempiere all’obbligo di iscrizione. Eventuali richieste di esibizione di documentazione provenienti dal Comune di Milano in data antecedente alla notifica di verbali di contestazione non avrebbero, in ogni caso, efficacia interruttiva.

7.1. – Il motivo è fondato, nei limiti di seguito precisati.

In tema di illeciti amministrativi omissivi connessi alla mancata attuazione di una condotta entro un termine prefissato, al fine di stabilire se si tratta di illecito amministrativo istantaneo o permanente, è necessario considerare quanto segue.

Se, trascorso il termine sanzionato in via amministrativa, la condotta prescritta non può essere più utilmente tenuta, l’illecito ha natura istantanea, perchè l’inosservanza del dovere ha cagionato in modo irreparabile e definitivo la lesione dell’interesse perseguito dalla legge.

Se, invece, l’azione prescritta può essere utilmente compiuta anche in tempo successivo alla scadenza del termine, l’illecito ha natura permanente e la permanenza si protrae fino a quando non venga a cessare la situazione antigiuridica, sia per fatto dell’agente, che adempia il dovere in precedenza omesso, ovvero per il verificarsi di altri eventi che eliminino il permanere dello stato di danno o di pericolo.

Ne consegue che, in tema di violazioni di norme del codice della strada, con riferimento all’illecito previsto dall’art. 93, comma 5, concernente la mancata richiesta del certificato di proprietà al pubblico registro automobilistico entro il termine stabilito, il fatto si configura quale illecito omissivo istantaneo. Difatti, il termine di adempimento dell’obbligo (“entro sessanta giorni dalla data di effettivo rilascio della carta di circolazione”) è finale e perentorio, sicchè, una volta decorso, la situazione antigiuridica prevista dalla norma si è irrimediabilmente verificata e l’eventuale adempimento successivo non ha alcuna rilevanza al fine di escludere la sussistenza dell’illecito, la cui prescrizione comincia a decorrere dalla scadenza del termine fissato (cfr., con riferimento all’illecito previsto dall’art. 126 bis C.d.S., comma 2, Cass., Sez. 2^, 8 agosto 2007, n. 17348).

Ha pertanto errato il primo giudice là dove – rigettando l’eccezione di prescrizione per le infrazioni commesse negli anni 1994, 1995 e 1996 – ha ritenuto che il termine di prescrizione decorresse dal momento dell’accertamento dell’infrazione ad opera della polizia municipale.

Avendo escluso la natura istantanea dell’ illecito contestato, il Giudice di pace non aveva ragione di indagare sul se – come eccepito dal Comune – vi fossero stati, comunque, atti interruttivi della prescrizione.

A questa indagine provvederà il giudice del rinvio, attenendosi al principio secondo cui in tema di sanzioni amministrative, ogni atto del procedimento previsto dalla legge per l’accertamento della violazione e per l’irrogazione della sanzione ha la funzione di far valere il diritto dell’amministrazione alla riscossione della pena pecuniaria, in quanto, costituendo esso esercizio della pretesa sanzionatoria, è idoneo a costituire in mora il debitore ai sensi dell’art. 2943 cod. civ., con conseguente effetto interruttivo della prescrizione (Cass., Sez. 2^, 18 gennaio 2007, n. 1081; Cass., Sez. 2^, 27 agosto 2007, n. 18064; Cass., Sez. 2^, 26 novembre 2008, n. 28238; Cass., Sez. 2^, 10 settembre 2010, n. 19366; Cass., Sez. 2^, 4 gennaio 2011, n. 185).

8. – Conclusivamente, del ricorso principale è accolto il terzo motivo, mentre sono rigettati il primo ed il secondo; sono infondati i primi due motivi del ricorso incidentale, di cui invece è accolto, per quanto di ragione, il terzo mezzo.

La sentenza impugnata è cassata nei limiti delle censure accolte.

La causa deve essere rinviata al Giudice di pace di Milano, che la deciderà in persona di diverso giudicante, attenendosi ai principi enunciati retro, sub 4.1. e sub 7.1.

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il terzo motivo del ricorso principale, rigettati il primo ed il secondo, ed accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il terzo motivo del ricorso incidentale, rigettati il primo ed il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese, al Giudice di pace di Milano, in persona di diverso giudicante.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2011

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